Sky & Telescope
Notiziario settimanale

9 gennaio 1998

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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Novità cosmiche da Washington

Sono circa 2.000 gli astronomi che si sono dati appuntamento questa settimana a Washington D.C., per il 191° congresso dell'
American Astronomical Society. Joshua Roth e Carolyn Collins Petersen di Sky & Telescope ci riferiscono su alcune tra le centinaia di relazioni e di annunci resi in questa settimana.

Rossi X-ray Timing Explorer (21K JPEG) Visione artistica del Rossi X-ray Timing Explorer in orbita. Cortesia NASA.

La sessione si è aperta con i nuovi risultati sullo studio dei buchi neri nella nostra galassia. Combinando le osservazioni nell'infrarosso dell'osservatorio di Monte Palomar con i dati nella radiazione X del Rossi X-ray Timing Explorer (RXTE), sembra che gli astronomi abbiano ripreso un buco nero di un sistema stellare binario in cui è in corso il processo di rifornimento di materia per i suoi getti emessi a velocità relativistiche. I dati dell'RXTE documentano il rigonfiarsi ed il restringersi periodico, simile al movimento della molla di un orologio, del bordo interno del disco di accrezione che circonda il sistema binario del buco nero GRS 1915+105. Ed i brillamenti nell'infrarosso osservati, che si susseguono quando il disco recede, si pensa siano bolle di plasma che si distaccano tra una fase e l'altra. Queste bolle potrebbero andare a far parte degli spettacolari sistemi di getti che i radioastronomi inglesi hanno rilevato poco tempo addietro.

Altri studi, i cui risultati sono stati annunciati al meeting, ci restituiscono l'immagine di una collisione stellare in prossimità del buco nero nascosto al centro della nostra Via Lattea, mentre altri presentano nuovi dati che mostrano come questo oggetto potrebbe avere una massa pari a quella di tre milioni di soli.

Supernove ad elevato redshift (46K JPEG) Questa immagine dell'Hubble Space Telescope ci mostra delle supernove esplose in remote galassie la cui distanza è misurabile in eoni . Cortesia Peter Garnavich, Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, the High-z Supernova Search Team e NASA.

Nella maratona delle conferenze stampa è proseguita Martedi, sono stati presentati cinque studi indipendenti che sembrano gettare nuova luce sul grande enigma dell'età del cosmo: il conflitto tra l'età dell'universo e quella dei più vecchi ammassi globulari. Due gruppi indipendenti hanno scoperto e rilevato delle supernove in galassie con un redshift prossimo ad 1 (quindi a diversi miliardi di anni luce di distanza) mentre l'High-z Supernova Search Team ed il Supernova Cosmology project sono entrambi giunti alla conclusione che l'universo ha troppa poca massa per fermare gravitazionalmente la sua espansione. La loro conclusione è corroborata da studi indipendenti di ammassi galattici e galassie che emettono getti di plasma visibile con i radiotelescopi. Se la densità del nostro universo è minore del previsto, maggiore è stato invece il tempo necessario affinch é raggiungesse l'espansione attuale. In più, nuovi calcoli delle curve di luce di diverse supernove vicine hanno indicato un valore della costante di Hubble, relativamente basso, di 57 chilometri al secondo per megaparsec. I risultati porterebbero l'età dell'universo ad almetno 15 miliardi di anni, in pieno accordo con l'età degli ammassi globulari più vecchi.

Fondo infrarosso (28K JPEG) Il cielo secondo i dati del Cosmic Background Explorer. Rimosse le sorgenti cosmiche di radiazioni infrarosse, rimane sempre qualcosa! Cortesia Michael Hauser, Space Telescope Science Institute, COBE/DIRBE Science Team e NASA.

