Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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Mercoledi 31 maggio

A sinistra: Questa immagine di Mercurio elaborata al computer è formata dall'unione di 60 riprese. La machia bianca (indicata dalla freccia) sembra segnare un cratere da impatto relativamente recente. Il nord è in alto. Si ringrazia la Boston University ed il Boston Museum of Science. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Svelata la faccia nascosta di Mercurio

La vicinanza di Mercurio al Sole rende difficile osservarne la superficie dalla Terra ed anche se il Mariner 10 negli anni '70 effettuò tre flybys, circa metà del pianeta non potè essere fotografato da distanza ravvicinata. Adesso, invece, le riprese effettuate da un team del Museum of Science di Boston insieme agli astronomi dell'Università di Boston, hanno fotografato il lato mai visto di Mercurio e svelato caratteristiche importanti del suo emisfero settentrionale.

Ron Dantowitz e Marek Kozubal del Museo, aiutati da Scott Teare (Università dell'Illinois) con il riflettore di 60 cm del Mount Wilson Observatory, hanno osservato Mercurio il 28 agosto 1998 per circa un'ora e mezza approssimativamente 30 minuti prima dell'alba, la cupola è stata utilizzata per schermare il Sole dopo che era sorto. Questa soluzione ha permesso di osservare il pianeta quando era abbastanza alto, minimizzando gli effetti di degrado atmosferico che ci sono in prossimità dell'orizzonte. Le immagini sono state ottenute con un dispositivo ad accoppiamento di carica (CCD) con tempi di esposizione di 1/60° di secondo e quindi inviate sia ad un videoregistratore analogico sia ad un sistema di memorizzazione digitale. Per svelare i dettagli sulla superficie del pianeta, le immagini migliori sono state riunite con un computer ed il risultato finale sono immagini composite relativamente prive dell'effetto negativo dell'atmosfera terrestre. I risultati di entrambi i team sono apparsi nel numero di maggio 2000 dell'Astronomical Journal. Jeffrey Baumgardner, a capo del gruppo dell'Università di Boston, presenterà i risultati il 2 giugno al meeting dell'American Geophysical Union a Washington, D.C.


Venerdi 26 maggio

A sinistra: Al progetto del Next Generation Space Telescope il telescopio di 8 metri successore dell'Hubble Space Telescope è stata data la massima priorità per l'astronomia americana del prossimo decennio dal National Research Council. Questo disegno artistico illustra lo strumento proposto dalla Lockheed-Martin. Si ringrazia la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Decise le priorità della ricerca americana

Ogni 10 anni, il National Research Council riunisce il comitato di astronomi Decadal Review per consigliare al governo americano le ricerche e gli investimenti da effettuare nel prossimo decennio. La settimana scorsa, il NRC ha reso note le sue raccomandazioni su Astronomia ed astrofisica nel Nuovo Millennio. Il rapporto è stato finanziato dalla NASA, dalla National Science Foundation e dalla Keck Foundation.

In cima alla lista dei progetti è il passo successivo all'Hubble Space Telescope: il Next Generation Space Telescope, un mostro di 8 metri posto in orbita intorno al Sole. Dovrebbe essere 100 volte più sensibile di Hubble ed avrà una risoluzione di molte volte superiore. Il progetto è ben avviato ed il lancio è previsto per il 2008 o 2009.

Tra le altre raccomandazioni del consiglio abbiamo:

Per maggiori informazioni leggete il comunicato stampa online.


Mercoledi 24 maggio

Tre nuove meteoriti marziane

Gli specialisti in meteoriti hanno annunciato recentemente che tre nuove pietre si sono unite alla selezionata fraternita di oggetti noti per la loro provenienza da Marte. Due, di considerevoli dimensioni, Dar al Gani 670 e 735 pesano rispettivamente 1,619 e 588 grammi, sono venuti alla superficie nel deserto sahariano libico. Questi, leggermente erosi, hanno una composizione ed un aspetto talmente simili a quelli di un'altra coppia di meteoriti marziani trovati nell'area da far ritenere che probabilmente si tratti di quattro frammenti si un singolo oggetto. Nel frattempo, i geologi russi hanno reso noto che anche un altro meteorite, del peso di 1,056 grammi proveniente dalla regione di Dhofar, ha una composizione marziana. Di interessante, questa pietra (Dhofar 019, anch'essa un basalto) ha che è priva della "crosta" di vetro fuso tipica della maggior parte delle meteoriti, il che farebbe pensare che anch'essa sia parte di un oggetto di più vaste dimensioni spezzatosi durante l'ingresso nell'atmosfera. Se consideriamo che tutte le pietre ritrovate a Dar al Gani siano parte di uno stesso oggetto, queste nuove scoperte portano a 15 il numero di meteoriti marziane conosciute.


