Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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La rivista indispensabile di astronomia

Speciale dall'AAS
11-15 gennaio
Convegno di astronomia ad Atlanta

Sono più di 1.600 gli astronomi riuniti questa settimana ad Atlanta per il 195° meeting dell'American Astronomical Society. Le principali notizie riguardano una serie di rapporti da un'ampia varietà di osservatori terrestri ed in orbita. Gli editori di Sky & Telescope Leif Robinson, Alan MacRobert e Carolyn Collins Petersen partecipano al meeting ed invieranno giornalmente dei resoconti.


Speciale dall'AAS
Venerdi 14 gennaio

A sinistra: Il Chandra X-ray Observatory ha scoperto che il resto di supernova E0102-72 nella Piccola Nube di Magellano è ricco di ossigeno e neon. Onde d'urto riscaldano i gas a milioni di gradi rendendoli luminescenti nella radiazione X. A destra: Circa 1000 giovani stelle che emettono raggi X si trovano nella Nebulosa di Orione, a circa 1.800 anni luce di distanza. Queste radiazioni provengono dalla corona (l'atmosfera superiore della stella) che ha una temperatura di diversi milioni di gradi. Il campo inquadrato misura circa 10 anni luce (20 minuti d'arco). Le sorgenti luminose al centro sono parte delle stelle del Trapezio, familiari a molti possessori di piccoli telescopi. Le linee scure orizzontali e verticali e le striature delle stelle più luminose sono artefatti strumentali. L'immagine è stata realizzata con l'Advanced CCD Imaging Spectrometer (ACIS) del Chandra. Si ringraziano NASA/CXC/SAO. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Altre cartoline dell'universo a raggi X

Uno tra i molti obiettivi del Chandra X-ray Observatory presentati al meeting dell'AAS è stato il resto di una supernova di mille anni fa nella Piccola Nube di Magellano. Lo spettrometro del Chandra mostra un oggetto a forma di anello che risplende a diverse lunghezze d'onda X. Le analisi dello spettro hanno rivelato che contiene l'equivalente di 10 masse solari di ossigeno; valore che concorda con quei calcoli teorici che prevedono che una parte relativamente piccola delle stelle massive progenitrici di supernovae (con una massa da 15 a 25 masse solari) siano la fonte principale dell'ossigeno presente nel cosmo.

Il Chandra ha scoperto inoltre 121 sorgenti puntiformi nell'area centrale di M31, la galassia Andromeda, a 2,5 milioni di anni luce di distanza e tornerà mensilmente ad osservarle. Ha determinato inoltre che il buco nero centrale di M31, che contiene 30 milioni di masse solari, è inspiegabilmente freddo. La natura della debolezza delle emissioni non può essere spiegata dai modelli standard sia dei dischi di accrezione che della materia che cade direttamente nel buco nero. "Quello che notiamo è che esiste un'ampia varietà di buchi neri dalle caratteristiche diverse"" ha detto Stephen Murray (Harvard-Smithsonian Center for Astrophyics). "Questo è il più freddo (supermassivo) buco nero conosciuto"

Un altro gruppo di astronomi ha scoperto, con una sola osservazione della Grande Nebulosa di Orione, circa un migliaio di stelle deboli emettitrici di raggi X . Gordon Garmire (Penn State) ha riferito agli inviati dei media riuniti che si tratta del campo di sorgenti X più ricco mai fotografato nella storia di questa branca dell'astronomia. Si ritiene che la nube di Orione contenga circa 2.000 stelle neonate, la maggior parte delle quali nascoste alla vista. Le stelle giovani hanno un'atmosfera magneticamente attiva e sono quindi più luminose nei raggi X delle stelle di mezza età come il Sole.


Speciale dall'AAS
Venerdi 14 gennaio

A sinistra: La galassia Via Lattea vista lateralmente. Il disco piatto a forma di ciambella è mostrato circondato da un protodisco che avvolge delle vecchie nane bianche. Un alone invisibile di materia oscura tiene apparentemente legati i moti della galassia e del suo mantello esterno di stelle morte. Cortesia Mark Paternostro, Adler Planetarium. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Un nuovo componente della Via Lattea

Gli astronomi che stanno mappando la struttura della Via Lattea hanno trovato le prove dell'esistenza di un alone piatto di vecchie stelle morte che circonda il disco della nostra galassia. Se confermata, l'esistenza di questo nuovo componente galattico si estenderebbe ben oltre i bracci di gas, polveri e stelle della spirale a noi familiare. In ogni caso, sarebbe più piccolo dell'esteso alone di sconosciuta materia oscura che, secondo le teorie astronomiche, dovrebbe circondare tutta la nostra galassia.

