La classificazione
degli spettri stellari

di Alan MacRobert

Tratto da Sky & Telescope
settembre 1996

(Edizione italiana a cura di Mario Farina)

Spettrogramma delle Iadi

In alto: Uno spettrogramma dell'ammasso delle Iadi, ottenuto con un obiettivo prismatico posizionato davanti all'obiettivo del telescopio che è stato traslato verticalmente durante l'esposizione per ottenere in una striscia lo spettro di ciascuna stella (nel riquadro in basso a sinistra un particolare ingrandito). L'Henry Draper Catalogue delle classi spettrali fu compilato esaminando centinaia di immagini simili a questa ma in bianco e nero. Si ringrazia Freeman Miller, University of Michigan Department of Astronomy.

QUAL'E' LA CARATTERISTICA PIU' IMPORTANTE DI UNA STELLA ?
Probabilmente la magnitudine apparente ma subito dopo viene la sua classe spettrale. Senza questa informazione infatti, una stella è un semplice punto luminoso. Aggiungiamo alcune lettere e numeri, ad esempio G2 V oppure B5 IV-Vshnne, e la stella improvvisamente acquisterà personalità e carattere. Chi può comprendere il significato di queste sigle sa che dal codice spettrale di una stella è possibile gettare una luce sul tipo di oggetto che stiamo osservando : il colore, le dimensioni, la luminosità, il suo passato ed il suo futuro, le peculiarità e le differenze o le affinità rispetto al Sole ed a tutti gli altri tipi di stelle.

Il sistema di classificazione spettrale oggi in uso ha avuto dal momento della sua ideazione, nel 1943, un successo tale da essere cambiato pochissimo da allora. E' basato su due proprietà fisiche che, da sole, bastano a segnare in modo indelebile lo spettro della luce della stella: la sua temperatura e la sua pressione atmosferica. Queste caratteristiche da sole forniscono una quantità di informazioni tale da permettere di tracciare il ritratto della stella e la storia della sua vita.

La temperatura ne definisce il colore e ci informa sulla sua luminosità superficiale ovvero quanta luce viene emessa per ogni metro quadrato della superficie. La pressione dipende dalla gravità e quindi, a grandi linee, dalle sue dimensioni e ci permette di conoscere se ci troviamo di fronte una stella gigante, una stella nana o una via di mezzo. Dimensioni e luminosità superficiale insieme definiscono a loro volta la luminosità della stella (la luce totale emessa o magnitudine assoluta) e spesso la fase della sua evoluzione: cioè se si tratta di una stella giovane, di mezza età oppure se è prossima alla sua fine; la luminosità ci fornisce inoltre un'idea della distanza a cui si trova.

Oltre al tipo spettrale, ulteriori lettere possono definire alcune caratteristiche dell'astro: peculiarità nella composizione chimica, una particolare estensione dell'atmosfera, una strana attività superficiale, una rotazione veloce o altre caratteristiche "speciali".

SEZIONARE LA LUCE DELLE STELLE

La storia inizia nel 1802, quando lo scienziato inglese William Wollaston fa passare attraverso una fenditura prima ed un prisma poi, un fascio di luce solare. In questo modo Wollaston riesce ad ottenere la scomposizione spettrale del fascio luminoso, una visione ben definita, ad alta risoluzione e senza alcuna sovrapposizione dei colori di quello che è familiarmente conosciuto come arcobaleno. Osservando il Sole in questo modo, Wollaston nota che lo spettro solare è segnato da diverse linee scure di varia intensità. Queste righe scure sono esattamente nella stessa posizione giorno dopo giorno, anno dopo anno. In seguito Joseph von Fraunhofer le misura e cataloga, da qui prenderanno il nome di "righe di Fraunhofer".

Spettri con linee simili vennero osservati nei laboratori scientifici. Utilizzando una fenditura ed un prisma, i fisici scoprirono che quando un solido, un liquido o un gas denso vengono riscaldati fino a farli ardere (si pensi ad un ferro incandescente), emettono un debole spettro luminoso senza alcuna linea scura o chiara: il continuum o spettro continuo.
Un gas caldo rarefatto invece, emette luce solo a determinate lunghezze d'onda o colori: quindi righe di emissione luminose, al posto di un arcobaleno. Se un campione dello stesso gas, questa volta freddo, viene posizionato davanti ad un oggetto incandescente, appariranno delle righe di assorbimento scure, laddove erano apparse le righe di emissione quando lo stesso gas era caldo. Nel 1859, la situazione era chiara: noi osserviamo la superficie solare incandescente attraverso la "fredda" atmosfera solare che sovrappone le righe scure.

