LA PROVA DELLA VITA SU MARTE


Un gruppo di ricercatori americani del Johnson Space Center ( JSC ) e dellla Stanford University ha trovato gli indizi della possibile esistenza di forme di vita primitive, vissute più di 3,6 miliardi di anni fa sul pianeta Marte.

La ricerca, finanziata dalla NASA, ha portato al ritrovamento di molecole organiche complesse, probabilmente di origine marziana; di minerali prodotti da attività biologica e forse di microscopici fossili di organismi primitivi simili a batteri, all'interno di una roccia marziana caduta sulla Terra come meteorite.

Tutte queste prove indirette, come le ricerche compiute, saranno presentate alla comunità scientifica, per ulteriori verifiche ed approfondimenti, sul numero della rivista Science del 16 agosto.

La ricerca biennale condotta dai planetologi del JSC D.McKay, E.Gibson e K.Thomas-Keprta della Lockheed-Martin, in collaborazione con un gruppo della Stanford University guidato dal chimico R.Zare, oltre ad altri sei partner tra NASA e università.
"Non abbiamo ancora nessun elemento che ci porti a concludere che questa è la prova definitiva dell'esistenza di forme di vita nel passato di Marte. Piuttosto si tratta di una serie di coincidenze" ha dichiarato McKay. "Tra gli altri, la scoperta dei ricercatori della S.U. della presenza di molecole organiche, composti carboniosi che sono la base della vita. Abbiamo anche trovato diversi minerali, poco comuni, che sappiamo prodotti anche sulla Terra da organismi microscopici primitivi.

Strutture simili a microscopici fossili avvalorano queste ipotesi inoltre, e questa è una delle prove più evidenti, la presenza di tutte queste caratteristiche in uno spazio microscopico.

"E' estremamente difficile provare che 3,6 miliardi di anni fa c'era vita sulla Terra, figuriamoci su Marte" riferisce Zare "Fornire delle prove consistenti, cosa che crediamo di aver ottenuto, significa avere un campione datato accuratamente che contenga microfossili, minerali caratteristici dovuti a forme di vita, e la prova di una complessa chimica organica".

"Per compiere queste analisi, in questi due anni abbiamo utilizzato lo stato dell'arte della tecnologia e riteniamo di aver trovato le prove ragionevoli dell'esistenza di vita nel passato di Marte" aggiunge Gibson.

"Non diciamo che sia la prova conclusiva, diamo alla comunità scientifica i nostri risultati per ulteriori ricerche, verifiche, cambiamenti e, nel caso, critiche e disapprovazioni, come parte di un processo scientifico in atto.
In un anno o due contiamo di risolvere la questione, in un modo o nell'altro".

"Quello cui siamo arrivati è l'interpretazione più ragionevole e la sua natura è così estrema che potrà essere accettata o respinta solo dopo che altri ricercatori avranno confermato o meno i nostri risultati" aggiunge McKay.

La roccia ignea del meteorite, delle dimensioni di una patata e del peso di 2 kg, risale a 4,5 miliardi di anni fa, quando Marte si stava formando.

Si ritiene che la roccia abbia avuto origine sotto la superficie marziana e sia stato intensamente fratturato da impatti meteorici che, nelle prime fasi della formazione del sistema solare, hanno colpito intensamente i pianeti. Tra 3,6 e 4 miliardi di anni fa, il tempo necessario a rendere il pianeta più caldo ed umido, si pensa che l'acqua sia penetrata nelle fratture della superficie rocciosa ed abbia formato un sistema idrico sotterraneo.

Poichè l'acqua era satura di biossido di carbonio di cui era ricca l'atmosfera marziana, minerali a base di carbonio furono depositati nelle fratture in cui filtrava l'acqua.
Dalle ricerche effettuate, non sarebbe da escludere la partecipazione di organismi viventi alla formazione dei carbonati, alcuni dei quali potrebbero essersi fossilizzati, in un processo simile a quello che ha portato alla formazione dei fossili calcarei sulla Terra . In seguito, circa 16 milioni di anni fa, un enorme cometa o un asteroide colpirono Marte, lanciando in aria il frammento di roccia con forza sufficiente a farlo sfuggire all'attrazione gravitazionale del pianeta. Dopo aver vagato nello spazio per milioni di anni, 13.000 anni fa incontrò l'atmosfera terrestre, cadendo nell'Antartide come meteorite.

Si trattava del piccolo frammento di carbonato in cui i ricercatori ritengono di aver trovato un numero di prove sufficienti a portare alla conclusione predetta. I ricercatori della SU non hanno faticato a trovare quantità rilevabili di molecole organiche denominate idrocarburi policiclici aromatici ( PAH ), concentrate vicino ai carbonati. I ricercatori al JSC hanno trovato composti minerali associati generalmente alla presenza di microorganismi e di possibili strutture fossili.

Il più grande dei possibili fossili ha una dimensione pari ad 1/100 del diametro di un capello umano, la maggior parte ha le dimensioni di 1/1000 di capello umano, piccoli al punto che circa migliaio di questi, disposti in fila indiana, troverebbero posto nel punto che chiude questa frase. Alcuni hanno forma ovoidale, altri tubolare; come aspetto e dimensioni sono estremamente simili ai microscopici fossili dei più piccoli batteri ritrovati sulla Terra.