Questa nuova visione delle regioni esterne della Via Lattea scaturisce da un modello formulato da Evalyn Gates (Università di Chicago) e Geza Gyuk (Università della California, a San Diego) che cercavano di spiegare la rilevazione di oggetti massivi compatti nell'alone (MACHOs) in una survey della Grande Nube di Magellano.

Sin dal 1992, diversi gruppi di ricercatori hanno riferito la possibile rilevazione di oggetti MACHOs. Questi risultati indicherebbero la presenza di ogetti che corrispondono alla desrizione delle nane bianche, il resto di stelle simili a Sole che da tempo hanno esaurito il combustibile e sono collassate in un volume poco più grande di quello della Terra.

Gates e Gyuk ipotizzano che la rilevazione di oggetti di massa stellare nelle regioni esterne della Via Lattea potrebbe ammontare a 150 miliardi di oggetti. I ricercatori propongono di definire questa popolazione "un protodisco di nane bianche" che probabilmente assomiglia ad una sfera sgonfia di circa 150.000 anni luce di larghezza e 90.000 di altezza. Come termini di paragone, la Via Lattea si estende per circa 100.000 anni luce ed ha uno spessore di 2.000. Per Gates il protodisco di nane bianche ha almeno 10 miliardi di anni, è molto più vecchio del disco galattico stesso. "Potremmo vedere i resti fossili delle prime stelle della nostra galassia".

Questo disco, composto da vecchie nane bianche, potrebbe rappresentare meno del 5 per cento della materia oscura associata alla Via Lattea. Secondo Gyuk, "Abbiamo ancora bisogno di qualcosa di più esotico come materia oscura fredda per spiegare la massa mancante nella galassia e nell'universo".


Speciale dall'AAS
Venerdi 14 gennaio

A sinistra: I cinque membri del Quintetto di Stephan sono NGC 7319 (in alto a sinistra), NGC 7318 B/A (al centro sulla destra), NGC 7320 (in basso a sinistra) ed NGC 7317 (in basso a destra). La loro interazione genera giovani stelle calde. Si ringraziano William C. Keel ed R. E. White III (University of Alabama, Tuscaloosa). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Formazione stellare nel Quintetto di Stephan

Il Quintetto di Stephan è uno degli obiettivi più difficili da osservare per gli astrofili. Questo denso ammasso di galassie rappresenta una sfida anche per gli astronomi professionisti che studiano gli ammassi stellari ed altri oggetti compatti nei loro confini.

Il Quintetto (denominato anche HCG 92) è un bell'esempio di Gruppo galattico compatto di Hickson e si trova a circa 320 milioni di anni luce in Pegaso. I gruppi di Hickson rappresentano alcune tra le più dense concentrazioni di galassie conosciute. Le interazioni mareali tra i membri del Quintetto fanno di questa ravvicinata famiglia galattica un sito principe per la formazione di giganteschi ammassi di stelle e di galassie nane compatte. Lo studio di questi oggetti, però, richiede un'immagine ad altissima risoluzione di ciò che accade.

In due studi presentati nel corso del meeting dell'AAS di giovedi, un gruppo di astronomi ha presentato le prove di una raccolta di oggetti compatti che sembrano essere parte integrante del Quintetto.

Sarah Gallagher, Karen Knierman (Penn State University) e Sally Hunsberger (Lowell Observatory) hanno studiato le immagini di Palomar per localizzare agglomerati stellari che si sono formati nel corso degli incontri ravvicinati del Quintetto. Quidi hanno utilizzato l'Hubble Space Telescope per riprendere queste regioni in grande dettaglio scoprendo vampate di formazioni stellare incredibilmente vaste localizzate in tails che fuoriescono dalle galassie.

Il risultato non giunge inaspettato ma gli astronomi sono rimasti sorpresi di trovare zone di formazione di ammassi stellari in una regione chiamata Northern Starburst Knot a circa 65.000 anni luce dal bulge nucleo della galassia più vicina. Le maree provocate dagli incontri galattici ravvicnati spingono lontano, in qualche modo, massiccie quantità di materia da una galassia che in seguito li coalesced in ammassi di stelle calde e massive. Alcuni ammassi, in queste regioni disturbate dalle maree, hanno appena 5 milioni di anni; altri invece hanno circa 100 milioni di anni.

In un secondo studio, Gallagher, Hunsberger e J. C. Charlton (Penn State University) hanno usato le immagini dell'HST per studiare diversi gruppi di stelle dell'area dall'aspetto molto compatto. I membri del team hanno soprannominato questi oggetti candidate galassie nane, o come scrivono gli autori dello studio, "ammassi di ammassi stellari".

La formazione di questi oggetti molto compressi è il risultato delle interazioni mareali avvenute quando NGC 7318 A e B sono transitate l'una vicino all'altra così come per la coda allungatasi da NGC 7319. Le simulazioni effettuate al computer indicano che possono venir create galassie così piccole dalla fusione di più ammassi stellari in gruppi di galassie compatte. Almeno uno dei folti ammassi osservati da terra nella coda di NGC 7319 è stato identificato, nei dati dell'HST, in tre galassie nane separate.

