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Edizione italiana a cura di Mario Farina

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La formazione dei pianeti nelle nebulose

Studiare le stelle lontane con la gravità

Una coppia nella Cintura di Kuiper

La luce cinerea ed il clima terrestre


Venerdi 27 aprile

A sinistra: Il disco più grande nella Nebulosa di Orione, chiamato 114-426, misura approssimativamente 165 miliardi di chilometri (1,1 unità astronomiche) di diametro. Contiene granelli di polvere 25 volte più grandi di quelli osservati nello spazio interstellare: la prova della presenza di un pianeta in formazione. Cortesia John Bally, Mark Caughraen/NASA/STScI

La formazione dei pianeti nelle nebulose

Sembra che i tre fattori principali nella formazione di sistemi planetari nelle nebulose siano: il luogo, il luogo ed ancora il luogo dove avviene. Secondo uno studio condotto da Henry Throop (Southwest Research Institute) e colleghi, infatti, l'ambiente che circonda un disco protoplanetario influisce pesantemente sul tipo di sistema che si forma.

Con l'Hubble Space Telescope, Throop ha osservato diversi dischi vecchi di milioni di anni all'interno della Nebulosa di Orione. Nei dischi, ha scoperto dei granelli delle dimensioni di 5 microns, circa 1/10 del diametro di un capello umano mentre di solito la normale polvere interstellare è formata da granelli di soli 0,1-0,2 micron. La crescita apparente dei granelli significa che siamo alla vigilia della formazione di un addensamento protoplanetario.

E' noto che la Nebulosa di Orione è anche la casa di oltre due dozzine di stelle di tipo O. Queste giganti causano un'intensa erosione in qualsiasi disco che si trovi entro una distanza di circa 0,3 anni luce. Il tremendo flusso di energia che producono soffiano i gas del sistema mentre la loro intensa radiazione ultravioletta spazza ne via tutto il ghiaccio. Secondo il modello elaborato da Throop ed altri, il sistema che ne risulta è piuttosto anomalo: non c'è gas sufficiente a formare pianeti giganti come Giove e neppure ghiaccio per formare una Cintura di Kuiper o delle comete. Tutto quello che resta, invece, è un insieme di corpi rocciosi simili, per molti aspetti, a Mercurio.

Ma, se il disco ha avuto la fortuna di trovarsi in una "zona d'ombra", dice Throop, la formazione dei giganti gassosi e dei pianeti normali può procedere. Poiché le stelle di tipo O hanno una vita molto breve (fino a 100 milioni di anni), i dischi possono formarsi facilmente dopo che le stelle hanno scatenato il loro inferno. I dettagli dello studio sono pubblicati questa settimana su Science.

— David Tytell —

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Venerdi 27 aprile

A sinistra: Una stella apparentemente insignificante (indicata dalla freccia) a metà del 2000 aumentò di luminosità a causa degli effetti gravitazionali di un sistema binario in primo piano. A destra: Un grafico del cambiamento della luminsità, chiamato curva di luce, rivela il doppio picco dovuto ai due passaggi. Le frecce rosse indicano quando gli astronomi hanno effettuato le osservazioni spettrali con il riflettore di 8,2 metri Antu del Very Large Telescope all'European Southern Observatory. Cortesia ESO. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Studiare le stelle lontane con la gravità

Un team internazionale di astronomi ha studiato l'atmosfera di una stella a 25.000 anno luce di distanza. Il risultato è stato ottenuto, in larga parte, grazie a due piccole stelle che si trovano lungo la strada che porta all'astro in questione.

Per diversi anni, gruppi di ricercatori hanno monitorato dei campi stellari alla ricerca di graduali aumenti di luminosità. I cambiamenti di magnitudine osservati non sono dovuti alla natura variabile delle stelle stesse ma all'effetto lente gravitazionale. Quando un oggetto piccolo ma massivo attraversa la linea di vista di una stella sullo sfondo, la gravità della stella in primo piano distorce la luce proveniente dall'oggetto più distante. L'effetto è è quello di mettere a fuoco la luce della stella. Il ciclo dell'aumento di luminosità e di diminuzione della cosiddetta microlente può durare diverse settimane. Gli astronomi sperano che le ricerche su queste microlenti possano aiutarli a stima la quantità di materia oscura nella galassia scoprendo le prove della presenza di nane brune ed altri corpi che non si possono rilevare con altri metodi.

Il 5 maggio 2000, gli astronomi del programma EROS hanno scoperto una candidata microlentee presto altri programmi di osservazione seguirono l'evento, denominato EROS-BLG-2000-5. Dopo circa un mese, la stella è aumentata significativamente di luminosità, confermando che il fenomeno era dovuto ad una coppia di stelle nane che passavano davanti ad una gigante rossa nel nucleo centrale della Via Lattea. I ricercatori prevederono, inoltre, che l'astro avrebbe presentato un altro aumento di luminosità poche settimane dopo. Al Very Large Telescope dell'European Southern Observatory gli astronomi si prepararono all'evento e quando la stella aumentò nuovamente di luminosità, all'inizio del luglio 2000, in diverse ne ripresero lo spettro. Durante il passaggio delle nane in primo piano sul disco della stella gigante, l'effetto lente enfatizzò le emissioni provenienti dalle sue diverse aree, mostrandone la struttura in profondità. All'ESO, vennero tracciati i cambiamenti nell'emissione dell'idrogeno a differenti profondità dell'atmosfera, che combaciarono con i modelli esistenti.