Martedi 23 maggio

A sinistra: Nel 1996 l'Hubble Space Telescope fotografò Io ed un'eruzione alta 400 km del vulcano Pele (indicata dalla freccia) vista di profilo sullo sfondo del disco bluastro di Giove. Si ringraziano John R. Spencer (Lowell Observatory) e la NASA. In alto a destra: Un buon esempio dei variopinti vulcani di Io che punteggiano la superficie di Io è Culann Patera, osservato da vicino durante il fly-by del 25 novembre scorso effettuato dalla Galileo. Secondo nuove ricerche le macchie rosse della superficie sono strati freschi di una forma instabile di sulfuri, che nel tempo dovrebbero dissolversi e diventare gialli. Si ringraziano il Lunar and Planetary Laboratory (Università dell'Arizona) e la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Gli indizi nei colori di Io

Grazie ai recenti risultati dell'orbiter della sonda Galileo della NASA e dell'Hubble Space Telescope (HST), i geochimici sanno meglio perché i vulcani del satellite Io sono così riccamente colorati e potenti. Stando ad una ripresa dell'HST del 1996 si ritiene che il pennacchio che si innalza a forma di ombrello dal vulcano Pele sia una miscela di polvere fine e gas biossido di zolfo (SO2). Un'altra osservazione dell'HST eseguita nell'ottobre scorso però, rivelò che Pele il camino di Pele conteneva un'abbondante fonte di zolfo biatomico (S2). Come spiegano John R. Spencer (Lowell Observatory) ed altri nel numero del 19 maggio di Science, una volta sulla superficie il sulfuro dovrebbe velocemente trasformarsi in molecole di S3 o S4, che sono di color rosso acceso. Nel tempo, queste dovrebbero convertirsi in S8, la forma più comune di sulfuro, di colore giallo.

Questa sequenza di reazioni spiegherebbe perché Pele e molti altri vulcani di Io siano circondati da anelli color cremisi che si dissolvono col tempo. Nessuno, però, ha ancora compreso cosa provochi le aree di color verdastro ma la conoscenza delle abbondanze relative di S2 ed SO2 ci aiuterebbe a inquadrare la chimica e le temperature all'interni di Io. Per esempio, adesso è chiaro che le eruzioni di Pele emettono magma privo di ferro (come si sospettava) alla temperatura di 1.300-1.500 gradi Celsius.


Venerdi 19 maggio

A sinistra: In origine, il Multiple Mirror Telescope aveva sei specchi di 1,8 metri. Lo strumento è stato convertito in uno con uno solo specchio primario di 6,5 metri. Cortesia Fred Lawrence Whipple Observatory. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Lifting per il telescopio MMT

Il più grande telescopio a specchio singolo del Nord america, il Multiple Mirror Telescope (MMT) posto sulla sommità di Mount Hopkins in Arizona, sarà sede, il 20 maggio, di una cerimonia di riapertura. Quando venne concepito, alla fine degli anni '70, la serie di sei specchi di 1,8 metri di diametro rappresentò una radicale innovazione rispetto ai tradizionali specchi esistenti e fece dell'MMT il terzo strumento ottico al mondo per dimensioni. Ora, per aggiornare il design ed incrementarne la potenza, l'Università dell'Arizona e la Smithsonian Institution hanno rimpiazzato la serie di specchi con uno specchio solo di borosilicato più leggero di 6,5 metri di diametro, a forma di nido d'ape. L'area di raccolta della luce adesso è 2,5 volte maggiore ed il suo campo visivo è stato ingrandito di 15 volte rispetto alla configurazione originale, dando agli astronomi la possibilità di studiare con una sola inquadratura un cielo 200 volte più vasto. Proseguendo nella tradizione, il nuovo telescopio farà uso delle ottiche adattive per la correzione dell'aberrazione atmosferica. Uno spettrografo a fibre ottiche potrà analizzare centinaia di galassie contemporaneamente.

Il rifacimento, del costo di 20 milioni di dollari, è stato effettuato presso il Mirror Lab dell'Università dell'Arizona.


