Come stimare la
luminosità di una cometa

di John E. Bortle

Tratto da Sky & Telescope

La cometa Hale-Bopp ripresa da Johnny Horne

In alto: In questa immagine dell'astrofotografo Johnny Horne la cometa Hale-Bopp evidenzia una sottole coda di gas (a sinistra) ed una coda di polveri a forma di ventaglio. Osservandola dalla sua casa di Stedman nel North Carolina la mattina del 16 febbraio 1997, ha realizzato questa immagine con una camera Schmidt di 20 cm f/1,5 ed un'esposizione di 4 minuti. Cliccate sull'immagine per vederla ingrandita (35K jpeg). © Fayetteville Observer-Times. 1997

E' NOTO CHE LE COMETE non rispettano le previsioni, si sa anche però che non è facile stimare la magnitudine di una cometa luminosa che ci sta di fronte.

Le stime delle magnitudini stellari effettuate da osservatori di variabili esperti, hanno un margine di errore di 0,1 o 0,2 magnitudini. Questi confrontano oggetti puntiformi, la chioma o la testa di una cometa, invece, hanno dimensioni che possono variare da pochi minuti d'arco ad un grado e più. La natura radicalmente differente di questi tipi di oggetti, rende ovvia la comprensione del perché è molto più difficile determinarne la magnitudine integrata (totale).

Per secoli, le magnitudini stimate ad occhio nudo furono molto ambigue. Spesso sembrano riferirsi alla luminosità della forte condensazione del nucleo, l'intensa regione visibile nel cuore della chioma che a volte assume un aspetto di tipo stellare, e così anche la luminosità totale della testa della cometa è stata sempre sottostimata. Le cose sono cambiate dall'inizio del secolo, quando sono stati sviluppati dei metodi soddisfacenti per la determinazione della luminosità degli oggetti estesi.

Come per le stelle variabili, rilevare la luminosità di una cometa richiede due stelle di paragone di magnitudine conosciuta, una leggermente più brillante l'altra leggermente meno, dell'astro da valutare. E' di grande aiuto che siano entrambe nello stessa regione di cielo e che siano ad un'altezza sull'orizzonte simile per evitare errori causati dall'assorbimento atmosferico.

La cometa Hale-Bopp (12K jpeg) Dall'inizio di marzo, la cometa Hale-Bopp, sino ad allora di magnitudine 0, si è talmente spostata verso nord da divenire visibile per tutta la notte nel cielo della Scandinavia e di altre regioni alle alte latitudini. Il norvegese Jarle Aasland ha ottenuto esponendo per 45 secondi con un obiettivo di 50 mm f/1.8, una pellicola Fujicolor Super G Plus 800 film nel tardo pomeriggio dell'11 marzo. L'osservazione è stata effettuata con cielo velato e inquinato da fonti luminose. La macchia rossa in basso è dovuta ad un'auto di passaggio. © 1997 Jarle Aasland.

Qui sotto sono elencati cinque metodi, la cui validità è ampiamente riconosciuta, utilizzati dagli astrofili per stimare la luminosità integrata di una cometa. Ciascuno ha i suoi difetti ma tutti (eccetto, forse, l'ultimo) daranno risultati sufficientemente accurati, se eseguiti con attenzione. Eccoli, in ordine di popolarità:

Metodo di Sidgwick. E' la procedura maggiormente utilizzata, resa popolare da J. B. Sidgwick della British Astronomical Association negli anni '50. Qui, l'osservatore memorizza accuratamente la luminosità e le dimensioni della cometa messa ben a fuoco. Lo strumento viene quindi portato fuori fuoco sino a che le immagini delle stelle di confronto abbiano lo stesso diametro della chioma a fuoco. L'osservatore quindi valuterà la luminosità della cometa rispetto alle stelle sfocate. Generalmente, sono necessari diversi tentativi prima di arrivare a definire questo valore. Il metodo è molto efficace per comete diffuse, è invece difficile da applicare a quelle che appaiono fortemente condensate (concentrate verso il centro), come probabilmente sarà l'Hale-Bopp. Le stelle sfocate appaiono infatti "piatte", mentre la luminosità di una cometa condensata messa a fuoco, cambia sensibilmente dallo pseudonucleo verso l'esterno.

