"Queste splendide luci, queste finestre dell'anima". Per Guillaume de Salluste, poeta del 16° secolo, gli occhi erano lo specchio dell'anima. Noi altri guardiamo nelle pupille degli occhi e vediamo solo un'oscurità impenetrabile, ma attraverso loro osserviamo il mondo in tutta la sua gloria e miseria. Un astronomo le vede come parti di uno strumento ottico che necessitano di essere accoppiate perfettamente a qualsiasi strumento impiegato, sia esso un binòcolo o un telescopio.
Comprendere la pupilla è importante per l'osservatore del cielo notturno che voglia sapere quale binòcolo o quali oculari acquistare per il proprio telescopio ed è anche la chiave per conoscere alcuni aspetti relativamente sconosciuti dell'osservazione visuale.
Ci sono due tipi di pupille: quella di entrata, cui ci si riferisce relativamente all'apertura attraverso la quale la luce entra in uno strumento ottico e quella di uscita, il piccolo cerchio dietro al telescopio attraverso il quale passano tutti i raggi luminosi in uscita. Potete osservarlo come un piccolo disco di luce fluttuante all'interno dell'oculare quando lo strumento è puntato verso una superficie chiara, come un muro o il cielo diurno. Questo disco è l'immagine dell'apertura del telescopio ed il suo diametro equivale all'apertura divisa per il numero di ingrandimenti.
La dimensione della pupilla di uscita è fondamentale perché deve "riempire" quella del vostro occhio. Questo semplice fatto governa la scelta del sistema ottico. In pratica, non è così semplice come sembra.
Partiamo dalla considerazione che le pupille si restringono con la luce diurna e si espandono al buio. Di quanto si possano ingrandire sotto un cielo stellato è oggetto di molti malintesi. Il vecchio dogma impresso su innumerevoli libri è "La pupilla umana si dilata sino ad un massimo di 7 mm". Si suppone pertanto, che 7 mm siano la pupilla di uscita ideale di un binòcolo o di un telescopio.
E' questa la ragione che sta dietro al successo dei binocoli 7 x 50. Dividete l'apertura di 50-mm per i 7 ingrandimenti ed ottenete una pupilla di uscita di 7,1 mm, proprio quella giusta.
Ma non deve necessariamente essere così. E questo perché ciascuno di noi è diverso dagli altri.
Alcuni hanno pupille da gufo, che si dilatano nel buio sino a 9 mm, altri non raggiungono i 4 mm. Dopo la gioventù c'è un graduale declino della sua elasticità, lento all'inizio poi più rapido da 30 a 60 anni, poi nuovamente lento. Persino tra persone della stesa età ci possono essere differenze dell'ordine di 3 mm, alcuni settantenni quindi, possono vedere come alcuni adolescenti.
Il problema è che se la pupilla di uscita di un binòcolo o di un telescopio è troppo larga rispetto alla vostra, parte della luce proveniente dallo strumento andrà perduta. Immaginate, stando di fronte al telescopio, di ingrandire l'iride del vostro occhio sino a dimensioni gigantesche e di diaframmare il telescopio fino all'apertura più piccola, per esempio usando 10 ingrandimenti con un telescopio di 10 cm, la sua pupilla di uscita sarà quindi di 10 mm. Se quella del vostro occhio è pari a soli ¾ di questo diametro, osserverete solo attraverso ¾ dell'apertura dello strumento, sarà come avere un 6 cm anziché un 10 cm. Ovviamente 10x sono un ingrandimento troppo basso per poter sfruttare la capacità di raccogliere la luce di un 10 cm.
Allo stesso modo, se siete di mezza età ed avete una pupilla che al massimo arriva a 5 mm, il vostro binòcolo 7 x 50 funzionerà come un 7 x 35. Quel grande 10 x 70 che avevate deciso di comprare, si comporterà bene quanto un 10 x 50.
Lo stesso discorso vale anche per gli oculari dei telescopi. Se avete un telescopio di 20 cm ed una pupilla di 5 cm, non dovrete utilizzare ingrandimenti inferiori a 40x. In tutti gli altri casi, l'ingrandimento massimo che potrete utilizzare per sfruttare al massimo l'apertura equivarrà ad a/p,, dove a è l'apertura e p la dimensione della vostra pupilla.
Per dirla in altro modo: se avete una pupilla di 5 mm e volete utilizzarne tutta l'apertura, non potrete utilizzare un oculare con una lunghezza focale superiore a 20 mm con qualsiasi telescopio f/4, o 30 mm con un f/6. Ciò vale indipendentemente dalle dimensioni del telescopio o da altri fattori. La regola è e = fp, dove e è la lunghezza focale dell'oculare, p il diametro della pupilla ed f il numero f/ del telescopio (rapporto focale).