Per ulteriori dettagli ed immagini, leggete il comunicato stampa online.

— Stuart J. Goldman —

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Venerdi 20 aprile

A sinistra: L'oggetto della Cintura di Kuiper denominato 1998 WW31 nell'immagine del 22 dicembre scorso (a sinistra) appare doppio. L'elaborazione in falsi colori (a destra) mostra che un membro della coppia, risolta con difficoltà, è più luinoso dell'altro. Cortesia Christian Veillet (Canada-France-Hawaii Telescope).

Una coppia nella Cintura di Kuiper

Lo sciame di oggetti che si trovano oltre Nettuno nella regione nota come Cintura di Kuiper diventano sempre più curiosi. Nel dicembre scorso, mentre controllavano 1998 WW31, un oggetto scoperto un paio di anni prima, Christian Veillet e due colleghi si resero conto che a volte appariva allungato, a volte doppio. La notizia della scoperta della sua natura binaria è stata annunciata questa settimana dalla Circolare IAU 7610.

Il team di Veillet registrò 1998 WW31 con il telescopio franco-canadese-hawaiano di 3,6 metri delle Hawaii e la nuova camera da 100-megapixel. Anche così, con la sua 23° magnitudine ed alla distanza di 6,9 miliardi di chilometri, 1998 WW31 non svelò molto di se. Fortunatamente una serie di osservazioni rprese quasi un anno prima lo mostravano doppio ed allungato, svelandone la natura binaria. Per Veillet le due componenti orbirano ad almeno 40.000 km di distanza ed una è di 0,4 magnitudini più luminosa dell'altra. Per questo gli oggetti avrebbero un diametro di circa 150 e 200 km. Maggiori informazioni al sito web di Veillet CFHT Web site.

— J. Kelly Beatty —

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Venerdi 20 aprile

A sinistra: Osservando i cambiamenti nella luce cinerea terrestre, il riflesso della luce solare sul lato scuro della Luna, i ricercatori sperano di seguire la riflettività del nostro pianeta. Qualsiasi tendenza a lungo termine potrebbe essere posta in relazione alle modificazioni del clima terrestre. Cortesia Alson Wong. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La luce cinerea ed il clima terrestre

Riprendendo una tecnica osservativa sviluppata all'inizio del XX secolo, gli astronomi osserverano la Luna nella speranza di seguire meglio il clima terrestre. Su Geophysical Research Letters del primo maggio, Philip R. Goode (New Jersey Institute of Technology) e colleghi spiegano come monitoreranno la luce cinerea, la debole luminosità del lato scuro lunare durante la fase crescente, per analizzare la riflettività terrestre, chiamata anche albedo. La quantità di luce solare che il nostro pianeta rimanda nello spazio è un elemento importante del contenuto energetico dell'atmosfera. Le polveri e gli aerosols nelle nubi e le nevi riflettono la maggior parte della luce solare che ricevono. Qualsisai radiazione che non viene riflessa viene assorbita, quindi quando la Terra non è così riflettiva, deve aumentare la sua temperatura.

Alla fine del 1920, l'astronomo francese André Danjon compì le stesse osservazioni. Per più di due decadi con i suoi colleghi ha monitorato la luce cinerea terrestre con un fotometro. Le moderne osservazioni vengono eseguite con un riflettore di 15 cm ed una camera CCD al Big Bear Solar Observatory in California. Gli astronomi riprendono due regioni lunari durante la fase crescente e le uniscono ad altri dati come la copertura nuvolosa e la quantità di superficie coperta dal manto nevoso o dal ghiaccio. Osservando quanto diventa chiara la parte illuminata della Luna, i ricercatori possono determinare l'albedo dell'intero pianeta.

Il team di Goode riferisce che mediamente la Terra riflette il 30 per cento della luce solare che la colpisce e che la sua albedo, durante il giorno, può variare del 5 per cento. Inoltre le differenze di albedo dovute ai cambiamenti stagionali provocano variazioni di molto superiori a quanto previsto dai modelli elaborati al computer e la Terra sembra essere un poco più luminosa rispetto ai dati raccolti durante il 1994-95. In ogni caso è troppo presto per trarre qualsiasi conclusione sulle tendenze dei cambiamenti nella riflettività. Le misure della luce cinerea terrestre proseguiranno per molti anni per avere delle medie dei cambiamenti giornalieri e stagionali, prima di poter trarre qualsiasi conclusione climatologica.

Per ulteriori dettagli consultate la Earthshine Project's home page.

— Stuart J. Goldman —

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