
"La sonda ha rilevato fortissimi venti ed intense turbolenze, fenomeni atmosferici che probabilmente confermano la provenienza dell'energia che muove la particolare circolazione atmosferica, dalla trasmissione del calore proveniente dagli strati profondi del pianeta" dichiara Robert E. Young dell'Ames Research Center, direttore scientifico della missione "è stata scoperta una intensa fascia di radiazioni circa 50.000 chilometri al di sopra dello strato superiore delle nubi, oltre alla rilevazione della completa assenza di scariche elettriche di qualsiasi natura".
Anche la composizione dell'atmosfera ha riservato qualche sorpresa: contiene infatti elio, neon ed alcuni elementi pesanti come carbonio, ossigeno e zolfo, in quantita' inferiori alle previsioni.
Sulla natura dei colori delle nubi, questione a lungo dibattuta in ambito scientifico, invece non è arrivata nessuna conferma, ne smentita, alle teorie, almeno nei dati analizzati fino a questo momento.
Non ha, come previsto per un pianeta gassoso gigante, incontrato oggetti solidi o superfici durante i 600 km della discesa.
Durante la fase d'ingresso nell'atmosfera, le misure sulla decelerazione hanno rilevato una densità negli strati alti, di molto superiore al previsto. Nella stessa fase della missione, anche le misure relative alle temperature hanno indicato valori molto superiori al previsto. Per poter spiegare queste elevate temperature, sembrerebbe necessaria l'esistenza in queste regioni di dinamiche termiche particolari, tutt'ora sconosciute.
A seguito all'apertura del paracadute, sei strumenti scientifici hanno raccolto dati per tutti i 156 chilometri della discesa. In quegli istanti, la sonda atmosferica ha incontrato venti rilevanti, periodi di gelo intenso e calore, oltre a forti turbolenze. Le temperature e le pressioni proibitive dell'ambiente gioviano, hanno causato forse la fine delle trasmissioni dal Probe all'Orbiter.
Gli scienziati si aspettavano di trovare forti venti, con velocità superiori a 350 km/h: la sonda ne ha rilevati ad oltre 500 km/h.
e sono rimasti pressochè costanti durante tutta la discesa. L'ipotesi che fossero originati dalla differente esposizione alla luce solare delle zone equatoriali e polari oppure dal riscaldamento dovuto alla condensazione di masse d'acqua, come sulla Terra, è dunque da rivedere.
"L'origine dei venti su Giove, appare essere il calore interno, che irradia energia verso l'esterno" ipotizza Young " le dinamiche sembrano quindi più vicine a quelle delle correnti a getto che ai meccanismi che generano uragani e tornado".
La sonda ha scoperto che i fulmini hanno una frequenza pari ad 1/10 di quella terrestre. E' un fatto strano , ma concorda con l'assenza di nubi di acqua. L'assenza di scariche elettriche, riduce la probabilità di trovare molecole organiche complesse, anche per la presenza dell'atmosfera ostile composta prevalentemente da idrogeno.
Osservazioni telescopiche eseguite a terra, indicavano nella zona d'ingresso della sonda una presenza minima di nubi. Così è stato: non è stata trovata alcuna traccia dei tre differenti strati ( uno superiore di colore bianco, composto da cristalli di ammoniaca, uno intermedio di colore marrone formato da cristalli di idrosolfuro di ammonio ed uno inferiore di cristalli di ghiaccio ed acqua di colore azzurro ) che gli scienziati avevano previsto.
La presenza di ammoniaca ghiacciata, è stata rivelata negli strati più alti dal Net Flux Radiometer
Uno strato sottile di idrosolfuri di ammoniaca ghiacciati è stato trovato dal nefelometro.
La presenza di acqua non è stata osservata in maniera significativa da nessuno strumento.
Il gradiente verticale della temperatura ottenuto dall'ASE ( Atmospheric Structure Experiment ) ha posto in risalto un'atmosfera secca e priva di condensazioni.
E' stata identificata una sola struttura nuvolosa ben definita, peraltro di modeste proporzioni.
Le ultime analisi dei dati del Voyager che transitò nei pressi di Giove nel 1979, lasciavano presagire la presenza di acqua almeno doppia rispetto al livello del Sole ( stime basate sul contenuto di ossigeno del Sole ). Le osservazioni aulla propagazione delle onde negli strati alti dell'atmosfera, causate dall'impatto della cometa Shoemaker-Levy 9, lasciavano presupporre la presenza di quantità di acqua dieci volte superiori alla media solare. Le misure del Probe, sebbene soggette ad un dibattito scientifico, lasciano pensare ad un livello simile a quello del Sole. A questo punto è lecito che gli scienziati si chiedano "Dov'è l'ossigeno ? E l'acqua ?" oltre a dover riconsiderare le conclusioni sull'impatto della SL-9.
Molti ritengono che Giove abbia una composizione simile a quella della nebulosa primitiva di gas e polveri che avrebbe dato origine al sistema solare. I nuovi dati dalla Galileo costringeranno gli scienziati ad una revisione delle teorie sulla formazione di Giove dalla nebulosa originaria. Le scarse quantità di elio e neon rilevate rispetto al Sole per esempio, influenzeranno la comprensione dei processi sulla "perdita" nello spazio degli elementi leggeri durante l'evoluzione planetaria ( Giove, per le caratteristiche della massa e temperatura, avrebbe dovuto trattenerle in quantità enormi ).
Gli scienziati ribadiscono però che, sebbene le novità siano tanto drammatiche quanto eccitanti, l'analisi dei dati è stata superficiale e soggetta ad ulteriori approfondimenti. I problemi di trasmissioni con l'Orbiter per la congiunzione solare e la necessità di verificare alcuni parametri importanti richiedono al momento la massima cautela nell'approccio a queste prime scoperte.
Fonte: JPL

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22/01/96 by MF