Pioggia cosmica

di Julie Wakefield

Tratto da
Sky & Telescope

(Edizione italiana a cura di Mario Farina)

Immagine delle

Sopra: Cos'è piombato nell'Oceano Atlantico, attraversando la nostra atmosfera, la notte del 26 settembre 1996? La lunga e luminosa scia, catturata da una fotocamera sensibile all'ultravioletto a bordo del satellite Polar della NASA, fa ritenere che l'oggetto si sia disgregato tra 25.000 e 8.000 chilometri di altezza (la mappa terrestre è stata aggiunta in seguito come riferimento). Secondo la controversa teoria di Louis Frank e John Sigwarth, il missile interplanetario è una cometa in miniatura, delle dimensioni cioè di una casa di due vani. Clicca sull'immagine per vederla ingrandita (21K JPEG). Cortesia NASA/Goddard Space Flight Center ed Università dell'Iowa.

QUANDO IL FISICO SPAZIALE Louis A. Frank pubblicò per la prima volta, sul numero del 1° aprile 1986 della rivista Geophysical Research Letters, la sua ipotesi che l'atmosfera terrestre è bombardata da un flusso di palle di neve cosmiche, i giornalisti lo contattarono chiedendogli se si trattasse di un pesce d'aprile. Molti, nella comunità scientifica, pensarono la stessa cosa fin quando realizzarono che lo scienziato dell'Università dell'Iowa faceva sul serio. In seguito, classificarono il suo annuncio al pari di una chimera.

Adesso, undici anni dopo, è tornato alla carica per consumare una, almeno parziale, vendetta. Immagini nel visibile e nell'infrarosso, riprese nel corso dell'anno passato da un trio di telecamere a bordo della sonda Polar, confermano l'esistenza di una classe di oggetti in precedenza sconosciuti. Secondo Frank ed il suo collega dell'Università dell'Iowa John B. Sigwarth, questi oggetti si disintegrano tra 26.000 ed 8.000 chilometri di altezza riversando nella parte superiore dell'atmosfera, enormi nubi di vapore acqueo che potrebbero poi cadere sulla Terra sotto forma di pioggia. Di dimensioni approssimative simili a quelle di una piccola casa e con una massa oscillante tra 16 e 36 tonnellat, queste minicomete raggiungono il pianeta con una frequenza da 5 a 30 volte al minuto.

Buco atmosferico Left: (16K JPEG) Quando il satellite Polar ha volto lo sguardo verso la Terra, come vediamo in questa ripresa del 6 aprile 1996, ha rilevato molte macchie scure da 25 a 40 km di diametro che bloccavano il riflesso atmosferico (la luce ultravioletta diffusa dagli atomi di ossigeno). Queste nubi sono ci ò che resta degli impatti di piccole comete? Se così fosse, sarebbero migliaia quelle che, giornalmente, colpirebbero la Terra. Cortesia NASA/Goddard ed Università dell'Iowa.

Oggetti in arrivo A destra: (15K JPEG) Un trio di fotogrammi ottenuto dal Visible Imaging System (VIS) del Polar, ripreso sei secondi dopo lo scoccare del 31 dicembre scorso ed impressionati da un oggetto in rapida caduta sopra il nord Europa. Poiché il filtro del dispositivo di ripresa isola l'emissione del radicale OH (ossidrile), gli oggetti devono avere un elevato contenuto di acqua (la mappa della Terra è stata aggiunta in seguito come riferimento). Cortesia NASA/Goddard ed Università dell'Iowa.

Le implicazioni seguite alla pubblicazione delle nuove immagini del Polar, presentate in maggio al meeting dell'American Geophysical Union, hanno impressionato e sgomentato come già fecero dieci anni prima le ipotesi di Frank. Secondo il tasso di caduta stimato dai due ricercatori, ogni 10.000-20.000 anni si accumulerebbero più di 2,5 cm di acqua, una quantità sufficiente a fornire buona parte, se non tutta, dell'acqua nel corso delle varie ere terrestri. Gli scienziati dovrebbero ripensare le teorie sulla formazione terrestre e degli altri pianeti; sull'origine della vita e su come questa pioggia cosmica possa avere influito sui cambiamenti climatici nel corso delle ere geologiche. "La gente avrebbe molto da guadagnare se fossi in errore" ha scherzosamente dichiarato Frank.

