Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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La rivista indispensabile di astronomia

Delta Scorpii brilla ancora

Il Green Bank Telescope riprende Venere

La stella che ingoiò un pianeta

Appassionati a convegno nel nordest americano

La cometa LINEAR si divide in due

Il Pioneer 10 risponde!

Altre prove dell'esistenza di buchi neri rotanti

Si rafforza la Nuova Cosmologia

La Terra vista dall'Odyssey


Lunedi 14 maggio

A sinistra: La stella più luminosa vicino ad Antares è Delta Scorpii, ora al suo decimo mese di inaspettata luminosità. La fotografia non evidenzia chiaramente le differenze tra le luminosità delle stelle ma ad occhio nudo la Delta è visibilmente la stella più luminosa nella linea quasi verticale delle tre che formano la testa dello Scorpione. Jimmy Westlake ha effettuato questa ripresa la mattina del 4 marzo con un obiettivo di 35 mm a f/3.3 con un'esposizione di 5 minuti su pellicola ISO 400. Da allora Marte è divenuto più luminoso e si è spostato in basso a destra nel Sagittario. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Delta Scorpii brilla ancora

Ora che lo Scorpione è ben visibile già alle 23: 00 ora locale (guardate basso a sud-est) sono molti gli osservatori che hanno notato la luminosità della stella Delta Scorpii vicino ad Antares. Normalmente di magnitudine 2,3, la Delta nello scorso luglio è lentamente aumentata di luminosità rimanendoci, con qualche fluttuazione, sino ad oggi. Neglio ultimi tre mesi si è mantenuto intorno alla magnitudine 1,8, cambiando l'aspetto della linea di stelle note come la testa dello Scorspione. Confrontatela con la Beta, di magnitudine 2,6 e con Antares, di 1,1.

Delta Scorpii è una stella calda e luminosa di tipo B0 che perde gas e sembra essere una binaria spettroscopica e gli astronomi non sanno cosa stia accadendo o come si comporterà in futuro. Non si sa quando diminuirà di luminosità o se aumenterà! Non aspettate Luglio, quando lo Scorpione sarà al massimo della visibilità, per assistere all'evento che sta entrando nella storia della stella dategli un'occhiata adesso.

— Alan MacRobert —

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Venerdi 11 maggio

In alto: La superficie coperta dalle nubi di Venere è stata rivelata dalle osservazioni radar effettuate con il Robert C. Byrd Green Bank Telescope nel West Virginia, del diametro di 100 metri e recentemente completato, e con il riammodernato telescopio Arecibo di Puerto Rico, di 305 metri. L'immagine mostra dettagli di 5 km di diametro. Cortesia Donald Campbell ed altri, National Radio Astronomy Observatory, National Astronomy and Ionosphere Center. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il Green Bank Telescope riprende Venere

Ieri gli astronomi hanno rilasciato la prima immagine scientifica della più grande antenna a disco mobile del mondo. Il team, guidato da Donald Campbell (Cornell University), ha utilizzato l'antenna di 100 metri del Robert C. Byrd Green Bank Telescope (GBT) nel West Virginia per realizzare in marzo le osservazioni radar di Venere e di un asteroide near-Earth di 150 metri. Lo studio è iniziato trasmettendo impulsi radio verso i due oggetti con il riflettore di Arecibo. Entrambi i telescopi hanno poi ascoltato gli eco di ritorno dopo che questi erano rimbalzati su Venere e sull'asteroide 2001 EC16. I segnali ricevuti da entrambi i telescopi sono stati poi combinati per realizzare immagini con un dettaglio superiore a quello ottenibile utilizzando un solo strumento.

Le immagini risolvono dettagli di 1 km sulla superficie di Venere. Questa capacità potrebbe permettere a molti astronomi di rilevare i futuri cambiamenti sulla superficie dovuti al vulcanesimo, perché il pianeta dovrebbe essere ancora attivo. I dati radar hanno poi rivelato che l'asteroide 2001 EC16 ha una forma irregolare e ruota una volta ogni 200 ore, un movimento molto lento per un oggetto di questo tipo. Le immagini di 2001 EC16 hanno anche dimostrato la potenza che la combinazione Arecibo-GBT avrà sullo studio di altri oggetti near-Earth.

