Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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Venerdi 15 gennaio

A sinistra: La galassia a spirale NGC 253 nella costellazione dello Scultore, di 25 minuti d'arco di larghezza, osservata dalla nuova camera Wide Field Imager (WFI) dell'European Southern Observatory. L'immagine è composta da cinque riprese di cinque minuti ciascuna nella luce blu. I singoli fotogrammi sono stati leggermente traslati l'uno rispetto all'altro per coprire lo spazio tra gli otto rivelatori CCD. Si ringrazia l' ESO. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

L'occhio dell'ESO scruta il cielo

Oggi l'European Southern Observatory ha rilasciato delle immagini che dimostrano quello che è in grado di fare la sua ultima camera CCD. Il Wide Field Imager (WFI) è un mosaico di otto semsori CCD che formano immagini di oltre 67 milioni di pixel. La camera, che ha un campo di ripresa superiore al mezzo grado quadrato (un'area più vasta della Luna piena), è stata installata sul riflettore di 2,2 metri di La Silla, in Cile. I telescopi più grandi del mondo hanno solitamente dei campi di ripresa ristretti per scrutare meglio i singoli oggetti del cielo. Ampie visuali aiutano in ogni modo gli astronomi a localizzare nuovi oggetti da studiare. La WFI verrà utilizzata probabilmente per l'osservazione sistematica di quasar e galassie distanti, asteroidi e supernovae. Un rilevatore con un campo così vasto potrebbe anche effettuare delle verifiche identificando la controparte visibile dei lampi gamma prima che si affievoliscano. Per ulteriori dettagli leggete il comunicato stampa dell'ESO.


Venerdi 15 gennaio

A sinistra: L'astrofotografo australiano Gordon Garradd ha ripreso questa immagine della cometa Tilbrook (C/1999 A1), la prima del nuovo anno, il 13 gennaio, la note seguente alla scoperta effettuata da Justin Tilbrook. Si ringrazia Gordon Garradd.

La prima cometa del 1999

La prima cometa dell'anno nuovo è stata scoperta dall'australiano Justin Tilbrook la sera del 12 gennaio. Quando è apparsa nel suo riflettore di 20 cm f/6, la cometa C/1999 A1 è stata osservata come una macchia priva di coda di magnitudine 10,5. L'oggetto si sta affievolendo lentamente e potrebbe servire solo come esercizio per gli osservatori dell'emisfero nord. Al di sotto dell'equatore, le cose potrebbero andare meglio. Ecco le coordinate per la prossima settimana, riferite all'ora 0 TU (coordinate riferite al 2000):


                       A.R.          Dec.      

16 Gennaio    23h 41m    -32.9°

18 gennaio    23h 42m    -35.0°

20 gennaio    23h 42m    -36.9°


Venerdi 15 gennaio

A sinistra: Il 21 dicembre scorso, corca 4 ore e mezza prima del grave guasto di un giroscopio, la sonda Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) ha registrato questa immagine in falsi colori del Sole nella luce dell'elio ionizzato (304 angstroms). Si ringrazia la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Tempi duri per le sonde

Ultimamente sono stati tempi duri per diverse sonde e gli scienziati coinvolti nei loro programmi.

La giapponese Nozomi, il 20 dicembre ha avuto dei problemi al motore che la faranno approdare al pianeta rosso con quattro anni di ritardo. La sonda è già stata in orbita intorno alla Terra sei mesi in un'orbita allungata che si è estesa oltre la Luna. Il 18 dicembre, un passaggio intorno al nostro satellite l'ha portata, due giorni dopo, a transitare sopra le nubi terrestri ad un'altitudine di 1.000 km. In quel momento, la sonda ha acceso il motore principale che l'avrebbe dovuta sospingere verso Marte ma la performance del motore è stata inferiore alle aspettative. Una prolungata accensione del motore avvenuta il giorno seguente ha consentito di non annullare il previsto incontro con Marte ma l'appuntamento non avverrà l'ottobre prossimo. Per conservare il carburante rimasto, i tecnici giapponesi hanno deciso di ritardare l'arrivo della sonda al 2003.