Venerdi, gli scienziati hanno annunciato la loro valutazione della radiazione di fondo extragalattica nel lontano infrarosso, prodotta probabilmente dalle prime stelle formatesi nell'universo. Utilizzando i dati del satellite Cosmic Background Explorer (COBE), diversi gruppi di ricercatori hanno accuratamente sotratto i segnali infrarossi principali provevienti dalla polvere del sistema solare e dalla Via Lattea. Se l'interpretazione più semplice è corretta, il segnale isotropico rimanente è dovuto a stelle che brillarono nell'infanzia dell'universo, anziché a fenomeni esotici come il decadimento di particelle subatomiche o buchi neri giganteschi. Queste scoperte hanno ulteriormente convinto gli astronomi dela necessità di costruire un telescopio nell'infrarosso nello spazio, che possa riuscire a vedere lo splendere delle prime stelle.

Il disco di beta Pictoris (40K JPEG) Le regioni esterne del disco di polvere della stella beta Pictoris (visibili nelle immagini in falsi colori dell'HST) potrebbero essere distorte da una stella di passaggio ma la curvatura più interna potrebbe essere dovuta alla presenza di un pianeta. Cortesia Al Schultz, Sally Heap, Space Telescope Science Institute e NASA.

Gli scienziati che utilizzano l'Hubble Space Telescope, ne hanno puntato l'obiettivo su uno dei soggetti da sempre favoriti: il disco di gas e polveri che circonda la stella beta Pictoris. Per lungo tempo i ricercatori hanno considerato questo sistema l'archetipo della formazione del nostro sistema solare, avvenuta circa 5,5 miliardi di anni fa. La domanda che tutti si stanno ponendo è se intorno a questa stella si possano essere formati dei pianeti oppure no. Ora, sembra che la nube di polveri contenga i mattoni neccesari alla costruzione delle comete ed anche dei pianeti e quindi diviene possibbile la loro esistenza. Lo Space Telescope Imaging Spectrograph a bordo dell'HST ha scoperto, all'interno del disco di polveri, un paio di addensamenti. La spiegazione più plausibile è al momento quella dell'esistenza di un pianeta, in orbita tra 50 e 60 unità astronomiche dalla stella.

Aurore di Giove Aurore di Saturno Ecco le stupefacenti immagini dell'Hubble Space Telescope che ci mostrano le aurore ai poli dei giganti gassosi Giove (a sinistra, 27K JPEG) e Saturno (a destra, 30K JPEG). Si ringraziano John Clarke, l'Università del Michigan e la NASA per l'immagine di Giove; John Trauger, il Jet Propulsion Laboratory e la NASA per quella di Saturno.

Gli strumenti dell'HST hanno volto la loro attenzione anche a Giove e Saturno, rivelando le splendide e spettrali aurore che circondano i poli di questi due pianeti giganti. Su Giove inoltre, le aurore riflettono anche "l'impronta" radioattiva lasciata da Io nel'orbita, che erutta zolfo nella magnetosfera gioviana.

Un'onda molto grande... (47K JPEG) Questa simulazione computerizzata ci mostra cosa succederebbe alla costa orientale degli Stati Uniti se un asteroide cadesse nell'Oceano Atlantico e provocasse uno tsunami. Cortesia Gary Kliewer, Los Alamos National Laboratory.

Al meeting, la Terra non è sfuggita alle attenzioni degli scienziati, dalla classificazione delle emissioni coronali massive, all'inquinamento luminoso, agli effetti della caduta di un asteroide nell'Atlantico. Su quest'ultimo argomento è stata presentata una relazione sull'effetto dell'onda di uno tsunami generata da un asteroide di circa 5 km caduto nell'Oceano Atlantico. La simulazione computerizzata mostra che ne sarebbe colpita l'intera costa orientale, con inondazioni che arriverebbero sino ai Monti Appalachi mentre Delaware, Maryland e Virginia verrebbero allagate. Utilizzando lo stesso metodo di calcolo per un oggetto di dimensioni inferiori, di circa 500 metri di diametro, è risultato che lungo le coste oceaniche si abbatterebbe un muro d'acqua alto quasi 100 metri. Secondo i ricercatori però, le possibilità che avvengano questi impatti sono piccole, forse circa uno ogni qualche migliaio di anni, rari rispetto alla breve esistenza del genere umano ma che potrebbero essere già avvenuti nel passato. I ricercatori inoltre, ritengono che i resti degli oggetti ed i danni degli impatti avvenuti molto tempo addietro, potrebbero essere ancora ritrovati lungo le coste del nostro pianeta. I ricercatori continueranno a creare modelli matematici di questo tipo di impatti, nello sforzo volto a stimare la fattibilità di un sistema di preallarme che possa aiutarci a deviare nel futuro questi oggetti.