Con un'apertura libera di 100 metri per 110 metri, il GBT, del costo di 78 milioni di dollari, ha una superficie riflettente che si innalza per 148, si estende per quasi due ettari ed è formata da 2004 pannelli di alluminio. A dispetto delle dimensioni, il telescopio manterrà una precisione di 0,25 millimetri grazie ad un sistema di retroazione che regolerà i pannelli onde compensare le minime flessioni strutturali della parabola. Una superficie così precisa permetterà osservazioni sino ad 80 gigahertz ed una precisione del puntamento di 1 secondo d'arco. Il GBT sostituisce, con ampi miglioramenti, il vecchio telescopio di 91 metri Green Bank collassato nel novembre 1988.

Per ulteriori informazioni, leggete il comunicato stampa online.

— Stuart J. Goldman —

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Mercoledi 9 maggio

A sinistra: Immagine artistica della caduta del pianeta gigante sulla stella HD 82943. Copyright 2001 Lynette R. Cook. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La stella che ingoiò un pianeta

Utilizzando due dei più potenti nuovi strumenti astronomici, i ricercatori europei hanno trovato le tracce di una stella dall'aspetto innocente, nella costellazione dell'Idra, che in passato ha ingoiato un pianeta. La prova è nel raro isotopo litio-6, che i ricercatori hanno rilevato nella sua atmosfera. Normalmente questa forma di litio viene rapidamente consumata dalle reazioni nucleari nella gioventù delle stelle, quindi l'unico modo plausibile per cui si trovi ancora sulla sua superficie, scrive Garik Israelian (Istituto di Astrofisica delle Isole Canarie) con tre colleghi nel numero di domani di Nature, è che sia caduta della materia di tipo planetario dopo la sua formazione, quando gli strati interni erano già stabilizzati nella configurazione finale. Il tutto ad opera di uno o più pianeti giganti per una massa complessiva pari a quella di due Giove oppure di tre Terre o, più probabilmente, tre masse terrestri formate da asteroidi e comete.

E' la prima volta che il litio 6 viene scoperto con sicurezza in una stella con una composizione simile a quella del Sole. Gli astronomi hanno utilizzato lo spettrografo ad alta risoluzione UVES del telescopio Kueyen di 8,2 metri del Very Large Telescope presso l'European Southern Observatory per distinguere la firma spettrale del litio 6 da quella del più comune litio 7. Quest'ultimo viene distrutto, generalmente, all'interno della stella ma con meno facilità e la causa della sua presenza è aperta alle interpretazioni. Per contro, il litio 6 "è come la canna di un fucile che ancora fuma".

La stella è HD 82943, un astro di magnitudine 6 di tipo G0 più vecchio del Sole e posto a 90 anni luce di distanza. Era già nota la presenza di un pianeta gigante in orbita intorno ad essa e solo il mese scorso ne era stata annunciata la presenza di un secondo (ancora in dubbio).

La possibilità che HD 82943 abbia ingoiato un terzo pianeta, o frammenti di esso, non è una grande sorpresa. I teorici della formazione dei sistemi planetari hanno scoperto che i pianeti, mentre sono ancora in formazione, tendono a muoversi a spirale verso l'interno del massivo disco di gas e polveri in cui sono ancora immersi e da cui hanno avuto origine. Il processo però potrebbe avvenire troppo presto per permettere la sopravvivenza del litio 6 alla turbolenta fase iniziale della vita della stella. Un diverso approccio viene suggerito dal fatto che i sistemi planetari hanno orbite eccentriche (ellittiche). Questo potrebbe essere il segno che in tempi passati hanno attraversato delle interazioni caotiche con altri pianeti. Secondo Alessandro Morbidelli (Osservatorio della Costa Azzurra), i pianeti con orbite eccentriche come queste potrebbero spingere gli asteroidi verso la stella. Il 25 per cento della fascia primordiale degli asteroidi, infatti, venne sospinta verso il Sole. Questo secondo scenario potrebbe verificarsi sufficientemente tardi da permettere al litio 6 di sopravvivere nell'atmosfera della stella.