Ogni elemento, ogni sostanza chimica, ha le sue righe spettrali caratteristiche e queste sono uniche, come impronte digitali. Rivelano quindi non solo quali atomi o quali molecole siano presenti ma anche altre caratteristiche fisiche, ad iniziare dalla temperatura.

Le righe negli spettri stellari (40K jpeg) Differenti atomi e ioni lasciano nella luce delle stelle le loro impronte digitali a temperature differenti. L'idrogeno per esempio, l'elemento principale di tutte le stelle, è evidenziato con chiarezza solo negli spettri prossimi al tipo A. In stelle di tipo K per esempio, le righe dell'idrogeno si confondono tra le altre centinaia formate dagli elementi più pesanti (denominati "metalli").
© 1997 Sky Publishing Corporation.

A questo punto fu chiara agli scienziati la possibilità di "portarsi il Sole in laboratorio". Posizionando dispositivi dotati di fenditure e prismi (gli spettroscopi) in cui far passare la luce solare sui telescopi, si potevano osservare le righe spettrali nella luce delle stelle.

Le righe negli spettri stellari (43K jpeg) Gli spettri stellari dal caldo al freddo. La temperatura di un astro determina in ampia misura quali righe scure di assorbimento appaiano nello spettro. Sebbene quelli nella figura sembrino reali, sono invece artificiali, essendo frutto di un modello computerizzato di Roger Bell (University of Maryland).
© 1997 Sky Publishing Corporation.

Si trattò della scoperta più sconvolgente dell'astronomia del 19° secolo. I filosofi dissero che la conoscenza delle stelle era qualcosa al di sopra delle possibilità dell'umana conoscenza: adesso si trattava solo di scoprire la composizione del Sole e delle stelle, confrontando le righe spettrali osservate nei telescopi con quelle ottenute in laboratorio. Non sempre fu facile ma la data di nascita della moderna astrofisica era segnata: considerare le stelle come oggetti fisici da studiare e comprendere, piuttosto che punti luminosi da misurare nell'oscurità del cielo, era divenuta una realtà.

LE CLASSI SPETTRALI

La moderna classificazione nacque all'Harvard College Observatory, iniziata nel 1886 sotto la guida di Edward C. Pickering, il gruppo fotografò e classificò centinaia di spettri stellari assegnandogli delle lettere, in ordine alfabetico dalla A alla Q, da quello all'apparenza più semplice a quello più complesso.
Presto però, ci si rese conto che era possibile catalogarli in maniera più semplice: Antonia C. Mauri ed Annie J. Cannon scoprirono che, alterando l'ordine ed riunendo alcune classificazioni sin qui ottenute, era possibile ottenere una sequenza continua e lineare degli spettri stellari. Perno della nuova sequenza era il colore della stella e quindi la temperatura: dalle più calde, di colore blu-bianco, alle più fredde, di colore arancione-rosso.
Era però troppo tardi ormai per riassegnare le lettere della classificazione e quando questa piccola "rivoluzione" fu conclusa, la sequenza definitiva fu questa O B A F G K M dalla più calda alla più fredda.
I tipo spettrali verso il blu vennero definiti "primi" e quelli verso il rosso "avanzati", termini ancora in uso oggigiorno sebbene il concetto che traspare di evoluzione stellare, che le stelle semplicemente si raffreddino col passare del tempo, sia superato da generazioni. A questo punto però, la sequenza poteva essere ulteriormente frazionata. La Cannon suddivise ciascuna lettera in dieci sottoclassi da 0 a 9 cosicché, per esempio, spettri le cui caratteristiche erano a metà strada tra i tipi G0 e K0 poterono essere classificati come G5.

Utilizzando questo schema, la Cannon guidò ad Harvard la classificazione di 325.330 spettri, impressi sulle fotografie a campo largo. Il risultato di questo sforzo fu l'Henry Draper Catalogue (HD) e l'Henry Draper Extension (HDE) le cui pubblicazioni iniziarono nel 1918 e che, a tutt'oggi costituiscono il riferimento.
La memorizzazione mnemonica della sequenza spettrale, consacrata ormai dal tempo, è ancora oggi " Oh Be A Fine Girl Kiss Me", inventata da Henry Norris Russel negli anni in cui la leadership nell'astronomia era esclusivamente maschile.
Pochi altri tipi spettrali non rientrano in nessuna delle classi della sequenza ma sono classificati parallelamente ad essa. Stelle di tipo W o Wolf-Rayet sono stelle blu calde come quelle di tipo O ma mostrano forti righe di emissione sia nell'azoto (WN), che nel carbonio ed ossigeno (WC) o in nessuno dei due (WR), la presenza di righe di emissione indica la formazione di un sottile strato di gas caldi che avvolge la stella.

