Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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La rivista indispensabile di astronomia

Venerdi 12 maggio

A sinistra: Questa immagine in falsi colori della Supernova 1987A evidenzia la radiazione X (le aree chiare) provenienti dai gas riscaldati a temperature prossime ai 10 milioni di gradi Kelvin. L'immagine è stata ripresa dal Chandra X-ray Observatory nel gennaio di quest'anno. Si ringraziano NASA/CXC/SAO/PSU/D. Burrows ed altri. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il resto della supernova inizia ad irradiare raggi X

Quando, all'inizio dell'anno, l'Hubble Space Telescope rilevò che era in ripresa l'attività della Supernova 1987A, gli astronomi aspettavano una crescita delle emissioni X provenienti dala stella esplosa. Il resto della supernova nella Grande Nube di Magellano negli ultimi 13 anni si era gradualmente attenuata; ora i flussi di gas emessi si stanno scontrando con un anello di gas espulsi circa 20.000 anni prima dalla stella ed ora l'"atmosfera" si sta riscaldando. Giovedi gli astronomi hanno reso pubblica un'immagine ripresa dal Chandra X-ray Observatory che rivela la zona della collisione. Piombando sull'anello, l'onda d'urto surriscalda i gas a 10 milioni di gradi Kelvin. Nei prossimi anni, il resto di supernova dovrebbe continuare a brillare: l'onda d'urto riscalderà altro gas così come quella "riflessa" dalla zona della collisione.


Mercoledi 10 maggio

A sinistra: Lo Spacewatch telescope di 0,9 metri, ospitato nella cupola a sinistra, è stato utilizzato per rintracciare l'oggetto in una lista di asteroidi dispersi da tempo.

Lo Spacewatch riprende un asteroide perduto

L'asteroide 719 Albert, scoperto nel 1911 e non più trovato per 89 anni, è stato appena ritrovato come macchiolina di 22° magnitudine nella Vergine occidentale. Jeffrey A. Larsen e colleghi, con l'ausilio del telescopio Spacewatch di 0,9 m posto sulla sommità del Kitt Peak, in Arizona, ne hanno scoperto il lento movimento nelle immagini CCD riprese il primo, tre e sei maggio, nel corso della ricerca che stanno conducendo sugli asteroidi near-Earth.

Non è stato prima del 9 maggio però che si sono resi conto che l'oggetto in questione era Albert. Gareth V. Williams, direttore associato del Minor Planet Center di Cambridge, Massachusetts, ha fatto il collegamento, poiché già conosceva gli elementi orbitali di Albert a memoria. Si tratta dell'ultimo e sicuramente del più famoso esempio di un asteroide che, dopo essere stato riconosciuto ufficialmente, andò subito perduto. Lo scopritore ufficiale di Albert, Johann Palisa, propose di dargli il nome del barone Albert von Rothschild, un generoso benefattore dell'osservatorio di Vienna di inizio secolo.

Ulteriori dettagli sul ritrovamento compariranno su uno dei prossimi numeri di Sky & Telescope. Data la notorietà di Albert, è certo che non andrà più perduto.


Venerdi 5 maggio

A sinistra: In questa immagine nella luce rossa (negativa) dal Very Large Telescope, IC 3328 un membro dell'Ammasso della Vergine, appare come una semplice galassia ellittica nana. A destra: l'elaborazione al computer eseguita da tre astronomi ha rivelato una sorpresa inaspettata: due bracci di spirale nascosti. I campi inquadrati misurano 4 minuti d'arco di larghezza, con il nord in alto e l'est a sinistra. Si ringrazia l'ESO. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La spirale segreta della galassia nana

In uno studio delle galassie ellittiche nane Helmut Jerjen, Agris Kalnajs (Australian National University) e Bruno Binggeli (Università di Basilea, Svizzera) hanno scoperto la struttura di una spirale in un oggetto dalla rotondità apparentemente uniforme. Gli astronomi stavano analizzando e ricostruendo i profili della luminosità delle galassie nane, utilizzando il riflettore Antu di 8,2 metri del Very Large Telescope dell'European Southern Observatory. Dopo aver sottratto parte della luce dall'immagine di IC 3328 nella Vergine, gli astronomi sono rimasti stupiti nel veder apparire la struttura a spirale, il dettaglio era però ben nascosto: la sua luminosità rappresenta infatti solo il 3 per cento di quella totale della galassia. E' la spirale più piccola e èiù debole che sia mai stata osservata, annuncia il comunicato stampa online, che spiega anche che l'oggetto potrebbe essere il risultato di un passaggio ravvicinato di un'altra nana vicina.