— Alan MacRobert —

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Martedi 8 maggio

A sinistra: Lo scorso fine settimana, gli astrofili del Nord America si sono dati appuntamento al Northeast Astronomy Forum (NEAF) per acquistare nuovi giocattoli astronomici. Immagine per Sky & Telescope di Craig Michael Utter. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Appassionati a convegno nel nordest americano

L'annuale Northeast Astronomy Forum and Telescope Show di Suffern, New York, ha celebrato il suo decimo anniversario con una manifestazione che ha attirato circa 1.500 people. Al NEA, organizzato dal Rockland Astronomy Club e tenutosi presso il Rockland Community College, sono state organizzate conferenze, stand commerciali, mostre fotografiche ed un planetario.

La Tele Vue Optics di Suffern ha tenuto una conferenza stampa prima dell'apertura di mezzogiorno di domenica, dove il presidente Al Nagler ha presentato otto nuovi prodotti tra cui il rifrattore multifunzione fotografico/ottico NP101e l'oculare zoom da 3 a 6 millimetri per l'osservazione planetaria.

Per chiunque avesse voluto affinare le proprie capacità, sabato pomeriggio l'esperto di immagini CCD Richard Berry ha tenuto due corsi. Per gli altri, oltre 30 rivenditori e fabbricanti di equipaggiamenti, accessori, libri ed altro hanno fatto mostra di sè con una quantità infinita di tentazioni tenute a freno solo dalle disponibilità economiche degli intervenuti.

Nel programma di domenica erano comprese una serie di letture e molte altre opportunità di effettuare acquisti. Tim Puckett ha dato consigli illustrando la progettazione e la costruzione del telescopio Ritchey-Chrétien di 60 cm del suo osservatorio Georgia. Puckett ha spiegato il suo metodo di ricerca automatica di supernovae con il quale ogni notte tiene d'occhio 400 galassie e che gli ha permesso, ad oggi, di scoprirne 34. Bob Berman, collaboratore delle riviste Discover ed Astronomy, ha concluso la sessione mattutina con le sue opinioni a proposito della vita su Europa, la natura della gravità ed il bizzarro mondo dei quanti.

Nel primo pomeriggio, l'aula di lettura si è riempita nuovamente per ascoltare la conferenza di Gary Seronik di Sky & Telescope su come ottimizzare i telescopi newtoniani per l'osservazione planetaria e del profondo cielo. E' stata poi la volta di D. H. John Wood, del Goddard Space Flight Center della NASA, che ha condiviso i ricordi personali delle sfide ingegneristiche legate alla riparazione delle ottiche dell'Hubble Space Telescope. Per concludere, gli appassionati di cosmologia hanno seguito Alex Filippenko (University of California, Berkeley) che ha fatto una carrellata sulle recenti scoperte che provano l'espansione dell'universo.

— Adrian Ashford —

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Venerdi 4 maggio

A sinistra: Mentre osservava la cometa LINEAR (C/2001 A2) il 30 aprile, gli astronomi a Mount Bigelow, in Arizona, con il telescopio Catalina di 1,54 metri hanno visto il nucleo cometario diviso in due. Cortesia C. W. Hergenrother, M. Chamberlin e Y. Chamberlain (University of Arizona). Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La cometa LINEAR si divide in due

Circa un mese fa, gli astrofili di tutto il mondo notarono il significativo, ed in qualche modo prematuro, aumento di luminosità della cometa LINEAR (C/2001 A2). Infatti, nel corso dell'ultima settimana di marzo la cometa passò dalla magnitudine 13 alla 8 in pochi giorni, un aumento dell'ordine delle centinaia di volte. Dal 25 aprile, Mike Begbie di Harare, Zimbabwe, vide persino la cometa ad occhio nudo.

Le prime previsioni facevano pensare che la cometa non avrebbe mai raggiunto la 9° magnitudine, e questa non prima di un mese dopo il raggiungimento del perielio (il punto di massimo avvicinamento al Sole) il 24 maggio. Gli astronomi come gli astrofili erano perplessi su cosa avrebbe potuto provocare una simile vampata. Ora si pensa di avere la risposta.

