ASTRO-NEWS

NUOVI DATI DALLA GALILEO

Una serie di dati trasmessi dalla sonda Galileo hanno fornito nuove prove sulle dinamiche complesse che caratterizzano la circolazione atmosferica del pianeta Giove ed hanno portato alla formulazione di nuove teorie sulla sua evoluzione e formazione.

I nuovi concetti sono stati sviluppati dopo la fortunata discesa della sonda atmosferica il 7 Dicembre scorso. La sonda è riuscita infatti a compiere misure quantitative dell'atmosfera di Giove al di sotto degli strati superficiali di nubi, raggiungendo regioni dove il calore solare non può penetrare. Ciò significa che la sonda ha esaminato la parte superiore di una regione in cui si ritiene che l'atmosfera sia ben miscelata e quindi abbastanza uniforme.

Diversi membri dello staff scientifico che supervisiona il lavoro compiuto dal Probe ha annunciato le nuove scoperte al meeting dell'American Geophysical Union a Baltimora. "I dati arrivati dalla Galileo hanno innescato un dibattito nella comunità scientifica internazionale sulle teorie relative alla formazione dei pianeti e sui meccanismi interni nell'enorme atmosfera gioviana" ha dichiarato R.Young, responsabile della missione della sonda atmosferica.

Precedentemente alla missione, la teoria più accreditata sulla metereologia di Giove prevedeva che, come sulla Terra, buona parte dei fenomeni avvenissero nella parte superiore dell'atmosfera, quella riscaldata dal calore solare e denominata " buccia di mela". I venti sulla Terra sono principalmente conseguenza della differenza di irradiazione dei poli rispetto all'equatore ed il calore rilasciato dovuto alla condensazione del vapore acqueo.
Per Giove, i nuovi dati sembrano portare ad una visione della circolazione atmosferica globale, che coinvolge gli strati superiori e l'interno del pianeta ( 17.000 chilometri più in basso ) come parte di un unico e continuo processo.

D.Atkinson dell'Idaho University conferma la presenza di venti ad oltre 600 chilometri l'ora fino ad una profondità di 170 chilometri, la profondità più elevata cui è stata effettuata la misura, senza nessuna riduzione della velocità.

Ciò confermerebbe l'ipotesi che il motore principale della circolazione atmosferica di Giove è il calore proveniente dalle regioni interne del pianeta. Il fatto che la forza dei venti e la loro velocità non diminuiscano sono infatti, secondo A. Ingersoll del Caltech, significativi.

"Potrebbe essere la prova che all'interno di Giove ci sono venti ad alta velocità che viaggiano per migliaia di chilometri" dice Ingersoll. Queste correnti, secondo gli scienziati, sarebbero responsabili dell'aspetto a bande colorate che caratterizzano gli strati superiori delle nubi del pianeta.

Il dati che rimane ancora di difficile interpretazione per gli esperti del team, rimane la scarsissima presenza di acqua rilevata nell'atmosfera. Precedenti stime basate sulle teorie sulla formazione dei pianeti, sui dati ricavati dalle missioni Voyager e dalle analisi degli impatti della cometa Shoemaker-Levy 9 portavano a prevedere la presenza di acqua in quantità superiori rispetto a quelle rilevate nel Sole. Invece, i dati indicano un'atmosfera estremamente secca con una presenza di acqua, dato ottenuto partendo dal contenuto di ossigeno nell'atmosfera, tra 1/5 ed 1/10 di quella presente nel nostro astro.

Questo dato è ormai confermato dall'analisi dei dati dei cinque strumenti scientifici: per esempio, la virtuale assenza di nubi di acqua e la scarsa presenza di scariche elettriche, ben combaciano con l'idea di un'atmosfera secca.

Ma dov'è finita allora tutta l'acqua rimasta dai tempi della formazione di Giove dalla nube primordiale ? Sono state avanzate diverse teorie.