Chiaramente "conoscere la pupilla di uscita" dovrebbe essere la parola d'ordine al momento degli acquisti. Un modo per misurare la vostra è descritto al termine di questo articolo.
Perché così facendo, per un determinato tipo di schema ottico di un oculare, avreste alla minore potenza (che minimizza i problemi connessi ad una montatura instabile o all'imprecisione di un motore orario) il campo visuale più esteso (che rende più facile la ricerca degli oggetti) e quello che viene chiamato il "campo più ricco". Ciò significa che inquadrereste un maggior numero di stelle. Un campo visuale ricco ha la massima luminosità superficiale, o densità luminosa, per unità di area che il vostro strumento può ricevere dalla scena inquadrata.
Ciò non significa che le stelle diventano più luminose, contrariamente all'errata convinzione diffusa da molti libri ed errati consigli, . La quantità di luce raccolta, di una stella o di qualsiasi altro oggetto, è governata dall'effettiva apertura dello strumento, non dal rapporto f/ o dalla pupilla di uscita. Il basso ingrandimento semplicemente spande la stessa quantità di luce in un'area più piccola.
Per chi non fosse ancora convinto (talmente radicate sono le cattive convinzioni) consideri che nell'osservazione ad occhio nudo, si usa quanta più pupilla possibile, diciamo tutta! L'osservazione ad occhio nudo quindi permette il campo più ricco possibile, degli oggetti che possiamo vedere osserviamo la massima luminosità superficiale possibile. A questo proposito, nessun telescopio di qualsiasi dimensione, potenza o schema ottico potrà mai battere gli occhi, che pongono il problema superficie-luminosità nella giusta prospettiva. Se è questo quello che volete, perché rendersi la vita complicata con un telescopio!
Ci sono, infatti, buone ragioni per non fare troppo uso del vostro strumento alla potenza più bassa possibile. Un motivo è che se la pupilla di uscita del telescopio coincide con il diametro della vostra, dovete tenere l'occhio saldamente nel punto esatto, altrimenti parte della luce va persa. Potreste riuscirci serrando la testa in una morsa, altrimenti avete un margine di un millimetro per rendere confortevole l'osservazione e per i leggeri movimenti naturali.
Un altro è che la qualità ottica dei vostri occhi peggiora in prossimità dei bordi. E' questo il motivo per cui avete scoperto che ai bassissimi ingrandimenti, indipendentemente dall'oculare e da come è stato concepito, nessuna stella avrà mai un aspetto puntiforme. E' anche il motivo per cui le stelle luminose osservate ad occhio nudo sembrano piccoli punti circondati da bagliori. Chi ha reso popolare la forma della "stella" a cinque punte, ha semplicemente immortalato la particolare aberrazione dei suoi occhi.
A questo proposito, la ragione principale per cui la nostra pupilla si dilata e si restringe potrebbe non essere quella di regolare la luce bensì quella di ridurre le aberrazioni limitando l'apertura dell'occhio, lasciando però passare la quantità di luce sufficiente a permetterlo. I nostri occhi sono così imperfetti che la natura ha fatto ricorso ad un trucco ignobile utilizzato dai costruttori di telescopi di cattiva qualità: diminuire l'apertura per nascondere le aberrazioni.
A questo difetto non c'è rimedio e cavarsi gli occhi per lucidarli e stirarli per migliorarne la qualità ottica è un qualcosa che non consigliamo (anche se non è lontano il giorno in cui la visione potrà essere corretta "lavorando" la cornea con il laser. Anche le lenti a contatto rigide possono modificare una cornea irregolare di alcuni gradi). In ogni caso, quando utilizzate un telescopio o un binòcolo, una pupilla di uscita inferiore a quella massima impedirà alla luce di passare per le estremità dell'occhio che hanno prestazioni inferiori.
Questo problema può spiegare anche il cosiddetto "effetto scotopico Stiles-Crawford", che si produce nel momento in cui una luce molto debole entra dalle regioni limitrofe della pupilla e non viene percepita con la stessa rapidità con cui verrebbe percepita se provenisse dalla regione centrale. Ecco un'altra ragione per andare cauti con l'uso dei bassi ingrandimenti, anche quando gli oggetti sono troppo deboli per mostrare le aberrazione delle vostre lenti.
Tutto questo si somma alle cattive notizie sul binocolo 7 x 50 come standard tradizionale dell'osservazione astronomica. Questa tradizione andrebbe riscritta indicando più un 8 x 50 o un 10 x 50, specialmente che chi non è più giovanissimo.
Per i telescopi riflettori e Schmidt-Cassegrain c'è un altro motivo per cui evitare gli ingrandimenti più bassi possibili. Questi strumenti hanno nell'apertura un'ostruzione centrale: maggiore è la pupilla di uscita del telescopio, maggiore sarà la macchia nera al suo centro, e maggiore la regione otticamente migliore del vostro occhio che non lavora.