La prossima sfia per gli astronomi sarà quella di tracciare l'evoluzione di tutti gli oggetti nella regione, iniziando dalle galassie imparentate. Da qui, identificheranno tanti più ammassi possibile e seguiranno la formazione delle galassie nane. Il loro obiettivo sarà quello di identificare tutti questi oggetti e la loro appartenenza al Quintetto di Stephan.


Speciale dall'AAS
Venerdi 14 gennaio

A sinistra: La panoramica a sinistra è solo una parte della Via Lattea realizzata con i dati del Synthesis Telescope al Dominion Astrophysical Observatory (Penticton, British Columbia). Il detaglio a destra mostra un gigantesco "promonstorio", una regione di gas e polvere interstellare che emerge dal disco della nostra galassia noto come Lynds 679. Si ringrazia Jayanne English (CGPS/STScI). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

I radioastronomi presentano la materia tra le stelle

Gli astronomi stanno utilizzando i dati della Survey canadese del piano galattico (CGPS) per mappare l'elemento più ubiquo dell'universo: l'idrogeno. In particolare, stanno studiando il complesso ecoststema delle nubi di idrogeno tra la costellazione della Giraffa e Perseo nel piano della nostra galassia. In una presentazione al meeting dell'AAS, Steve Gibson, Russ Taylor (University of Calgary) e Lloyd Higgs (Dominion Radio Astrophysical Observatory) si sono soffermati sulle nubi nel braccio di Perseo della Via Lattea, quello più esterno al braccio dove si trova il nostro Sole. Questa è la prima volta che le fredde regioni di idrogeno vengono viste cocosì in dettaglio.

L'idrogeno freddo è invisibile all'occhio ma è molto evidente per i radiotelescopi per la sua emissione alla lunghezza d'onda di 21 centimetri. Nella grande vista panoramica in alto, i dati radio del DRAO sono stati codificati nei colori blu, arancione, giallo e e verde per identificare regioni differenti all'interno delle nubi di gas. Nell'immagine sono presenti anche i dati dell'Infrared Astronomy Satellite (in rosa) così come quelli del Westerbork Synthesis Radio Telescope in Olanda (grigio-blu). Le sorgenti puntiformi dell'immagine sono galassie distanti con un nucleo attivo. Il primo piano mostra il gigantesco "promontorio" nel panorama di Perseo conosciuto con il nome di Lynds 679. La nebulosa è lunga 200 anni luce e, apparentemente, è guidata esternamente al disco galattico da gigantesche onde d'urto interstellari.

Come ha fatto notare Russ Taylor, queste nubi di idrogeno sono coinvolte pesantemente nella formazione stellare: "Comprendere le nostre origini, partendo dal gas e dalla polvere interstellare, richiede la comprensione dell'ecosistema galattico". "Le forze che si controbilanciano all'interno del mezzo interstellare composto da gas e polvere, governano il ciclo della nascita e della morte delle stelle".

La Canadian Galactic Plane Survey è un consorzio di 54 scienziati provenienti dal Canada e da altri paesi.


Speciale dall'AAS
Venerdi 14 gennaio

A sinistra: Due possibili configurazioni per il Next Generation Space Telescope. Si ringraziano TRW/Ball (a sinistra) e Lockheed Martin (a destra). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Prende forma il telescopio spaziale di nuova generazione

Sono passati almeno 10 anni dal lancio dell'Hubble Space Telescope ed il suo successore, più grande e migliore, si trova sui tavoli da disegno in attesa della selezione finale della strumentazione e del fornitore.

Questo nuovo "grande osservatorio" viene chiamato Next Generation Space Telescope e sarà specializzato nell'infrarosso. In questa parte dello spettro succedono cose molto interessanti, si va dall'origine e l'evoluzione delle galassie ai fenomeni più interni della Via Lattea tra cui la nascita delle stelle e l'origine e l'evoluzione dei sistemi planetari.

L'NGST studierà tutti questi fenomeni a lunghezze d'onda tra 0,6 e 28 microns, con uno specchio di 8 metri, una serie di rilevatori sensibili ed un sistema di raffreddamento per proteggere il telescopio dalle sorgenti di calore come la Terra ed il Sole.

Per diversi anni due comitati di scienziati ed amministratori, il the Next Generation Space Telescope Working Group e l'Ad Hoc Science Working Group, si sono riuniti per determinare gli obiettivi scientifici e la configurazione dell'NGST. Le loro raccomandazioni sono state presentate questa settimana in un dibattito nel corso di una "assemblea cittadina" di astronomi tenutosi alla conferenza dell'AAS. I rapporti dei gruppi di lavoro hanno evidenziato le richieste del progetto e le descrizioni della strumentazione e formeranno la base per la divisione delle responsabilità per lo sviluppo del telescopio tra la NASA, l'European Space Agency (ESA) e la Canadian Space Agency (CSA).