Metodo di Bobrovnikoff. Accreditato generalmente a Nicholas T. Bobrovnikoff ma concepito, pare, decenni prima. La cometa e le stelle di paragone vengono sfocate contemporaneamente per essere confrontate direttamente l'una con l'altra. Nel caso di comete luminose e visibili ad occhio nudo, a chi porta gli occhiali basterà toglierseli per ottenere l'effetto desiderato. La procedura di Bobrovnikoff è certamente la più semplice da imparare. E' anche la migliore per oggetti estremamente condensati come l'Hale-Bopp, poiché attenua le variazioni repentine di luminosità (gradienti), la luminosità di oggetti molto diffusi, invece, utilizzando questo metodo può essere significativamente sottostimata.

Metodo di Beyer. Ideato da Max Beyer, uno degli astrofili più in vista del XX secolo, è simile a quello di Bobrovnikoff ma porta l'extrafocalizzazione ad un livello più spinto. Per essere efficace, la testa della cometa deve essere defocalizzata tante volte quanto misura il suo diametro a fuoco. Lo strumento viene sfocato sino a che la cometa e le stelle inizino a svanire sul cielo di fondo, ne viene quindi annotato l'ordine di scomparsa. Se una certa stella scompare prima della cometa, deve per forza essere più debole e viceversa. Girando la messa a fuoco e misurando l'incremento dell'affievolimento tra le stelle e la cometa, è possibile ottenere il valore della magnitudine. Il metodo Beyer rende al massimo con oggetti altamente condensati di diametro abbastanza piccolo ma è inefficace con comete molto diffuse.

Metodo di Morris. Formulata indipendentemente da Charles Morris e Stephen James O'Meara nei primi anni '70, questa procedura venne sviluppata per supplire alla lacuna dei metodi Sidgwick e Bobrovnikoff nel caso in cui la chioma appaia moderatamente condensata. La cometa è posta leggermente fuori fuoco, quanto basta per "appiattirne" la luminosità e rendere facile la determinazione della luminosità superficiale media dell'oggetto. Ne viene memorizzata quindi la luminosità, così come il diametro sfocato. Le stelle di confronto vengono quindi sfocate sino a portarle ad avere lo stesso diametro della cometa non a fuoco. Alcuni osservatori considerano questa procedura molto difficile da comprendere.

Il metodo della messa a fuoco Venne utilizzato per secoli, ad occhio nudo cercate di confrontare la luminosità della cometa a quella delle stelle circostanti, tutte messe a fuoco. Come puntualizzato in precedenza, a meno che la chioma sia estremamente compatta e di tipo stellare, la luminosità viene sottostimata. Se fatto congiuntamente ad uno degli altri, e più appropriati, metodi, può fornire un valore della luminosità approssimativamente comparabile a quelli ottenuti per le comete antecedenti il XX secolo. Ciò potrebbe essere utile per calibrare la vera luminosità di oggetti storicamente interessati.

Come il lettore può immaginare, la misura visuale della luminosità di una cometa ha una storia estremamente complessa. Per interessanti e più dettagliati particolari su questa evoluzione, leggete l'articolo di Green nell'International Comet Quarterly dell'ottobre 1996. Una spiegazione di come correggere le stime di magnitudine per estinzione atmosferica e di come stimare il grado di condensazione del nucleo è data rispettivamente nei numeri di luglio 1992 e luglio 1995 di ICQ,.

John Bortle è collaboratore di Sky & Telescope ed un'autorità sulla osservazione cometaria attraverso i secoli.


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