Questa è un'immagine preliminare di un giovane resto di supernova. E' stata ottenuta dall'UIT nel corso della missione Astro-1 ed è qui presentata in falsi colori. |
Il Granchio nel vicino ultravioletto.
Il Granchio nel lontano ultravioletto.
Nel 1054 a.C., gli astronomi cinesi e gli indiani Anasazi (nell'attuale Arizona) osservarono nel firmamento la presenza di una "nuova" stella luminosa. Osservando nella stessa regione di cielo (nella costellazione del Toro) gli astronomi contemporanei hanno trovato un oggetto molto più debole e nebuloso. Il primo degli oggetti nebulosi catalogati da Messier è quello che gli astronomi dei nostri giorni hanno riconosciuto essere il resto di una supernova. Circa 940 anni prima che il Granchio assumesse le forme attuali, una stella massiva esplose con la potenza di 400 miliardi di Soli. Dietro di se, l'esplosione lasciò una stella di neutroni in rapida rotazione ed una nube di gas in espansione alla velocità di 1.000 chilometri al secondo (o 3,6 milioni di chilometri l'ora). Osservando a varie lunghezze d'onda, possiamo vedere cioò che resta di questa esplosione. Alle lunghezze d'onda della radiazione X, estremamente energetiche, possiamo vedere il fascio di radiazioni proveniente dalla stella di neutroni che forma la pulsar X. La nebulosità circostante, evidente nella radiazione X, nell'ultravioletto e nel visibile, scie di elettroni segnalano la presenza di enormi campi magnetici che li spingono a velocità prossime a uelle della luce. Gli elettroni spinti dal campo magnetico irradiano fotoni sotto forma di emissione di sincrotrone, simile alla radiazione prodotta negli accelleratori di particelle noti come sincrotroni. Sia gli elettroni ad alta velocità che i potenti campi magnetici traggono l'energia dalla pulsar in rapida rotazione. Attualmente ruota 30 volte in un secondo ma sta inesorabilmente rallentando trasferendo la sua energia di rotazione agli elettroni che vengono così sospinti nello spazio. Comparando le immagini della radiazione di sincrotrone nel vicino e nel lontano ultravioletto i ricercatori hanno rilevato regioni che presentano delle variazioni nell'"età" degli elettroni: quelli più "giovani" ed energetici si trovano in prossimità della pulsar.
Immagini ottenute nel corso della missione dello Space Shuttle Astro-1 (STS-35) con l'Ultraviolet Imaging Telescope (UIT)