Come previsto attualmente, il telescopio verrà costruito nei primi anni del 2000 ed il lancio è previsto per il 2007 o il 2008. Per la strumentazione, i candidati più probabili per il blocco del telescopio primario sono:

  • Una camera per l'infrarosso alle lunghezze d'onda tra 0,6 e 5 micron di 4 x 4 minuti d'arco. Questo strumento studierebbe la formazione di galassie a redshift elevato, la materia oscura, cercherebbe supernovae ad elevato redshift e studiarebbe le popolazioni stellari nelle galassie vicine, le stelle giovani nella nostra galassia e gli oggetti nella cintura di Kuiper del sistema solare esterno.

  • Uno spettrometro multioggetto per il vicino infrarosso capace di rilevare 100 spettri alla volta. Tra gli obiettivi di questo strumento lo studio della formazione stellare e delle abbondanze chimiche delle galassie giovani, lo sviluppo iniziale della struttura a larga scala del cosmo, i nuclei galattici attivi e gli ammassi stellari giovani.

  • Una camera infrarossa ed uno spettrometro per lunghezze d'onda tra 5 e 28 micron di 2 x 2 minuti d'arco. Obiettivi di questo strumento sarebbero le popolazioni stellari vecchie e lontane, la mineralogia dei dischi circumstellari, gli oggetti della cintura di Kuiper e le comete deboli.

    Se il bilancio lo permetterà, potrà essere aggiunto come quarto strumento una camera da 0,6 a 1 micron o un'altro spettrometro per il medio infrarosso.

    Il fornitore principale per il telescopio non è ancora stato selezionato ma i contendenti sono la Lockheed-Martin Corp. e la partnership tra Ball Aerospace e TRW Corp.


    Speciale dall'AAS
    Giovedi 13 gennaio

    A sinistra: Questa impressionante immagine della Bubble Nebula (NGC 7635) in Cassiopeia ripresa dall'Hubble Space Telescope mostra il compèlesso flusso di gas proveniente da una stella supermassiva. Si ringraziano la NASA, Donald Walter (South Carolina State University), Paul Scowen e Brian Moore (Arizona State University). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

    Da Hubble l'immagine di una bolla in espansione

    Quando le stelle massive eruttano materiale nel mezzo interstellare circostante, succedono delle cose affascinanti. Nel caso della Bubble Nebula (NGC 7635), un grande pallone sferico di questi gas sta dando agli astronomi delle nuove informazioni sulla fisica delle stelle morte. Un team dal South Carolina e dall'Arizona ha utilizzato la Wide Field Planetary Camera 2 dell'Hubble Space Telescope per riprendere un primo piano dell'attività all'interno della nebulosa, che si trova a 7.000 anni luce di distanza nella costellazione di Cassiopea.

    Secondo gli scienziati del team Donald Walter (South Carolina State University), Paul Scowen, Brian Moore e Jeff Hester (Arizona State University), l'immagine di questa bolla getta una nuova luce sulla geometria e le dinamiche di una serie di eventi molto complessi. "L'intricato dettaglio dell'immagine ci da quanto di meglio abbiamo a tutt'oggi, sulle complicate interazioni tra il gas denso e freddo dello spazio interstellare e questa stella di grande massa" ha spiegato Walter. La stella forse esploderà come una supernova ma, per ora, i venti della stella racchiusa nella bolla, che ha una massa pari a 40 Soli, soffiano a 2.000 chilometri al secondo. L'uragano stellare che ne deriva sta espandendo un guscio di gas largo 6 anni luce. Il fronte dell'espansione, venendo a contatto con il materiale più denso e freddo sta rallentando, dando alla forma della superficie della bolla un aspetto increspato simile ad un ciuffo.

    Non lontano dalla stella centrale troviamo una cresta di gas più denso che sta evaporando per l'intensa radiazione ultravioletta della stella stessa. La cresta forma nell'immagine una V, con i due segmenti che sono allineati al bordo più luminoso.

    Nella regione tra la stella e la cresta ci sono diversi anelli ed archi che sono stati osservati per la prima volta nell'immagine composita dell'HST (dai dati ottenuti nell'ottobre e novembre 1997 e nell'aprile 1999). Questa bolla nella bolla potrebbe essere stata formata per l'azione delle forze tremende che agiscono lo spazio tra il vento stellare ed il materiale che defluisce dalla cresta.

    Superiormente alla regione mostrata nell'immagine dell'HST ci sono degli addensamenti, o delle dita, di gas molecolare freddo che non si è ancora incontrato con il guscio in espansione. Queste strutture, dall'aspetto familiare, assomigliano nella forma alle famose colonne della Nebulosa Aquila (M16). Come nell'Aquila, gli addensamenti brillano perché sono illuminati dalla forte radiazione ultravioletta proveniente dalla stella centrale.