Osservazioni condotte il 30 aprile con il telescopio Catalina di 1,54 metri su Mount Bigelow, in Arizona, da C. W. Hergenrother, M. Chamberlin e Y. Chamberlain (University of Arizona) mostrano chiaramente che la cometa LINEAR si è spezzata in due. Attualmente, i frammenti sono separati da circa 3,5 secondi d'arco ed insieme raggiungono la magnitudine 6,3. "Sembra che il precedente aumento di luminosità sia dovuto alla divisione iniziale" ha detto Charles Morris (Jet Propulsion Laboratory).

Non è certamente la prima volta che una cometa visibile ad occhio nudo si rompe in due durante l'avvicinamento al sistema solare interno. Lo scorso anno, il disfacimento della cometa cometa LINEAR (C/1999 S4) venne seguito dagli astrofili e dagli astronomi professionisti con strumenti che vanno dai telescopi amatoriali all'Hubble Space Telescope.

Leggete la pagina Fenomeni del cielo di questo mese per le previsioni sulla luminosità e la localizzazione della LINEAR. Al momento è visibile solo dall'emisfero sud, alta in direzione ovest dopo il tramonto.

— David Tytell —

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Venerdi 4 maggio

A sinistra: Giove, fotografato dal Pioneer 10 il 2 dicembre 1972, 44 ore prima del passaggio della sonda ad appena 133.000 km dal pianeta. La Grande Macchia Rossa gigantyeggia sul terminatore alla sinistra ed il satellite Io (in alto a destra) getta la sua ombra scura. La macchina fotografica del Pioneer riprese le immagini nel blu e nel rosso, in seguito venne aggiunto il verde per realizzare questa immagine a colori. Cortesia NASA/Ames Research Center. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il Pioneer 10 risponde!

Dopo 8 mesi e ½ di silenzio, il Pioneer 10 è ancora una volta entrato in contatto con il controllo a terra. Il 28 aprile, mentre erano all'ascolto di possibili segnali provenienti dalla navicella con il radiotelescopio spagnolo di 70 metri della NASA, i controllori di volo hanno udito i suoi segnali. La lontanissima chiamata è arrivata "forte e chiara" ha detto Lawrence Lasher, manager del progetto Pioneer all'Ames Research Center in California.

La notizia è arrivata dopo settimane di tentativi falliti di raccogliere il debole segnale del Pioneer semplicemente restando all'alscolo. Ora, secondo Lasher nla sonda non può più mantenere una frequenza di trasmissione stabile. Per aggirare questo malfunzionamento, la stazione spaziale ha inviato un segnale portante ad una sola frequenza che è rimbalzato a Terra (dopo un viaggio di 21,8 ore). Questo stesso sistema di comunicazione bidirezionale è stato utilizzato quando hanno sentito per l'ultima volta il Pioneer 10 il 6 agosto 2000. Mantenere il contatto con questa sonda di 29 anni fa è diventato molto difficile perché si trova ad 11,7 miliardi di chilometri dal nostro pianeta e perché la potenza disponibile a bordo è sufficiente appena a far funzionare un trasmettitore di 8 watt. Sebbene la missione sia ufficialmente terminata nel 1997, si è evitato un definitivo spegnimento del Pioneer 10 perché gli ingegneri dell'Ames lo stanno utilizzando per testare un nuovo sistema di inseguimento basato sulla teoria del caos.

Lasher prevede di effettuare altre comunicazioni nelle prossime settimane per verificare le condizioni del Pioneer 10 e per trasmettere alcune istruzioni per il suo mantenimento. Il comando della sonda subì uno stop lo scorso anno quando l'ultimo dei vetusti computer della missione si guastò, complicando gli sforzi per mantenere la sua antenna puntata verso Terra. Da allora in poi, però, le sequenze dei comandi critici sono state trasferite ad un moderno PC. "Siamo ancora in ballo", ha dichiarato Lasher. Secondo James A. Van Allen, il cui tuto Geiger telescopico è l'unico strumento che invii ancora informazioni, il Pioneer 10 potrebbe raggiungere il confine che segna il vero spazio interstellare in pochi anni. Anche se i mesi saranno molti, con Lasher spera che la sonda funzioni ancora quanto basta da annunciare il suo arrivo.

