Guardando il cielo si vede subito che alcune stelle sono più luminose di altre. Inoltre la luce che la stella emette, durante il tragitto fino alla Terra, deve attraversare una quantità di materia interstellare che ne assorbe una parte (assorbimento interstellare); la stessa atmosfera terrestre contribuisce a questo assorbimento.
Per cui una stella che magari è più luminosa ma più lontana di un'altra, ci appare più debole. Sorge allora la necessità di avere un metro valido in generale per misurare la luminosità di un astro.
La dicitura apparente è dovuta al fatto che ci si riferisce alle luminosità delle stelle così come appaiono viste dalla superficie terrestre. In realtà questa scala non ci permette di classificare e quindi confrontare correttamente le stelle tra di loro, in quanto la differente magnitudine apparente può dipendere sia dal diverso splendore intrinseco dell'astro sia dalla diversa lontananza dalla Terra.
Anche volendola utilizzare, si deve tener conto che la scala è di tipo geometrico, ovvero la stella di magnitudine apparente 1 non è 5 volte più luminosa di una di magnitudine 6 ma ben 100 volte. Questo fatto è legato alla legge psicofisica di Fechner che dice in sostanza che quando una sensazione varia con progressione aritmetica vuol dire che lo stimolo, che l'ha determinata, è variato in progressione geometrica.
In ogni caso la scala non è utile così com'è e se ne costruisce una semplice trasformazione: la magnitudine assoluta.
Il legame tra la magnitudine relativa ( m ) a quella assoluta ( M ) è dato dalla seguente relazione :
dove d è la distanza della stella in Parsec. Da questa relazione si può notare che se si conosce la distanza di una stella se ne può determinare la magnitudine assoluta; viceversa se si conosce la magnitudine assoluta si può risalire alla distanza, e questo è quello che ci permettono di fare le variabili cefeidi.
Tramite le magnitudini assolute è possibile confrontare le luminosità intrinseche delle stelle, indipendentemente dalla loro distanza. Ad esempio, la stella che ci appare più luminosa è senza dubbio il Sole, che ha una magnitudine relativa di - 26,8 ma una magnitudine assoluta di 4,8, per cui il nostro Sole è una stella media, meno luminosa di Vega (alfa-Liræ), con una magnitudine relativa di 0,04 ma di magnitudine assoluta di 0,5.
I problemi però non sono finiti, perchè il nostro sistema visivo, l'occhio, è un recettore non in grado di rilevare che una piccola parte dello spettro elettromagnetico (lo spettro visibile) che va dal violetto al rosso. Inoltre, all'interno di questo intervallo, non tutti i colori sono recepiti con la stesssa facilità in quanto l'occhio assorbe maggiormente la luce giallo-verde, essendosi evoluto in un ambiente illuminato dalla luce giallo-verde del Sole.
Per cui, quando osserviamo il cielo con l'occhio, vediamo meglio le stelle gialle e peggio quelle di altri colori. Se poi facciamo una fotografia del cielo, saranno rilevate meglio stelle di altri colori a seconde della sensibilità della pellicola alle diverse frequenze.
Quindi è necessario, quando si indica una magnitudine, segnalare con quale strumento è stata rilevata, per cui si avranno magnitudini visuali ( Mv ), magnitudini fotografiche ( Mp ) ecc.
Le magnitudini bolometriche sono quindi più "obiettive". Ogni astro perciò è caratterizzato dal suo indice di colore ( B-V ), un parametro che esprime la differenza tra la magnitudine bolometrica e visuale, indicando così il colore della stella.
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