    Speciale dall'AAS
    Giovedi 13 gennaio

    A sinistra: In questo fotogramma del filmato di una simulazione, delle supernovae nella Via Lattea eruttano pennacchi di gas caldi (in arancione) sopra e sotto il disco galattico. L'idea che la Via Lattea sia circondata da un alone caldo, o "corona" risale a 45 anni fa ma solo ora è stata confermata dai nuovi dati del satellite FUSE della NASA. Cliccate qui per vedere il filmato QuickTime completo (17 megabytes). Si ringraziano la NASA, George Sonneborn, Blair Savage e Walt Feimer.

    Svelato il cosmo nel lontano ultravioletto

    Un tempo gli astronomi eseguivano le osservazioni solo nella luce visibile. Buona parte della storia dell'astronomia dell'ultimo mezzo secolo è invece dovuta all'apertura al resto dello spettro elettromagnetico, dalle radioonde ai raggi gamma. Una delle ultime regioni ad essere esplorate, ed ancora una delle più misteriose, è il lontano ultravioletto.

    L'unico strumento che lavora in questa parte dello spettro è il Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer (FUSE) della NASA, lanciato nel giugno scorso. Il FUSE esamina il cielo a lunghezze d'onda da 900 a 1200 angstroms (da 90 a 120 nanometri) con un'elevatissima risoluzione e con una sensibilità pari a 10.000 volte quella del suo unico predecessore, il satellite Copernicus, spento ormai da oltre 20 anni. Due dozzine di gruppi di scienziati hanno presentato una grande quantità dei primi risultati del FUSE, il 12 gennaio al meeting dell'American Astronomical Society ad Atlanta. Tra le cose più importanti segnaliamo:

    • La nostra Via Lattea è circondata da gas caldo espulso dalle supernovae nel disco galattico. Il gas si estende da circa 5.000 a 10.000 anni luce sopra e sotto il disco ed è riscaldato a 300.000° Kelvin, secondo quanto riferito da Blair D. Savage (University of Wisconsin, Madison) e William Steigerwald (NASA/Goddard Space Flight Center). E' is patchy con una densità maggiore di solo 1/1000 rispetto alla media della materia interstellare del disco galattico. La sua esistenza era nota da tempo "ma non eravamo certi di quanto fosse caldo" ha detto Savage alla conferenza stampa.

      Nel gas, il FUSE ha scoperto molto ossigeno ionizzato cinque volte, che indica le temperature prodotte dalle onde d'urto delle supernovae. Quello che Savage ha descritto come "l'atmosfera della Via Lattea" sono delle fontane di materiale che è stato fatto salire dal disco e che poi vi ricadrà.

    • L'idrogeno freddo molecolare, H2, è comune nella Via Lattea e nell'universo. Sino a poco fa era però, quasi impossibile rilevarlo direttamente perché, a differenza dell'idrogeno atomico (H), non irradia o assorbe a lunghezze d'onda facilmente osservabili. Nel lontano ultravioletto presenta, però, molte forti linee di assorbimento.

      Michael Shull e Jim Scott (University of Colorado, Boulder) hanno usato il FUSE per trovare H2 nelle nubi di gas dense della Via Lattea e delle galassie vicine "L'idrogeno molecolare è la linfa vitale di una galassia" ha spiegato Shull; "Completa il ciclo di gas necessari alla formazione di nuove stelle" poiché l'idrogeno passa attraverso questa fase lungo la strada che porta alla formazione di nubi e globuli della formazione stellare. Infatti, l'H2 è la molecola più abbondante nell'universo, "ovunque volgiamo lo sguardo, la vediamo", ha sottolineato Warren Moos (Johns Hopkins University). Una parte è persio dispersa in sottili filamenti lontano dalle dense nubi di gas dove normalmente dovremmo trovare le molecole.

      Nonostante ciò, secondo i ricercatori del FUSE, l'H2 rapresenta meno dell'uno per cento della massa della Via Lattea (circa il 10 per cento della materia interstellare). Quindi non ha molto peso nel conto della misteriosa materia oscura dell< Via Lattea. Questa scoperta getta un pò di acqua fredda su un recente rapporto, basato sulle osservazioni infrarosse, che l'H2 in un'altra galassia, NGC 891 in Andromeda, possa avere un peso nella massa oscura della galassia (vedi Sky & Telescope di gennaio, pagina 20).