Una prevede che, qualunque sia la quantità maggiore o minore rispetto al Sole, deve essere intrappolata negli strati profondi del pianeta. Concordemente a questa ipotesi, Giove agli inizi della sua formazione era un protopianeta solido, formato da ghiacci e roccia che raggiunse 8-10 masse terrestri raccogliendo polveri e ghiaggio dalla nube primordiale. Questo processo potrebbe aver portato alla concentrazione di cristalli di ghiaccio nella parte solida del pianeta intrappolandoli e conseguentemente prosciugando gli strati più esterni.

Con il cresere delle dimensioni del pianeta, attirò i gas e le polveri più leggeri circostanti, miscelandoli e dando origine all'atmosfera, che contiene carbonio ed altri gas che originariamente erano intrappolati nel nucleo, ma che divennero in seguito volatili con l'incremento della temperatura del nucleo. Le analisi portano alla formazione di un'atmosfera simile a quella rilevata dagli strumenti della sonda. Si spiegherebbe inoltre anche la presenza di carbonio, zolfo ed azoto, rilevati in quantità significativamente superiori rispetto a quelle presenti nel Sole.

Questa teoria dell'acqua "imprigionata" potrebbe spiegare molte delle misurazioni ottenute dalla Galileo. Ma ci sono dei lati oscuri come riferisce T.Owen dell'Hawaii University, per esempio "Come mai l'acqua è rimasta imprigionata mentre i gas contenenti il carbonio sono riusciti a sfuggire ?".

Una teoria alternativa prende in considerazione l'ipotesi che la sonda atmosferica abbia fatto il suo ingresso in una zona paragonabile ad un deserto terrestre. L'analisi è supportata dalle osservazioni compiute dagli osservatori terrestri e da altre sonde che hanno rilevato l'estrema povertà di acqua nella zona di entrata, a nord dell'equatore.
Come per la Terra, l'atmosfera di Giove verrebbe riscaldata dal Sole all'equatore, causando un aumento della temperatura dell'aria fino alla formazione di nubi e la conseguente perdita di acqua. L'aria secca scenderebbe quindi verso regioni desertiche. Se il processo avvenisse su larga scala, sarebbe sufficiente a spiegare i valori rilevati dalla Galileo.

Diversi ricercatori nopn credono alla validità della teoria "dell'enorme riflusso", dubitando che questo processo possa avvenire a alle profondità ed alle pressioni cui è arrivata la sonda. Infatti, mentre l'aridità osservata sarebbe facilmente spiegabile, la sua persistenza a pressioni 20 volte superiori a quella terrestre, come ritiene Ingersoll sarebbe molto difficile da sostenere.

"Questa spiegazione diviene particolarmente complessa quando prendiamo in considerazione il fatto che Giove emette più calore di quanto ne riceve dal Sole. Il flusso del calore dal basso verso l'alto bloccherebbe di fatto questi movimentio atmosferici in senso inverso. Potrebbe casomai miscelare il vapore acqueo, impedendo però così la formazione di quelle regioni asciutte rilevate dalla sonda.

Una possibilità, risponde Owen è che "forse il calore fuoriesce dalle regioni interne di Giove solo in determinati punti, come sulla Terra dove questo processo avviene con i vulcani o nelle faglie oceaniche".

Una variante della teoria sulla regione desertica è stata avanzata da Young ed altri : " La distribuzione dell'acqua sul pianeta potrebbe cambiare radicalmente in regioni a latitudini differenti, con una concentrazione nelle alte latitudini, dove sono stati rilevati la maggior parte dei fulmini Però anche buona parte del calore viene emesso in quelle regioni. Purtroppo non siamo in grado di spiegare questi fenomeni con un unico meccanismo che spieghi la presenza dell'acqua solo a quelle latitudini".

Fonte: NASA.

Torna all'indice delle ASTRO-NEWS.


Vai alla HomePage di ASTRO-LINK.


23/05/96 by MF