Il meteorite, denominato ALH84001, fu trovato nel 1984 in Antartide, durante la spedizione annuale del programma di ricerca di meteoriti della National Science Foundation.
E' stato conservato per le analisi nei laboratori del JSC e la sua possibile origine marziana non è stata rilevata fino al 1993. E' uno dei 12 meteoriti la cui composizione è simile a quella rilevata dalla sonda Viking sul suolo marziano nel marzo 1986. ALH84001,con un'età tre volte superiore, è il più antico dei 12 meteoriti marziani.

Molte delle scoperte effettuate dai ricercatori sono state rese possibili dai recentissimi sviluppi tecnologici nella microscopia a scansione elettronica e negli spettrometri di massa a laser.

Solo pochi anni fa, molte delle caratteristiche rilevate sarebbero state inosservabili. Benché studi precedenti di questo meteorite e di altri di origine marziana avessero dato esito negativo nella ricerca di possibili forme di vita, va considerato che furono condotte senza l'ausilio delle tecnologie utilizzate recentemente e quindi con basso potere d'ingrandimento.

La scoperta, avvenuta recentemente, di batteri terrestri di dimensioni estremamente piccole chiamati nanobatteri, ha dato al gruppo di ricercatori la spinta a ripetere il lavoro ma ad una scala molto più piccola che in passato.

I nove autori della ricerca sono McKay, Gibson e Thomas-Keprta del JSC; C. Romaneck della University of Georgia; H. Vali, della McGill University di Montreal, Quebec, Canada; Zare, S.J.Clemett, C.R.Maechling X.Chillier della Stanford University.

Il gruppo di ricercatori comprende un'ampia varietà di esperti come microbiologi, esperti in minerali, tecniche di analisi, geochimica e chimica organica e le analisi condotte intersecano tutte queste discipline.

I ricercatori alla SU hanno utilizato uno spettrometro di massa a doppio laser, lo strumento di questo tipo più sensibile al mondo, per rilevare la presenza di molecole della comune famiglia delle molecole organiche denominate PAH ( idrocarburi policiclici aromatici ).

Quando un microorganismo muore, le complesse molecole organiche che lo costituiscono spesso degradano in PHA. Quest'ultimi vengono associati frequentemente alle antiche rocce sedimentarie, ai carboni ed al petrolio terrestri ed all'inquinamento ambientale ( polluzione ).

I ricercatori hanno non solo trovato queste molecole con facilità, ma hanno rilevato che si erano concentrate vicino ai glubuli dei carbonati all'interno di ALH84001. Questa associazione ne confermerebbe la crezione in conseguenza di un processo di fossilizzazione. In più, l'unicità della composizione dei PAH nel meteorite, corrisponderebbe con quella che ci si aspetterebbe di trovare da un processo di fossilizzazione di microorganismi molto primitivi.

Sulla Terra, esistono teoricamente migliaia di PAH differenti, ma in un meteorite sono composti solo da circa una mezza dozzina di composti differenti. La semplicità di questa miscela, oltre alla mancanza di PAH leggeri come il naftalene, li differenzia notevolmente da quelli localizzati precedentemente in meteoriti non di origine marziana.

Il gruppo ha trovato composti particolari, solfati ferrosi e magnetite, che possono venir prodotti da batteri anaerobici ( il cui metabolismo si svolge in assenza di ossigeno ) e da altri microorganismi terrestri.

Il ritrovamento di questi composti è avvenuto all'interno del meteorite, in posizioni associabili direttamente alle strutture simili ai fossili ed ai globuli di carbonati. Per produrre questi composti così vicini l'uno all'altro senza l'intervento di alcuna forma di vita, sarebbero state necessarie dell condizioni estreme, molto differenti da quelle cui fu sottoposto il meteorite.

I carbonati contengono inoltre piccoli granuli di magnetite, quasi identici ai resti magnetici fossili lasciati da certi batteri trovati sulla Terra. Nei carbonati sono stati rilevati anche altri minerali associati generalmente ad attività biologica terrestre.

La formazione dei carbonati o dei fossili da parte di organismi viventi è durante la permanenza del meteorite nell'Antartide è stata negata per diverse ragioni. Il carbonato è stato datato utilizzando il metodo del decadimento degli isotopi, e l'età stimata risale a 3,6 miliardi di anni fa e le molecole organiche sono state rilevate ben all'interno dell'antichissimo carbonato.

In più il gruppo di ricercatori ha analizzato campioni rappresentativi di altri meteoriti ritrovati in Antartide e non hanno trovato traccia alcuna di strutture riconducibili in qualche modo a fossili, nè molecole organiche o composti di possibile origine biologica nè minerali simili a quelli di cui è composto il meteorite ALH84001.

La composizione e la posizione delle molecole organiche dei PAH trovate all'interno del meteorite confermerebbero l'origine extraterrestre di quelle che i ricercatori ritengono siano state in passato forme di vita. Nessun PAH è stato trovato all'esterno della crosta del meteorite ma la concentrazione aumenta verso l'interno a livelli elevati e mai riscontrati in Antartide.

Se le molecole organiche fossero dovute alla contaminazione "terrestre" del meteorite , le concentrazioni più elevate di PAH si sarebbero riscontrate verso l'esterno e non il contrario.

Fonte: NASA press