    • Il FUSE si sta dimostrando particolarmente adatto nel sezionare i venti stellari densi, il flusso di gas emessi dalle stelle calde giovani a velocità superiori a 3.000 chilometri al secondo. John Hutchings (National Research Council of Canada) ha descritto una sorprendente scoperta: stelle apparentemente simili in galassie diverse producono venti di velocità differenti anche in prossimità delle stelle stesse. Potrebbero trovarsi qui le risposte al modo in cui le stelle calde modellano l'ambiente circostante e viceversa, in galassie in fasi differenti della loro evoluzione cosmica.


      Speciale dall'AAS
      Giovedi 13 gennaio

      A sinistra: Un'enorme nube a fungo soverchia una bolla che emerge dal nucleo della galassia NGC 3079. I filamenti sulla sommità che sembrano contornare la bolla si stanno muovendo nella nostra direzione alla velocità di 1.000 chilometri al secondo. La bolla è racchiusa in un grande imbuto pieno di gas caldo che emette radiazioni X. L'espansione della bolla è iniziata circa un milione di anni fa, quella della sua sommità circa 100.000 anni fa. I frammenti di questa enorme esplosione pioveranno sul disco galattico. Si ringrazia Gerald Cecil. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

      Gli astronomi scoprono una
      nube galattica a fungo

      Un strana nube a forma di fungo sta dando agli astronomi la possibilità unica di osservare le dinamiche delle esplosioni nel cuore di una galassia. Gerald Cecil (University of North Carolina, Chapel Hill) ed il suo team stanno indagando su un'enorme bolla di gas in espansione in NGC 3079, distante circa 50 milioni di anni luce nella costellazione dell'Orsa Maggiore. L'evento che ha portato alla formazione della bolla ha rilasciato un'energia pari a quella di circa 2.000 supernovae. Questa tempesta di attività potrebbe essere stata causata da una vampata di formazioni stellari avvenute nel cuore della galassia o dall'azione di un disco di accrezione caldo che circonda un buco nero supermassivo. Il team ne ha ripreso una splendida immagine con l'Hubble Space Telescope e ne ha studiato i flussi filamentosi con uno spettrometro applicato al telescopio franco-canadese-hawaiiano di 3,6 metri sul Mauna Kea, alle Hawaii. "Lo spettro copre l'intera immagine dell'HST della galassia" ha detto il membro del team Sylvain Veilleux "ed era di importanza cruciale per stabilire l'energia del gas".

      Quale che sia la sua origine, il gas caldo ha portato alla formazione di un potente vento che ha gonfiato la struttura che vediamo. Lo spettro X ottenuto dal Chandra X-ray Observatory potrebbe aiutarci nel determinarne la causa. Secondo Cecil, l'esplosione ha avuto inizio circa un milione di anni fa ed "Ha raggiunto il punto dove il gas caldo gas ha sbattuto contro l'alone galattico espandendosi, il vento ha quindi scagliato i gas dal disco dentro la calda stratosfera, da dove i densi filamenti sono ritornati indietro".

      L'immagine dell'HST mostra che il vento ha spazzato via il gas e la polvere dalle regioni interne della galassia, formando un largo imbuto che avviluppa la superbolla.

      La nube a fungo sulla sommità della superbolla è stranamente simile nella forma alle esplosioni delle bombe atomiche terrestri ma con un'energia equivalente a 1027 volte l'ammontare dell'arsenale nucleare mondiale.


      Speciale dall'AAS
      Giovedi 13 gennaio

      A sinistra: La giovane stella quadrupla HR 4796, situata a circa 220 anni luce di distanza, segue lo stesso percorso nello spazio delle altre stelle nane dell'associazione TW Hydrae. Questa immagine svela un disco allungato di polvere che circonda una delle stelle, dove potrebbero esserci dei pianeti in formazione. Si ringrazia Scott Fisher.

      Un baby ammasso di stelle vicine

      Gli astronomi stanno diventando diventando esperti nel districare il nostro complesso vicinato stellare. Un bell'esempio è stato mostrato al meeting dell'AAS con una serie di associazioni di stelle sorprendentemente giovani scoperte nelle nostre vicinanze.

      L'"Associazione TW Hydrae" è assai più vicina del familiare ammasso delle Iadi e del Gruppo dell'Orsa Maggiore, per lungo tempo considerati i gruppi stellari meno distanti dal Sole. Questo nuovo ammasso è, apparentemente, nato 10 milioni di anni fa ed ora è sparso in un volume di circa 100 milioni di anni luce centrato a circa 160 milioni di anni da noi. Solo grazie a diverse ricerche è stato possibile separarlo dal vasto numero di stelle che compare nella stessa regione.

      TW Hydrae stessa è stata riconosciuta quasi due decenni fa come giovane stella del tipo T Tauri ma, allora, sembrava isolata. Sforzi recenti, tra cui le accurate misure delle distanze effettuate dal satellite Hipparcos, hanno portato alla scoperta di altre 17 giovani sistemi stellari in un'area lontana da qualsiasi altra regione di formazione stellare o densa nube interstellare conosciuta. "E' stato come trovare un iceberg alle Hawaii" ha detto David Soderblom (Space Telescope Science Institute).