Alcune stelle giganti hanno nella parte finale dello spettro un eccesso di carbonio. Queste facevano originariamente parte delle classi R ed N ma in seguito furono riunite a formare il tipo C. Le "stelle al carbonio" possono essere osservate anche con piccoli telescopi e sono riconoscibili per la colorazione fortemente arrossata. Un esempio è quello di 19 Piscium (TX Piscium) nell'ovale della costellazione, stella di tipo spettrale C5. Le bande di assorbimento caratteristiche (un insieme di righe sovrapposte) sono dovute alla presenza dei composti carboniosi C2 , CN, e CH che oscurano o "nascondono" la parte finale blu dello spettro. In altre parole, l'atmosfera di carbonio di una stella è come un filtro rosso. Quando vengono osservate in emissione anziché in assorbimento, le stesse bande spettrali diventano blu; gli stessi composti che arrossano in assorbimento una stella di carbonio hanno dato in emissione, la colorazione blu-verde alla cometa Hyakutake.

Anche le rare stelle del tipo S sono delle giganti rosse. Sono parallele a quelle di tipo M solo che anziché mostrare righe intense di ossido di titanio, mostrano quelle dell'ossido di zirconio e dell'ossido di lantanio. Possiamo immaginare che eventuali pianeti in orbita intorno a stelle di tipo S, potrebbero avere la superficie incrostata da gemme di zirconio.

LE CLASSI DI LUMINOSITA'

Anche stelle della stessa classe spettrale hanno linee in assorbimento differenti. In alcune sono strette e definite, in altre sono allargate per varie cause. Tra queste, la principale è la pressione atmosferica, che tra l'altro modifica l'intensità di alcune righe sensibili ai cambiamenti di pressione.
Gli astronomi hanno presto compreso che la pressione atmosferica di una stella, fornisce le informazioni sulla sua gravità superficiale e quindi sulle dimensioni. Righe strette, indicano la presenza di una immensa stella rigonfia, con una tenue atmosfera. Nell'Henry Draper Catalogue, i tipi spettrali furono classificati con un prefisso: d per le stelle nane (dwarf), sg per le subgiganti (subgiant), g per le giganti (giant) e c per le supergiganti (supergiant).

Di tanto in tanto è ancora possibile imbattersi in queste lettere che, ad iniziare dal 1941, furono sostituite da uno schema più dettagliato messo a punto e pubblicato per la prima volta da William W. Morgan e Philip C. Keenan. Con pochissime modifiche, questo nuovo metodo di classificazione denominato "MK" è ancora oggi quello di riferimento. Alle stelle vengono assegnati, in base alla loro luminosità, dei numeri romani: I per le supergiganti (sovente suddivise in ulteriori classi Ia-0, Ia e Ib in ordine di luminosità decrescente), II per giganti luminose, III per giganti normali, IV per le subgiganti, V per le nane della sequenza principale e, saltuariamente VI per le subnane.

Così, una sigla come G2 V, la classe spettrale del nostro Sole, ci informa della sua temperatura e luminosità. Se posizioniamo in un grafico le stelle secondo questa classificazione, il risultato che otteniamo è chiamato diagramma di Hertzsprung-Russel o diagramma H-R. Dal momento della sua ideazione, circa nel 1911, è diventato uno strumento fondamentale dell'astrofisica. Quasi tutte le stelle, si raggruppano in alcune regioni del diagramma H-R, secondo la loro massa ed età.

Le righe negli spettri stellari (86K jpeg) Il diagramma Hertzsprung-Russel, dispone le stelle secondo un grafico tipo spettrale/luminosità intrinseca (magnitudine assoluta) . Qui è mostrato un insieme di stelle reali e virtuali, riunite lungo la sequenza principale ed il ramo delle giganti; possiamo notare come in ogni classe spettrale, è presente un gruppo di stelle giganti o supergiganti. (Basato su un diagramma di James Kaler).
© 1997 Sky Publishing Corporation.

Le stelle si posizionano velocemente nella sequenza principale dopo la loro nascita, ed è in quella zona del grafico che passeranno buona parte della loro esistenza.

Stelle massive (O e B) arderanno intensamente nella parte calda e blu alla fine della sequenza (Fig.4 in alto a sinistra). Bruceranno il combustibile nucleare in pochi milioni o decine di milioni di anni. Stelle di massa minore, incluso le nane gialle, arancioni e rosse nella parte in basso a destra della sequenza principale, dove resteranno per miliardi di anni.