La controversia esplose per la prima volta alla metà degli anni ottanta, quando Frank scoprì dei singoli pixel scuri nelle immagini ultraviolette dell'aurora riprese dal satellite Dynamics Explorer 1. Frank, Sigwarth e John D. Craven ritennero che questi "buchi atmosferici" fossero nubi di vapore assorbenti l'ultravioletto, vaste decine di chilometri e depositate nell'atmosfera da piccole comete. Come nuovo editore di Geophysical Research Letters, Alexander J. Dessler era ansioso di stimolare il dibattito e pubblicò l'articolo nonostante il parere contrario dei recensori.

Buco atmosferico (27K JPEG) "L'immagine che ha dato il via a migliaia di critiche" dice Frank, fu un fotogramma del Dynamics Explorer che ritraeva un "buco atmosferico" che apparve sulla copertina di Geophysical Research Letters il primo di aprile 1986.

Alcune prove a favore sono arrivate da quelli che sembrano scrosci d'acqua, rilevati nell'alta atmosfera con osservazioni telescopiche e nelle microonde ma l'azione insistente di una parte degli studiosi ha portato alla scoperta di una falla dietro l'altra nella teoria delle minicomete e ad un successivo attacco a Dessler per aver pubblicato il lavoro. Dessler stesso, ora all'Università dell'Arizona, è diventato l'amplificatore delle critiche a Frank e, cinque anni dopo, in una caustica critica, riassunse le litanie di quelle che molti consideravano le crepe decisive nell'ipotesi.

Frank e Sigwarth non si fecero però intimidire dalle critiche. Per i due, il rumore strumentale non bastava da solo a spiegare le particolarità rilevate nei dati del Dynamics Explorer. Per esempio, perché gli oggetti si muovevano da est verso ovest principalmente nella parte del pianeta rivolta al Sole? Oppure, perché i buchi apparivano di dimensioni maggiori quando la sonda si trovava ad altitudini minori?, un'eventualità impossibile se si fosse trattato di errore strumentale o ancora perché questi oggetti parevano cadere con una frequenza simile a quella di alcuni sciami meteorici? Anche se i ricercatori dell'Iowa non ebbero mai finanziamenti per effettuare le ricerche, con le loro pressioni riuscirono nel febbraio 1996 a fare installare una camera CCD, da loro sviluppata, a bordo del satellite Polar.

RITRATTI PROVOCANTI

La camera CCD per l'ultravioletto lontano riprese i buchi atmosferici come gruppi da 8 a 12 pixel, un miglioramento sensibile rispetto alle macchie di 1 pixel rilevate dal Dynamics Explorer. Frank nota che gli oggetti si vedono anche in fotogrammi consecutivi, rivelando non solo il moto previsto "dall'alba verso il tramonto" ma anche l'espansione della nubi di vapore acqueo. "La prova sorprendente" racconta Frank, è arrivata dalle impreviste osservazioni del Polar delle luminose emissioni dell'ossigeno atomico e dalla rilevazione del radicale OH, prodotto dalla disgregazione delle molecole d'acqua esposte alla luce solare.

Anche se non sono stati ancora pubblicati, i dati del Polar hanno già convertito molti degli scettici dichiarati e sul fatto che le camere a bordo abbiano sicuramente visto qualcosa il consenso sta aumentando. L'esperto dell'atmosfera e critico di vecchia data Thomas A. Donahue (Università del Michigan) ammette: "I dati del Polar hanno dimostrato definitivamente che ci sono oggetti contenenti molta acqua che entrano nell'atmosfera terrestre". Un altro convertito, Robert R. Meier (Naval Research Laboratory), concorda che l'osservazione delle emissioni sia dell'ossigeno che dell'ossidrile "costituiscano un indizio fondamentale per l'ipotesi dell'acqua".

Le dimensioni degli oggetti e la quantità di acqua apportata sulla Terra rimangono peraltro in discussione, così come molti altri dettegli della teoria. L'obiezione verte principalmente su come l'arrivo di questi oggetti sia sfuggito alla rilevazione di altre forme d'osservazione. "Se questi oggetti esistono veramente, qualcuno dovrebbe essere in grado di osservare qualcosa nella stessa posizione e nello stesso momento" avverte Dessler. Per esempio, se fossero veramente così numerosi, massivi e veloci come Frank lascia intendere, viaggiando in un flusso intorno al Sole a più di 30 km al secondo, dovrebbero colpire la Luna circa una volta al minuto producendo una scosssssa rilevabile. "Nessuno è disposto a credere che possano colpire il nostro satellite senza emettere un segnale sismico" dice ancora Dessler.