Infine, naturalmente, c'é l'inquinamento luminoso. Quando aumentate la luminosità superficiale per ottenere un campo visuale ricco, aumentate, in egual misura, la lattescenza del cielo.
A dispetto di tutto ciò alcune persone, come me, adorano queste osservazioni. L'ingrandimento più basso che uso con il mio riflettore di 30 cm è un 60x, che da una pupilla di uscita di 5,3 mm. E nonostante tutto le stelle mostrano i bagliori (so che non si tratta di un difetto dell'oculare perché si muovono quando ruoto la testa e non quando muovo l'oculare), ma non si può avere tutto. Per le mie osservazioni infatti, di solito uso come ingrandimento minimo un 75x (con p.u. di 4,2 mm).
Ma anche con una di 1 mm potreste osservare qualche effetto indesiderato. Si possono vedere i vasi sanguigni della propria retina sovrapposti a Giove insieme a macchioline microscopiche e riflessi dovuti al fluido del bulbo oculare, "difetti" che tendono ad aumentare con l'età, ma possono essere visibili anche altre irregolarità.
Generalmente, la rete neurale dietro alla retina effettua un notevole lavoro di elaborazione dell'immagine per ridurre questi fastidi ma incontra grandi difficoltà quando l'immagine è formata da un cono ristretto di luce proveniente da una pupilla ristretta. Ciò non è soltanto logico: in natura, l'occhio non usa mai una pupilla di 1 mm, il nostro sistema ottico quindi non si è mai evoluto per risolvere i problemi che presenta una pupilla così piccola. Se ad ingrandimenti molto elevati incontrate questo genere di effetti, l'unica cosa che potete fare è ignorarli.
Un problema più grave delle piccole pupille di uscita è quello del rilievo oculare, cioè dalla distanza a cui, dopo l'oculare, si ricompone l'immagine della pupilla di uscita. Questo valore dipende strettamente dallo schema ottico dell'oculare, in ogni caso, minore sarà la pupilla di uscita più, con molta probabilità, sarà vicino all'oculare.
Poiché la pupilla di uscita deve pervenire al vostro occhio, potreste dovervi avvicinare all'oculare di molto. Se avete la necessità di portare gli occhiali durante l'osservazione (per correggere l'astigmatismo) potreste non riuscire ad avvicinare a sufficienza il vostro occhio da poter vedere l'intero campo inquadrato. Prima di acquistare un binòcolo fate una verifica.
Con il telescopio, potete ottenere un buon rilievo a potenze elevate utilizzando un oculare di focale moderatamente lunga associato ad una lente di Barlow. Le Barlow avevano un tempo una pessima reputazione ma quelle moderne, ben progettate e realizzate con lenti multitrattate, non degradano l'immagine in maniera significativa. Con il mio 30 cm, non riesco a vedere la differenza tra un ingrandimento a 180x ottenuto con un oculare di 10,5 mm ed uno uguale ottenuto con uno di 26 mm dello stesso schema ottico unito ad una lente di Barlow a 2,5x. Ad eccezione del rilievo oculare che rende l'osservazione con quest'ultimo molto più confortevole.
Siamo ormai giunti alla fine, è probabile che compirete osservazioni molto più riposanti con un telescopio la cui pupilla di uscita va da 2 a 5 mm. Non è una coincidenza se è proprio questa la dimensione a cui giornalmente lavora la pupilla che la natura vi ha fornito.
Un metodo migliore è quello di usare un foglio opaco con un paio di fenditure i cui bordi interni si trovano ad una distanza che avete misurato. Guardate attraverso le fenditure mentre reggete il foglio contro le guancie e le sopracciglia (i fori si dovranno trovare a circa 14 mm dagli occhi, ciò non è importantissimo a meno che non siate fortemente miopi o presbiti o che non stiate portando lenti a contatto). Vedrete due deboli dischi luminosi. Se i loro bordi si toccano appena, il diametro della vostra pupilla è uguale alla separazione dei fori.
Per aiutarvi a misurare accuratamente la pupilla, Sky & Telescope ha realizzato un misuratore di pupilla. E' realizzato con un film rigido di acetato e, da 1 a 9 mm, ha dei fori separati da intervalli precisi di 0,5 mm .
E' ovvio che nell'oscurità totale non potete vedere alcuna luce dai fori ma una volta che la vostra retina si sarà ben adattata al buio (dopo 20 minuti circa), potrete vedere i dischi quanto basta per effettuare la prova.
La pupilla effettua la maggior parte della dilatazione nei primi uno o due secondi dall'ingresso nel buio ma sono necessari diversi minuti prima che raggiunga la massima estensione. La dilatazione della pupilla non va confusa con il vero adattamento al buio, un processo chimico che avviene nella retina molto lentamente.
Alan MacRobert è editore associato della rivista Sky & Telescope ed un inguaribile astrofilo.