— J. Kelly Beatty —

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Giovedi 3 maggio

A sinistra: Disegno di come un buco nero "ingoia" i gas da una stella compagna. Tutta la materia che non oltrepassa l'orizzonte degli eventi del buco nero schizza via attraverso getti superluminali. Cortesia NASA/Honeywell Max-Q Digital Group/Dana Berry. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Altre prove dell'esistenza di buchi neri rotanti

Con il satellite Rossi X-ray Timing Explorer, gli astronomi hanno scoperto la prova migliore dell'esistenza di buchi neri che ruotano. Mentre analizzava le emissioni X provenienti dal microquasar GRO J1655-40, Tod E. Strohmayer scoprì un'"oscillazione quasi-periodica" o QPO, in un buco nero con una frequenza di 450 cicli al secondo, la più veloce mai osservata in un oggetto di questo tipo. L'unico modo in cui qualcosa potrebbe orbitare così velocemente sarebbe quello di muoversi molto vicino all'orizzonte degli eventi di un buco nero, con quest'ultimo che fa ruotare ed attira a sè lo spazio circostante.

Spesso le QPO sono dovute a bolle di gas caldi che girano velocemente intorno a stelle di neutroni. La frequenza dell'oscillazione dipende dal raggio orbitale e dalla massa della stella di neutroni. La QPO in J1655-40 però, ha una frequenza superiore a quella che sarebbe permessa fisicamente. Per spiegare il fenomeno Strohmayer è giunto alla conclusione che la rotazione del buco nero la sta accelerando. Strohmayer sospetta che questa avvenga a non più di 30 km dall'orizzonte degli eventi del buco nero, un valore che sembra molto piccolo dato che l'orizzonte stesso ha un raggio di soli 20 km.

Per un certo periodo, i buchi neri rotanti furono sotto i riflettori. Come è riportato nel numero del dicembre 1997 di Sky & Telescope, Andrew C. Fabian (Cambridge University) scoprì che la galassia di Seyfert MCG-6-30-15 ha un buco nero con uno spettro il cui redshifts richiede una veloce rotazione ed un "sistema di trascinamento" dello spazio circostante. Nel 1997 inoltre, Shuang N. Zhang (NASA/Marshall Space Flight Center) e colleghi misurarono J1655-40 e scoprirono le prove della rotazione di un buco nero sotto forma di getti superluminali. Seconod gli scienziati, i buchi neri rotanti possono produrre getti superveloci come questi.

— David Tytell —

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Giovedi 3 maggio

A sinistra: Mappe del cielo osservato con il Degree Angular Scale Interferometer (DASI), uno degli esperimenti che fotografano la radiazione cosmica nelle microonde. Ciascun campo di 3,4° di cielo mostra differenze di temperatura di circa 0,0001° Kelvin nell'universo emerso dal Big Bang. La risoluzione è di 1/3°. Cortesia team DASI. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Si rafforza la Nuova Cosmologia

La cosmologia, lo studio dell'intero universo e della sua origine, in questi giorni sta segnando delle tappe importanti. Lo scorso fine settimana tre gruppi di ricercatori hanno annunciato delle nuove scoperte che rafforzano il nuovo "modello concordante" dell'universo (con tutti i dati acquisitiNdT) per il quale il cosmo contiene esattamente materia ed energia sufficienti a rendere lo spazio piatto ovvero che il 4 o 5 per cento è composto da materia ordinaria, il resto è rappresentato da una vasta quantità di un qualche tipo di materia oscura esotica e poi dall'appena scoperta e misteriosa "energia oscura" e tutto ciò provoca l'espansione accelerata dello spazio. Le nuove scoperte sono anche una grande rivincita della teoria dell'inflazione di 21 anni fa su come il Big Bang fu spinto durante i suoi primi 10–32 secondi di vita.

I nuovi studi hanno misurato le microscopiche fluttuazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo. Questo debole segnale radio, che copre l'intero cielo, giunge a noi da un periodo che va da 300.000 a 500.000 anni dopo il Big Bang, quando il gas caldo dell'universo divenne trasparente alla sua stessa radiazione. Le minimi irregolarità nella sua temperatura (misurata in parti per milione) rivelano leggerissime increspature nella sua densità nell'insieme piuttosto omogeneo dell'universo emerso dalla parentesi momentanea dell'inflazione. Secondo la teoria, queste irregolarità iniziarono come microscopiche e casuali fluttuazioni quantiche sulla scala delle particelle elementari per poi ingigantirsi talmente durante la fase inflativa da divenire gli ammassi di galassie che popolano l'universo su larga scala di oggi.