Il Solar and Heliospheric Observatory (SOHO), dopo il rientro nell'attività seguito all'incidente dell'estate scorsa, ha dei problemi. Il 21 dicembre, si è gustato l'ultimo dei giroscopi per il controllo di posizione ed i fisici solari sono rimasti, ancora una volta, senza informazioni dal loro avamposto nel punto lagrangiano tra la Terra ed il Sole. Posto in sicurezza, il SOHO è rimasto sotto il controllo da Terra ed è stato puntato verso il Sole (per tenere i suoi pannelli solari illuminati completamente) utilizzando manualmente i razzi di spinta.

La sonda Galileo, in orbita gioviana, ha fallito nel raccogliere le informazioni complete sugli ultimi tre passaggi ravvicinati di Europa, a causa di un malfunzionamento. Gli ingegneri di volo ritengono che l'incremento dei problemi sia dovuto alla dose di radiazioni del campo magnetico di Giove accumulatasi. L'ultimo flyby di Europa della Galileo verrà effettuato il 31 gennaio. Ne seguiranno quattro di Callisto prima dei due di Io.

Una nota positiva: il Lunar Prospector, rimasto in orbita intorno alla Luna per un anno intero, ha completato oggi la sua missione primaria. Il suo compito però, non è ancora concluso. Durante le ultime settimane, i controllori di volo hanno abbassato la sua altitudine da 100 a 40 km dalla superficie del nostro satellite. Oggi verrà inaugurata l'estensione della missione abbassandone ulteriormente l'orbita a 30 km, il che permetterà di raccogliere informazioni dai suoi cinque strumenti con una definizione ancora più elevata. L'estensione della missione durerà sino a giugno.


Mercoledi 13 gennaio

Un nuovo pianeta in primo piano

Un gruppo internazionale di astronomi riporta la scoperta di un altro pianeta extrasolare. Questa volta la differenza sta nel fatto che non è stato trovato seguendo i cambiamenti nello spettro della stella ma rilevando ed osservando un breve sfavillio della stella sullo sfondo. I membri del Microlensing Planet Search hanno annunciato al meeting dell'American Astronomical Society della settimana scorsa che una microlente gravitazionale di una stella ha rivelato i segni della probabile presenza di un oggetto di massa tra quella di Nettuno e quella della Terra. Questo oggetto, sembrerebbe orbitare ad almeno due unità astronomiche da una debole stella nana che è passata proprio di fronte ad una debole stella sullo sfondo, una tra le tante che sciamano in prossimità del centro della Via Lattea.

In passato erano stati riferiti possibili effetti di microlenti ma quest'ultima è quella meglio osservata e lascia supporre la presenza del pianeta meno massivo. Sembra infatti che abbia una massa pari a solo poche centinaia di migliaia quella della stella.

Attualmente sono in corso estesi programmi per la ricerca di microlenti ed il loro apporto permetterà di aiutare la compilazione del censimento dei pianeti di piccola massa. Per Sun Hong Rhie (Università di Notre Dame), "La tecnica delle microlentiè l'unica basata su telescopi terrestri che ha dimostrato di essere sensibile ai pianeti di tipo terrestre".

Per ulteriori dettagli, leggete il comunicato stampa in rete.


Venerdi 8 gennaio

A sinistra: Queste immagini nell'infrarosso dell'Hubble Space Telescope ci mostrano i dichi di polvere che attorniano due stelle vicine (la cui luce abbagliante è stata rimossa). Entrambi i dischi sembrano scolpiti dalla gravità di pianeti invisibili. Si ringraziano Alycia Weinberger, Eric Becklin (UCLA), Glenn Scneider (University of Arizona), Brad Smith (University of Hawaii) e la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Pianeti extrasolari al lavoro?