Quando una stella inizia ad esaurire l'idrogeno nel nucleo, si sposta dalla sequenza principale verso la parte in alto a destra ed inizia a diventare una gigante rossa o una supergigante. Astri che iniziano questa fase con una massa superiore alle sei masse solari, evolveranno a destra e sinistra compiendo un tragitto complicato nel diagramma H-R nel tentativo continuare a sostenere i processi termonucleari ed infine esplodono come supernovae. Giganti meno massive evolvono verso sinistra dopodiché scendono per diventare nane bianche; tra 8 miliardi di anni, questo sarà il percorso del Sole nel diagramma H-R.

ANCORA QUALCHE NOTA

Lo spettro può rivelare molte altre cose di una stella. Qualche volta quindi, alla fine della classe spettrale vengono aggiunte delle lettere minuscole per indicarne alcune peculiarità, come indicato a fianco. Alcune sottoclassi spettrali non sono molto note tra gli astrofili. Alcuni si lodano, ritenendosi capaci di identificare la classe spettrale di una stella con discreta precisione, semplicemente dal colore dell'astro nell'oculare. In effetti, il colore è un eccellente indicatore per tipi spettrali "precedenti" (più caldi) la classe K5, dando per certo che non vi sia stato arrossamento interstellare della luce. Questa relazione viene però meno quando si passa verso le ultime K ed M. Confrontate la tinta di Betelgeuse, di tipo M2 Iab, a quella di Aldebaran, di tipo K5 III: molte persone non vedono la differenza.

Allo stesso tempo però, giganti dello stesso tipo possono avere colorazioni differenti, confrontate Mu ed Eta geminorum: sono entrambe di tipo M3 III.

Inoltre, stelle nane di tipo G, K e M non sono così arrossate come le giganti o le supergiganti dello stesso tipo: la differenza di colore e' pari ad una classe e mezza rispetto a quella considerata.

Nella tabella alcuni codici spettrali particolari
Codice Significato
comp
Spettro composto; sono miscelati due tipi spettrali,
segno che la stella è in realtà una binaria non risolta
e
Righe di emissione (generalmente idrogeno)
m
Forte presenza anomala di "metalli" (elementi
oltre l'idrogeno e l'elio), generalmente applicato
a stelle di tipo A
n
Righe di assorbimento diffuse ("nebulose"),
dovuta ad una rotazione veloce
nn
Righe molto diffuse dovute ad una rotazione
molto veloce
neb
Lo spettro di una nebulosa è miscelato a quello
della stella
P
particolarità non specificata, ad eccezione di
quando viene associata al tipo A dove indica
una presenza anomala di intense righe
"metalliche" (correlata al tipo Am)
s
Righe molto sottili ("ben definite")
sh
Stella avvolta da gas (per i tipi dalla B alla F,
con righe di emissione dovute alla presenza di
un "involucro" gassoso)
var
Spettro variabile
wl
Righe deboli (probabilmente una stella vecchia,
povera di "metalli")
Possono essere aggiunti dei simboli relativi alla presenza di
elementi che formano intense righe anomale. Per esempio,
Epsilon Ursae Majoris nell'Orsa Maggiore è di tipo
A0p IV:(CrEu), il che indica la presenza di linee intense di cromo
ed europio. I due punti indicano l'incertezza sull'appartenenza alla
classe IV di luminosità.

In ultimo, le differenze negli spettri delle stelle sono di gran lunga maggiori delle differenze nella loro composizione. Una stella di tipo A potrebbe sembrare composta esclusivamente da idrogeno, mentre una di tipo K mostra solo tracce di questo elemento, in uno spettro oltretutto affollato di righe di elementi "metallici" (termine astronomico per indicare tutti gli elementi che non siano idrogeno o elio). Stelle di tipo A e K invece sono composte dalla stessa materia. Solo che le linee spettrali di atomi e ioni diversi, si evidenziano maggiormente a temperature differenti. Persino le stelle al carbonio sono composte essenzialmente da idrogeno ed elio. Le "vere" abbondanze degli elementi possono essere misurate veramente in una stella, ma si tratta di un duro lavoro di comparazione di precise righe in spettri altamente definiti con quelle previste dalle teorie atomiche o quelle misurate in laboratorio.

Per buona parte del ventesimo secolo, l'astronomia è stata lo studio dello spettro nella luce visibile. Negli ultimi decenni, le opportunità offerte dalle lunghezze d'onda al di fuori del visibile ed altri entusiasmanti progressi hanno distolto l'attenzione da questo campo. Ciò nonostante, rimane il pilastro su cui si regge la moderna astronomia.

Alan MacRobert è editore associato di Sky & Telescope ed un esperto astrofilo. S&T è la più autorevole rivista di astronomia amatoriale popolare, pubblicata mensilmente dal 1941 e letta da circa 200.000 astrofili ed astronomi di tutto il mondo.


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