      Le stelle sono per la maggior parte deboli, essendo modeste nane di piccola massa. Si sono rivelate in vari modi, compreso luminosità che indicano che non hanno ancora raggiunto la sequenza principale delle stelle mature; luminose emissioni X provenienti dalle loro atmosfere, un indicatore della loro giovinezza; la presenza di litio nelle atmosfere che non è ancora stato consumato dalle reazioni nucleari delle stelle e dischi protostellari di polveri ricchi di molecole simili a quelle delle stelle stesse.

      Il gruppo TW Hydrae è solo una delle varie giovani associazioni stellari scoperte recentemente, tutte queste sembrano allontanarsi dalla ben nota associazione di giovani stelle luminose Scorpius-Centaurus, a 400 anni luce di distanza. Sembrerebbe che piccole nubi di gas siano state espulse dalla regione Scorpius-Centaurus ed abbiano dato vita alla nascita delle stelle.

      Le deboli stelle di questi gruppi potrebbero avere un futurio luminoso negli annali dell'astronomia terrestre. Infatti offrono la possibilità di studiare stelle nane giovani simili al Sole da una distanza inaspettatamente ravvicinata. Ed i membri del gruppo di TW Hydrae sono in un'età cruciale, quando la rapida evoluzione del loro disco circumstellare, e forse della formazione di pianeti, dovrebbe essere in pieno fermento. Gli astronomi potrebbero riuscire persino riuscire, nel prossimo futuro, ad ottenere le immagini nell'infrarosso dei pianeti giganti di queste stelle.


      Speciale dall'AAS
      Giovedi 13 gennaio

      In alto: Due immagini della galassia nana NGC 5253. L'immagine a sinistra, ripresa nella luce visibile dall'Hubble Space Telescope, presenta un insieme di giovani ammassi stellari. L'immagine radio ed infrarossa a destra (nella stessa scala) mostra dei gas caldi riscaldati dagli ammassi, in particolare dal più denso e luminoso. Questione di pochi miliardi di anni e questo gruppo probabilmente sarà diventato un ammasso globulare ordinario. Si ringraziano J. Turner, D. Calzetti, Space Telescope Science Institute e NRAO. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

      La nascita degli ammassi globulari

      Gli ammassi globulari sono, per gli astrofili, tra i più belli e familiari oggetti del cielo profondo e tra i più misteiosi per i cosmologi. Contengono sino ad un milione di masse solari e sono estremamente vecchi, avendo un'età stimata prossima a quella del Big Bang. Almeno per quelli della nostra galassia.

      Nessuno sa perché la Via Lattea non ha più formato nuovi globulari in così tanto tempo. Sembra che però, in qualche altra galassia ciò stia ancora avvenendo.

      Sepolta nella galassia nana NGC 5253 si trova una nube di idrogeno estremamente densa, resa infuocata dalla luce di diverse migliaia tra le più luminose, calde e massive stelle conosciute, tutte raccolte in una regione non più grande di 3-6 anni luce. Comprese le stelle più piccole che devono esserci, la massa totale in questa piccola regione dovrebbe ammontare a circa un milione di Soli. Questo brulicante sciame ha meno di un milione di anni, come hanno riferito ai giornalisti del meeting dell'AAS Jean Turner (UCLA) e Sara Beck (Università di Tel Aviv). E' esattamente il tipo di ammassi blu masivi che si pensa evolvano in un'ampia varietà di globulari, nel giro di qualche miliardo di anni.

      Un altro globulare in formazione è stato descritto da Kelsey Johnson (University of Colorado, Boulder) e Chip Kobulnicky (University of Wisconsin, Madison). La galassia nana Henize 2-10 contiene un piccolo e luminoso agglomerato che si ritiene contenga da 500 a 1.000 stelle calde e luminose di tipo O in una regione più inferiore a 10-20 anni luce di diametro. Anche questo gruppo deve essere molto giovane, avendo un'età di mezzo milione di anni o meno ancora. Rispetto agli ammassi globulari a noi familiari, dice Kobulnicky, "E' come se non vedessimo nient'altro che persone anziane e poi osservassimo un essere umano il giorno della nascita".