(Questa e le due seguenti sono le ultime notizie arrivateci dal congresso dell'American Astronomical Society che si è tenuto ad Austin, in Texas)

Due immagini dell'Hubble Space Telescope, rese pubbliche oggi, hanno segnato un altro passo nella ricerca di altri sistemi solari. Uno degli obiettivi di Hubble, la stella HR4796A nel Centauro, era già conosciuta per avere una sorta di struttura circolare di granelli di polvere formatasi, probabilmente, dalla collisione di una miriade di planetesimali, i frammenti rocciosi della formazione della stella. La nuova immagine di Hubble ci mostra, per la prima volta, che il disco ha una forma di anello ben definita, del diametro di 21 miliardi di chilometri (140 unità astronomiche) ma di soli 2,5 di larghezza. Il chiarimento fornito dall'astronomo Brad Smith dell'University of Hawaii, è che due oggetti simili a pianeti ai lati opposti dell'anello confinino le particelle di polvere e le dispongano a formare un disco (i satelliti di Saturno, rispetto agli anelli del pianeta, giocano un ruolo simile). I pianeti progenitori non sono comunque visibili nell'immagine di Hubble, cio farebbe ritenere che se dovessero realmente esistere, "peserebbero" meno di 10 Giove ciascuno, poiché pianeti più massivi o nane brune sarebbero distinguibili.

Anche una seconda stella molto simile, HD 141569 nella Bilancia, ha un disco di frammenti dice Alycia Weinberger, astronomo dell'UCLA, e Hubble ha rilevato un'apertura relativamente stretta, misura 5,9 miliardi di chilometri, nel disco che ha un diametro di 59 miiardi di chilometri (400 u.a.). "I dischi non formano delle aperture da soli", ha detto la Weinberger alla stampa giunta questa mattina al meeting dell'American Astronomical Society. "La cosa più ovvia che potrebbe farlo è...tramite un pianeta". Anche questo pianeta non può essere visto nell'immagine di Hubble, che è la prima ripresa alle lunghezze d'onda nel vicino infrarosso prossime ad 1,1 micron, ma potrebbe esserlo in futuro utilizzando le ottiche adattive e i giganteschi telescopi terrestri alle lunghezze d'onda infrarosse o i dati del Next Generation Space Telescope (NGST), dice Eric Becklin dell'UCLA, specialmente se l'NGST verrà equipaggiato con un coronografo infrarosso che bloccherebbe la luce accecante delle stelle cui i pianeti sono legati.


Venerdi 8 gennaio

A sinistra: Stelle come il Sole che possiedono pianeti in orbite strette con forti campi magnetici possono, quando quest'ultimi interagiscono, produrre enormi brillamenti. Immagine artistica di Eric Rubinstein, Yale University. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Un'altra macchina astronomica da giudizio universale?

Se le collisioni con le comete o i lampi gamma vicini non bastano a togliervi il sonno, tenete conto di quest'altra minaccia cosmica: secondo l'astrofisico Bradley Schaefer dela Yale University il Sole, con un brillamento abbastanza forte, potrebbe un giorno distruggere lo strato di ozono terrestre permettendo alla radiazione ultravioletta di raggiungere la sperficie del pianeta disgregando la catena alimentare. La prova? Nove stelle sparse per la nostra galassia, simili al Sole, sono state soggette a brevi esplosioni simili ai brillamenti solari ma centinaia o migliaia di volte più intense. Soprannominati da Schaefer "superbrillamenti", questi eventi, per stelle come la nostra, avverrebbero mediamente una volta ogni cento anni. Ma forse non abbiamo nulla da temere, secondo Eric Rubinstein, collega di Schaefer a Yale, che ritiene che i superbrillameni si verifichino solo se intorno agli astri orbitino, a distanze inferiori a quella di Mercurio, pianeti dotati di un forte campo magnetico: in quel caso, i due campi si collegherebbero rilasciando una quantità di energia enorme. Fortunatamente per noi, Mercurio difetta del campo magnetico necessario.