Le dimensioni e l'intensità esatta delle irregolarità dovrebbe indicarcene i volumi. Molti astronomi sono occupati nella ricerca della misura delle loro intensità a differenti dimensioni angolari di cielo. L'intera teoria dell'universo inflazionario prevede che il grafico risultante delle loro intensità debba essere piuttosto complesso e, a certe dimensioni angolari, presentare diversi picchi: "come le armoniche in uno strumento musicale" spiega il cosmologo Wayne Hu (Università di Chicago). Dalle esatte dimensioni e forme di queste armoniche, i cosmologi dovrebbero riuscire a comprendere buona parte dell'origine dell'universo, la sua forma, la sua storia ed il suo contenuto.

Il primo picco fu scoperto l'anno scorso. Dimensione e posizione (ad una dimensione angolare di poco inferiore ad 1°) provarono che lo spazio è piatto; in altre parole, che il cosmo primordiale aveva esattamente la giusta quantità di materia ed energia per un bilanciamento perfetto tra la sua espansione ed il suo collasso. La settimana scorsa, i ricercatori che fanno capo a tre esperimenti in corso nell'Antartide, il pallone BOOMERANG, il MAXIMA ed il Degree Angular Scale Interferometer (DASI), hanno annunciato congiuntamente di aver scoperto il preannunciato secondo picco così come i segni di un terzo. Secondo le previsioni, questi ed i successivi picchi provengono dalla bolle di materia primordiale in caduta su se stessa a causa dell'attrazione gravitazionale, respinta poi verso l'esterno dalla pressione di radiazione e nuovamente in ricaduta.

Alla scoperta del secondo picco, i cosmologi hanno avuto un segnale importante . L'anno scorso, le analisi preliminari dei dati del BOOMERANG e del MAXIMA fecero ritenere che il secondo picco mancasse o che fosse debole. Ciò avrebbe significato che il 7 per cento del contenuto dell'universo fosse costituito da barioni, cioè protoni e neutroni, i mattoni principali degli atomi e pertanto dalla materia ordinaria che conosciamo. Per la fisica nucleare invece, la materia barionica nella prima fase del Big Bang avrebbe dovuto rappresentare solo il 4 o 5 per cento del totale. Il secondo picco annunciato la settimana scorsa combacia pienamente con questa previsione, si tratta quindi di una eccezionale convergenza di due metodi completamente differenti per misurare la quantità di materia ordinaria emersa dal Big Bang.

— Alan M. MacRobert —

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Mercoledi 2 maggio

A sinistra: La sonda 2001 Mars Odyssey ha provato le sue macchine fotografiche inquadrando la Terra. Cortesia NASA/JPL/Arizona State University. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La Terra vista dalla Odyssey

Rivolgendo lo sguardo alla Terra 12 giorni dopo il lancio, avvenuto il 7 aprile, la sonda della NASA 2001 Mars Odyssey ha ripreso queste due immagini del nostro pianeta da una distanza superiore ai 3 milioni di chilometri. Quella nell'infrarosso, ottenuta con il Thermal Emission Imaging System (THEMIS) dell'Odyssey, mostra le temperature del lato notturno terrestre dai –50° Celsius dell'Antartico ai +9° C dell'Australia nord-orientale, rilevazioni che ben coincidono con le rilevazioni effettuate a terra.

L'Odyssey arriverà su Marte il 24 ottobre, trascorrerà diversi mesi effettando l'aerofrenata passando ad un'orbita bassa ed inizierà la missione scientifica della durata di 29 mesi nel gennaio 2002. Se tutto andrà come previsto, la sonda effettuerà la mappatura mineralogica di Marte ad alta risoluzione, con anche la ricerca di qualsiasi traccia della presenza di acqua al di sotto della superficie, lo studio dell'atmosfera e del clima del pianeta ed una ricerca sulle radiazioni che un qualche giorno nel futuro potrebbero investire gli esploratori terrestri.

— Alan M. MacRobert —

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