      Martedi 11 gennaio

      A sinistra: Questa immagine in falsi colori della luna Europa è formata da tre riprese effettuate nel corso di tre differenti flyby dalla sonda Galileo. La regione misura 250 per 200 chilometri. Le fratture suggeriscono uno scivolamento delle superfici come se galleggiassero sopra un oceano. Nuove misre del campo magnetico effettuate dalla sonda supporterebbero ulteriormente questa idea. Si ringraziano NASA/JPL/Caltech. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

      Altre prove sulla presenza di oceani su Europa

      Il 3 gennaio la sonda Galileo ha effettuato un passaggio ravvicinato di Europa transitando a 351 chilometri dalla sua superficie ghiacciata. Tra gli obiettivi di questo passaggio c'era la misurazione del campo magnetico intorno al satellite alla ricerca di prove della presenza di un oceano sotto la superficie. Flybys precedenti avevano rivelato che Europa possiede un campo magnetico. La NASA ha annunciato ieri che i dati dell'incontro di Lunedi scorso indicano uno spostamento del polo magnetico nord con un periodo che coincide con i cambiamenti della magnetosfera di Giove dovuti alla rotazione del pianeta. Qusta scoperta porta alla conclusione che il campo magnetico di Giove induce una correte elettrica ed il corrispondente campo magnetico attraverso Europa. Secondo Margaret Kivelson (UCLA), ricercatore capo per ilmagnetometro della Galileo, il ghiaccio sarebbe un cattivo conduttore elettrico ma un oceano gelido a 100 km di profondità dalla superficie combacerebbe con le rilevazioni effettuate dalla sonda. Per i dettagli, consultate il comunicato stampa online.


      Venerdi 7 gennaio

      A sinistra: Ammassi di giovani stelle e gas iridescenti all'interno della galassia NGC 4214 sono mostrati in grande dettaglio in questa ripresa dell'Hubble Space Telescope. Si ringraziano la NASA e The Hubble Heritage Team (STScI). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

      Il volto della formazione stellare

      Il risorto Hubble Space Telescope sta ancora effettuando i controlli dopo l'installazione dei nuovi componenti avvenuta nel mese scorso ma, nel frattempo, lo Space Telescope Science Institute ha rilasciato l'immagine di una galassia ricca di stelle in formazione come contributo dell'Hubble Heritage Project. John MacKenty (STScI) ed altri hanno usato Wide Field Planetary Camera 2 di Hubble nel luglio 1997 per riprendere la galassia di 10° magnitudine NGC 4214 nella costellazione dei Cani da caccia. L'immagine mostra diversi stadi dell'evoluzione stellare tra cui globuli di gas iridescenti illuminsati da giovani stelle ed un gigantesco ammasso di stelle massive, i cui membri, probabilmente, esploderanno come supernovae.


      Venerdi 7 gennaio

      A sinistra: La Luna piena sembra più grande quando è vicina all'orizzonte, ma è solo un'illusione. I ricercatori hanno messo alla prova e confermato la spiegazione data da tempo al fenomeno del lavoro eseguito dal nostro cervello per farci credere in un cambiamento di dimensioni del nostro satellite. Questo disegno di Fitz Hugh Lane si intitola The Fishing Party e venne eseguito dopo una visita sulla costa del Maine nell'agosto 1850. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

      "Illusione della Luna": spiegazione confermata

      Siete mai rimasti sorpresi per una Luna piena che splendeva poco sopra l'orizzonte e vi è sembrata incredibilmente grande? Non siete i soli ed il fenomeno che avete osservato non ha niente a che fare con le reali dimensioni del nostro satellite. Una volta che la Luna è salita alta nel cielo, infatti, sembra "rimpicciolirsi" e tornare alle normali dimensioni. Una simili percezione è stata denominata "illusione della Luna" ed è nota sin dal II secolo d.C. quando l'astronomo greco Tolomeo rifletté su questo curioso fenomeno celeste. Diciotto secoli più tardi, un team di ricercatori composto da padre e figlio hanno messo alla prova questa illusione ed essenzialmente hanno confermato quanto concluso da Tolomeo: che si verifica perché osservare un oggetto attraverso chilometri di "spazio pieno" (ovvero con dei punti di riferimento) lo fa sembrare più più lontano, grande e più impressionante di quando lo si osserva senza che ci siano indizi sulla sua grande distanza.

      Lloyd Kaufman, psicologo alla Long Island University e suo figlio, James H. Kaufman, fisico alla IBM, riferiscono della loro scoperta nel numero del 4 gennaio della rivista Proceedings della National Academy of Sciences. Essi hanno condotto due esperimenti in cui diversi soggetti hanno regolato la distanza di una Luna virtuale posta in prossimità dell'orizzonte oppure alta nel cielo. In entrambi i casi, gli osservatori hanno agito come se le Luna fosse apparsa più distante quando era vicina all'orizzonte. Il più anziano dei Kaufman spiega: "I nostri ultimi risultati non lasciano dubbi che la percezione dell'informazione sulla distanza gioca un ruolo primario nella creazione dell'illusione". La natura del nostro satellite non ha alcuna importanza, questa "illusione della Luna" rende anche le costellazioni più estese, quando si trovano basse sull'orizzonte, di quanto non siano in realtà.

      Per ulteriori dettagli leggete il comunicato stampa online che con le immagini stereo animate di esempio.


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