Modello delle minicomete (29K JPEG) Nel modello di Frank-Sigwarth, piccole comete irrompono nell'atmosfera creando i "buchi" osservati nelle immagini ultraviolette della sonda orbitante. La velocità acquisita porta tutta l'acqua che trasportano nella bassa atmosfera dove divengono parte dellae nostre fonti idriche globali. Cortesia NASA/Goddard ed Universitò dell'Iowa.

Frank sembra avere una risposta per ogni obiezione. A quest'ultima risponde che l'attuale modello delle collisioni non può prevedere con precisione l'impatto di un oggetto che ha una densità pari al 3-5 per cento di quella del ghiaccio. Di conseguenza, sostiene, i segnali sismici sarebbero estremamente deboli.

E del vapore d'acqua che dovrebbe esserci nell'atmosfera lunare? Nel 1992 venne condotto dalla sonda Galileo, durante il passaggio nel sistema Terra-Luna diretta verso Giove, un delicato esperimento per la misurazione dell'emissione Lyman-alfa dell'idrogeno nelle vicinanze del nostro satellite. Questo sforzo avrebbe potuto chiarire la questione ma la forte emissione Lyman-alfa di fondo ha inficiato il risultato. "Non abbiamo trovato nulla di conclusivo, sia pro che contro", ha dichiarato in proposito Charles W. Hord (Università del Colorado), ricercatore della missione Galileo.

Una delle argomentazioni inoppugnabili viene dallo Spacewatch telescope sul Kitt Peak in Arizona, che rivela continuamente piccolissimi e deboli oggetti nel corso della ricerca di corpi near-Earth. "Se la stima di Frank degli impatti è esatta", fa notare l'osservatore James V. Scotti dello Spacewatch, "ogni notte dovremmo trovare migliaia di questi oggetti, ma non è così. Qualsiasi cosa siano" sottolinea Scotti, "non sono oggetti di 10 metri in arrivo con traiettoria eliocentrica"

Persino i nuovi sostenitori concordano che molte domande restano senza risposta, compreso quella se si tratti realmente di piccole comete. Come entrino nell'atmosfera e si disgreghino a diverse migliaia di chilometri dalla suoerficie terrestre resta ancora poco chiaro. "Per esempio lacqua dovrebbe fermarsi da qualche parte a 50-60 km di altezza" chiarisce Meier. "Se così fosse, l'OH si dissocierebbe in ossigeno ed idrogeno e quest'ultimo finirebbe nell'esosfera".

LA BATTAGLIA RIPRENDE

Mentre Frank è pienamente cosciente che il suo straordinario annuncio richiede straordinarie conferme, i dati del Polar hanno dimostrato le sue ragioni ed infatti afferma: "In dieci anni nessuno ha fornito una spiegazione alternativa a questi buchi atmosferici". Già qualche critico, come Dessler per esempio, ha preferito il silenzio, "lottare contro un'ipotesi già minuziosamente analizzata e bocciata come quella delle minicomete è come - sparare ad un uomo morto-" ha detto.

"Dobbiamo tornare a tavolino e pensare cosa stia realmente accadendo là fuori" afferma MeierMentre non è in progetto alcuno studio specifico, Frank vorrebbe innanzitutto compiere dei rilievi ad alta quota nell'infrarosso per vedere "quanto materiale vi si trova veramente". Secondo lo scienziato Robert A. Hoffman (NASA/Goddard Space Flight Center) del progetto Polar, almeno un'agenzia militare è interessata allo studio del fenomeno ed altre proposte arriveranno sicuramente.

A chi toccherà ridere per ultimo potrebbe restare un mistero per molti anni ancora ma persino Dessler è convinto che la scoperta di Frank e Sigwarth attirerà l'attenzione per molto tempo ancora.

Julie Wakefield, è redattrice specializzata in tematiche spaziali al Washington City Paper. Per maggiori informazioni sulla questione delle minicomete, tra cui molte pubblicazioni scientifiche, consultate il sito web "Small Comets" di Louis Frank.


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