Venerdi 8 gennaio

A sinistra: Questo dettaglio dell'Hubble Deep Field South è formato da una ripresa nella luce visibile della STIS (blu) e da due del NICMOS a 1,1 ed 1,6 microns (rispettivamente i colori verde e rosso) e ci mostra delle galassie sino alla magnitudine 28. Si ringraziano Robert Williams (STScI), l'HDF-South team e la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il raddoppio di Hubble

Gli astronomi hanno avuto solo un paio di mesi per analizzare l'Hubble Deep Field South, una ripresa durata 10 giorni di una piccola regione di cielo nella costellazione del Tucano. L'osservazione è stata effettuata principalmente per fare luce sull'evoluzione delle galassie e per confermare se l'immagine originale dell'Hubble Deep Field (HDF), effettuata ormai tre anni or sono, è veramente rappresentativa dell'universo nella sua globalità. E così è stato, assicura Henry Ferguson dello Space Telescope Science Institute. Ciascuna ripresa effettuata dalla Wide Field and Planetary Camera 2, che misura 2,6 minuti d'arco, presenta circa 3.000 galassie distinguibili ma, rispetto all'HDF, ci sono alcune differenze. Per esempio la porzione di cielo dell'emisfero meridionale sembrerebbe contenere una quantità di luce proveniente dalle stelle della fase iniziale dell'universo leggermente superiore. Inoltre, la campagna dell'HDF-South ha potuto sfruttare la seconda generazione di strumenti di Hubble: lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) ed il Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS) che tre anni fa non erano disponibili. L'immagine dell'HDF-South realizzata con l'elevata sensibilità della STIS fanno di questa ripresa l'immagine del cosmo più profonda mai registrata nell'ottico e ciò implica che siano 125 i miliardi di galassie che gli astronomi possono osservare, una stima doppia rispetto a quella basata sull'Hubble Deep Field originale, che mostrava un frammento dell'Orsa Maggiore.


Mercoledi 6 gennaio

Giganti del cosmo nascosti

L'universo è ieno di galassie massive ma, stando ai fatti, sembrerebbe che nelle galassie le stelle nane, per numero, superino quelle luminose e, nel cosmo, accada lo stesso per le galassie deboli rispetto a quelle più vaste e luminose. Secondo John Kormendy (University of Hawaii) e Kenneth C. Freeman (Australian National University), esiste anche una correlazione tra dimensioni e luminosità delle galassie e l'ammontare di materia oscura che contengono. Gli studi compiuti indicano che, per spiegare il moto delle sue stelle, circa la metà della massa della nostra Via Lattea deve essere composta da materia oscura. Al meeting dell'American Astronomical Society, oggi Kormendy e Freeman hanno spiegato che, dopo aver esaminato le proprietà di 43 galassie di varie luminosià, sono giunti alla conclusione che più una galassia è debole maggiore è la quantità di materia oscura che la compone. Nelle galassie nane, sotto forma di stelle luminose osserviamo forse l'uno per cento della materia inoltre, potrebbero esserci galassie ancora più deboli con una concentrazione ancora superiore di materia oscura che ancora devono essere scoperte.


Mercoledi 6 gennaio

A sinistra: La Nebulosa anulare M57 nella Lira, uno degli oggetti preferiti di astrofili ed astrofotografi, nella splendida immagine dell'Hubble Space Telescope. Si ringrazia l'Hubble Heritage Team (AURA/STScI/ NASA). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Una gloriosa nebulosa anulare

Al 193° meeting nazionale dell'American Astronomical Society, che si tiene ad Austin, nel Texas, lo Space Telescope Science Institute ha rilasciato una ripresa spettacolare della Nebulosa anello nella Lira. Le osservazioni necesarie alla realizzazione di questa immagine composita sono state effetuate nell'ottobre 1998 con la Wide Field Planetary Camera 2 ed il risultato ci mostra la nebulosa quasi nei suoi colori reali. Il blu rappresenta le emissioni dell'elio molto caldo; il verde dal più freddo ossigeno ionizzato ed il rosso denota l'azoto ionizzato. Il guscio di gas espulsi dalla stella centrale ha un diametro di un anno luce circa e si trova a circa 2.000 anni luce di distanza. Visitate il sito dell'Hubble Heritage per i dettagli sull'immagine.


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