Giovedi 18 maggio

A sinistra: Oltre 18 tonnellate di borosilicato sono pronte per essere fuse nel crogiuolo dello gigantesca fornace rotante dello Steward Observatory Mirror Lab. Il disco ottenuto, di 8,4 metri di diametro, diverrà uno degli specchi primari del Grande Telescopio Binoculare, che sarà completato nel 2004. Cliccate sull'immagine per ingrandirla. Si ringrazia l'Università dell'Arizona.

Uno specchio di 8 metri entra nella fornace

Si sta riscaldando l'atmosfera intorno alla gigantesca fornace rotante dello Steward Observatory Mirror Lab in Arizona. Da sabato mattina, la temperatura dovrebbe infatti raggiungere i 1.150° Celsius. Poi, le 18 tonnellate di borosilicato liquefatto verranno versate nello stampo a nido d'ape per realizzare lo specchio di 8,4 metri di diametro.

I tecnici hanno acceso la fornace la mattina di sabato 13 maggio e la faranno ruotare per sette volte al minuto sino alle 4 ora locale del 19, quando la temperatura interna raggiungerà i 750° C ed il vetro comincerà a fondersi. La forza centrifuga spingerà il vetro fuso verso l'esterno dello stampo, dandogli una forma a paraboloide. Questo metodo serve a risparmiare tempo e gli sforzi per dar forma al vetro. Una volta finito, lo specchio sarà destinato al Grande Telescopio Binoculare (LBT) che verrà costruito sulla sommità del Monte Graham in Arizona. Il primo specchio è stato preparato a metà gennaio del 1997.

Potete seguire i progressi dello specchio e vederne la fusione, visitando il sito web del Mirror Lab.


Mercoledi 17 maggio

A sinistra: Questa immagine nell'ultravioletto del cielo a sud dell'eclittica, ripresa dalla sonda Solar and Heliospheric Observatory, rivela il movimento al rallentatore della cometa C/1997 K2, mai osservata da Terra. Cliccate sull'immagine per vedere quattro altre riprese di comete effettuate dal SOHO. L'altra scala è la longitudine delle'eclittica. Si ringrazia lo SWAN instrument team.

Osservata una cometa "mai vista"

Analizzando le immagini della sonda Solar and Heliospheric Observatory (SOHO), un team di scienziati finlandesi e francesi ha scoperto una cometa divenuta relativamente luminosa al perielio avvenuto nel 1997 ed il cui avvistamento è rimasto nascosto agli osservatori terrestri. La cometa in questione, C/1997 K2, è una delle cinque rilevate dalla sonda nell'eclittica meridionale tra il dicembre 1995 ed il luglio 1998. J. Teemu T. Mäkinen (Finnish Meteorological Institute) e colleghi riportano la scoperta nel numero del 18 magio di Nature.

Lo strumento Solar-Wind Anisotropies (SWAN) della SOHO fotografa l'intera sfera celeste tre volte a settimana alla frequenza di 121,6 nanometri, quella delle emissioni ultraviolette degli atomi d'idrogeno (Lyman-alfa). Considerato che le comete emettono copiose quantità di acqua che la luce solare scinde in atomi di idrogeno ed ossigeno, l'emissione Lyman-alfa è un valido indicatore dell'attività della cometa. Le immagini dello SWAN risolvono, peraltro, il cielo in modo abbastanza grezzo per rilevare la cometa infatti il team ha combinato 309 mappe di cielo e lasciato che il computer identificasse eventuali oggetti in movimento. C/1997 K2 è una delle 18 come te scoperte (tutte le altre erano già note) e, il 26 giugno 1997 raggiunto il perielio a 230 milioni di km dal Sole, emise circa mezza tonnellata d'acqua al secondo. Allora raggiunse probabilmente pressapoco la magnitudine 11, una luminosità appena raggiungibilie dai telescopi amatoriali ma ben dentro la soglia di rilevabilità delle survey eseguite dagli strumenti professionali. Probabilmente sfuggì alla rilevazione visuale a causa della forte declinazione meridionale. E' stato un peccato che i dati dello SWAN non siano stati elaborati in tempo reale, ha detto Mäkinen, aggiungendo che "la cometa Tillbrook (C/1997 O1), molto simile, fu chiaramente visibile nelle immagini dello SWAN un mese prima della sua scoperta".


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