Lancio del Lunar Prospector (11K JPEG) Il Lunar Prospector si inarca verso il suo obbiettivo dopo il lancio notturno avvenuto il 6 gennaio. Cortesia NASA.

Il Prospector verso la Luna

Dopo un giorno di ritardo, il Lunar Prospector della NASA è decollato da Cape Canaveral alle 15:28:44 TU del 6 gennaio. La sonda entrerà in orbita lunare il giorno 11 e la mappatura avrà inizio entro 3 o 4 settimane e dal mese prossimo, invierà i dati rilevati dai suoi cinque strumenti. Il Lunar Prospector trascorrerà almeno un anno osservando la Luna da un'altitudine di 100 chilometri. Al termine della missione primaria, potrebbe essere spostata su un'orbita a 10 km dalla superficie. Una domanda cui i ricercatori cercheranno di rispondere una volta per tutte è se c'è realmente l'acqua nei crateri polari perennemente in ombra.

E' possibile seguire online l'evolversi della missione.

Poco dopo il lancio è stato annunciato che la sonda aveva un carico particolare a bordo: le ceneri del geologo planetario Gene Shoemaker. Shoemaker perì in un incidente automobilistico il 18 luglio scorso. La sua corsa verso la Luna è il tributo appropriato a questo pioniere della ricerca che trascorse buona parte dell'inizio della sua carriera cercando di diventare il primo uomo a camminare sulla Luna ma al quale un disturbo medico impedì di essere selezionato come astronauta dell'Apollo. Allenò invece il primo uomo che camminò sulla Luna.

Un'altro riconoscimento a Shoemaker è stato fatto questa settimana quando la National Academy of Sciences (NAS) ha annunciato la selezione di Gene e sua moglie Carolyn, come destinatari della James Craig Watson Medal. Il premio di 15.000 dollari viene conferito ogni tre anni a chi ha dato un particolare contributo nelle discipline astronomiche. Il premio verrà consegnato il 27 aprile per la loro "ricerca accurata che portò alla scoperta di oltre 800 asteroidi e 32 comete, tra cui la co-scoperta della Shoemaker-Levy 9, la prima cometa osservata scontrarsi con un pianeta."


Ritorna la cometa Tempel-Tuttle

La cometa periodica Tempel-Tuttle, parente dello sciame meteorico delle Leonidi, è leggermente più debole del previsto. Diversi osservatori, negli utlimi giorni di dicembre, hanno stimato la sua luminosità pari alla magnitudine 12,0 (come riporta la Circolare IAU). Ciò significa che la cometa probabilmente raggiungerà al massimo la magnitudine 9,5, nella seconda quindicina di gennaio, quando solcherà i cieli boreali. Una mappa per localizzare la cometa con un telescopio amatoriale la trovate nel numero di febbraio di Sky & Telescope, a pagina 91 ed alla Pagina delle comete di SKY Online.


Patrick contro il tornado

La violenta tempesta che si è abbattuta sull'Inghilterra e che ha originato dei tornado l'otto gennaio ha distrutto l'osservatorio del patriarca degli osservatori britannici Patrick Moore. Moore annota la decimazione della struttura dell'osservatorio che ospita il telescopio da 21 cm, quest'ultimo è invece rimasto integro, mentre il riflettore da 40 cm, ospitato in un'altra costruzione, si è "piegato". E' possibile vedere un'immagine ed avere altri dettagli al sito Web del Times of London.


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