Venerdi 5 maggio

A sinistra: La luce proveniente da questo lontano quasar è passata attraverso numerose nubi di gas prima di raggiungere la Terra. Ognuna ha assorbito una parte della luce dell'oggetto, creando delle caratteristiche distinte nel suo spettro. Le osservazioni, eseguite con l'Hubble Space Telescope, hanno rivelato che queste nubi, altrimenti invisibili, contengono metà di tutta la normale materia (barionica) dell'universo. Si ringrazia il WIYN Telescope. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Finalmente trovata parte della materia oscura

Mercoledi gli astronomi hanno annunciato che, dopo lungo tempo, hanno trovato uno sfuggente componente della massa mancante dell'universo. La "materia oscura" è sotto forma di gigantesche nubi di idrogeno nello spazio intergalattico. Si presumeva che esistessero simili flussi di gas, che i modelli computerizzati mostravano come materia riunita in nastri durante il raffreddamento dell'universo avvenuto dopo il Big Bang (le galassie si formarono laddove i gas erano più densi). Le prove della presenza dell'idrogeno sono state trovate nello spettro di un quasar ripreso dall'Hubble Space Telescope. Nel suo viaggio verso la Terra, parte della luce proveniente dal quasar viene assorbita dalle nubi. Lo spostamento verso il rosso dei gas a distanze differenti crea delle particolarità nello spettro, a diverse lunghezze d'onda specifiche. Todd Tripp, Edward Jenkins (Princeton University) e Blair Savage (University of Wisconsin-Madison) hanno determinato che la luce del quasar presenta diverse caratteristiche dell'assorbimento dovuto all'idrogeno ionizzato che, fanno notare gli astronomi, è un ""marcatore" dell'idrogeno (di per se invisibile). Tripp e colleghi chiariscono che questi nastri di idrogeno possono rappresentare sino a metà della materia "normale" dell'universo (composta da protoni e neutroni, come nuclei atomici). I risultati sono apparsi su Astrophysical Journal Letters del primo maggio. Leggete il comunicato stampa online.


Giovedi 4 maggio

A sinistra: Una ricostruzione dell'asteroide Cleopatra effettuata con i dati radar. Cliccateci sopra per vedere ulteriori ricostruzioni e l'immagine radar originale acquisita il 20 novembre. L'illuminazione radar è dall'alto e l'eco risultante contiene i ritardi e le informazioni con lo spostamento Doppler che rivelano la forma a due lobi dell'oggetto. Cleopatra ruota in 5,4 ore. Si ringrazia S. J. Ostro (JPL).

Un asteroide a forma di osso per cani

Nel novembre scorso, l'asteroide 216 Cleopatra appartenenete alla cintura principale si è trovato in un'opposizione particolarmente ravvicinata con la Terra che l'ha portato nel campo visivo del gigantesco radar dell'Osservatorio di Arecibo Observatory. Come gli astronomi hanno sospettato per decenni, scrivono Steven J. Ostro (Jet Propulsion Laboratory) ed otto colleghi su Science del 5 maggio, Cleopatra è un oggetto bizzarro. "L'asteroide ha la forma di un manubrio con un manico che, sostanzialmente, è più stretto dei due lobi laterali se osservato da un lato ma non è così se osservato dal piano equatoriale". Le dimensione stimate di Cleopatra sono di 217 per 94 per 81 chilometri (±25 per cento), valori prossimi a quelli previsti.

I ritratti visibili qui, non sono immagini reali ma un modello derivato con precisione dal membro del team R. Scott Hudson (Washington State University). La forma a due lobi è priva di ambuguità anche negli echi radar non elaborati, anche se non è da escludere la presenza di un piccolo vuoto nel "manico" centrale tra i due lobi (assai improbabile fa notare Ostro) il che significherebbe che due grandi oggetti stanno orbitando vicinissimi.

Studi spettroscopici effettuati in passato avevano fatto pensare che Cleopatra fosse costituita interamente di metallo o di una miscela di metalli e di estatite, un silicato. Basandosi sulla forte riflettività dei segnali radar e sulla polarizzazione dei segnali riflessi, il team di Ostro è più propenso ad ipotizzare che si tratti di un oggetto interamente metallico profodamente rivestito da uno strato biancastro di detriti da impatto e che sia ovunque estremamente poroso. Se così fosse, dovrebbe essere la parte interna di un oggetto di più vaste dimensioni che si fuse e suddivise in vari strati, tra i quali un nucleo metallico, prima di essere fatto a pezzi.

Per maggiori informazioni, consultate la pagina Web Asteroid Radar Research di Ostro.


Martedi 2 maggio

A sinistra: Grazie alle svariate correzioni di rotta effettuate a metà febbraio, la sonda NEAR Shoemaker adesso è a soli 50 km dalla superficie di Eros. Si ringraziano JHU/APL. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La NEAR pronta per le osservazioni

Sin dall'incontro con l'asteroide 433 Eros del 14 febbraio, la sonda NEAR Shoemaker ha atteso che i controllori di volo la spostassero in orbite sempre più strette. Un passo importante della missione è stato effettuato il 30 aprile, quando l'accensione del motote per 140 secondi ne ha rallentato la velocità a soli 5 chilometri all'ora. In questo modo, la NEAR Shoemaker si è portata in un'orbita che la fa transitare, mediamente, ad appena 50 km dalla superficie di Eros. Qui rimarrà per i prossimi due mesi mentre le telecamere ed altri strumenti scruteranno l'asteroide. In particolare, questa nuova orbita che la porta ad orbitare ogni 28 ore, permetterà la raccolta di dati dettagliati su forma e composizione della superficie da parte dello strumento laser rangefinder (LIDAR) e dello spettrometro per raggi X/gamma. Per maggiori informazioni, immagini e filmati, visitate la pagina della NEAR Shoemaker presso l'Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University.


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