Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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La rivista indispensabile di astronomia

Lo spettacolo di Giove

L'esteso brillamento della cometa LINEAR

Inizia l'avventura della Mars Odyssey

Le nane bianche invisibili potrebbero nascondere la materia oscura

Ecco un oggetto che confonde gli scienziati

Hubble scopre una supernova decisiva

Una serie di nuovi pianeti extrasolari

Un colossale gruppo di macchie solari


Giovedi 12 aprile

A sinistra: L'aurora su Giove divenne particolarmente evidente nel settembre 1999 e l'Hubble Space Telescope fotografò l'evento in una serie di immagini nell'ultravioletto. Questo fotogramma di 60 secondi fu acquisito in prossimità della massima intensità durante una sequenza durata 4 minuti; cliccate sull'immagine per ingrandirla o per vedere altre riprese oppure qui per vedere un'animazione. Cortesia J. Hunter Waite Jr. (Southwest Research Institute).

Lo spettacolo di Giove

Già nota come il più potente fenomeno del genere nel sistema solare, sembra che l'aurora di Giove possa anche mettere in piedi uno spettacolo di luci improvvisato e splendido. Il 21 settembre 1999, quando lo osservò l'Hubble Space Telescope, la regione polare nord del pianeta eruttò una luce ultravioletta che la rese 30 volte più luminosa in appena 70 secondi. Quindi, altrettanto velocemente, il brillamento svanì. Sebbene i fisici seguissero l'aurora di Giove da oltre un decennio, niente di simile intensità o violenza era stato registrato in precedenza.

A differenza delle aurore terrestri, che sono alimentate dalle interazioni del vento solare con il magnetismo terrestre, quelle gioviane devono la loro energia in massima parte dalla rapida rotazione del pianeta, avviene in 9,9 ore, e dalla sua magnetosfera interna. Spirali di elettroni intrappolati discendono le linee del campo magnetico piombando sull'atmosfera superiore del pianeta facendo risplendere gli atomi di idrogeno in un'ovale di luce ultravioletta. Il brillamento del 199 avvenne peraltro tra il polo e l'onnipresente ovale dell'aurora il che implica una sorgente piuttosto esterna della magnetosfera, a 3 o 4 milioni di chilometri dal quadrante "mattutino" del pianeta rivolto verso il Sole.

Gli osservatori dell'HST, guidati da J. Hunter Waite Jr. (Southwest Research Institute) non sono ancora in grado di spiegare cosa causò il brillamento ma sospettano un innesco esterno. Come spiegano nel numero del 12 aprile di Nature, la magnetosfera gioviana sembra aver reagito all'arrivo di un impulso ad alta densità del vento solare. Poiché le condizioni interplanetarie quel giorno non erano particolarmente furiose, il team suggerisce che "simili brillamenti, se realmente innescati dai cambiamenti nella pressione del vento solare, potrebbero non essere rari".

— J. Kelly Beatty —

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Giovedi 12 aprile

A sinistra: Tim Hunter di Tucson, Arizona, ha fotografato la cometa LINEAR (C/2001 A2) il 9 aprile con un telescopio Meade LX200 ed una camera CCD Apogee AP7 CCD effettuando le riprese con un filtro rosso, blu e verde riunendole successivamente. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

L'esteso brillamento della cometa LINEAR

Quando una cometa debole diviene improvvisamente luminosa, gli astronomi sono contenti per la facilità dell'osservazione ma sanno istintivamente che la fiammata durerà poco e l'oggetto può rivelarsi un fallimento. Non è stato il caso della cometa LINEAR (C/2001 A2), una scoeprta recente che è aumentata drammaticamente di luminosità per diversi giorni alla fine di marzo (non si tratta della cometa LINEAR di Natale che aveva avuto un brillamento in Febbraio. Questa è stata chiamata C/2000 WM1).

La storia di C/2001 A2 iniziò a metà gennaio, quando il team del MIT Lincoln Laboratory (LINEAR) di Socorro, Nuovo Messico, caturò le immagini di un oggetto di 19 magnitudine Nel Cancro che non sembrava muoversi come un tipico oggetto della fascia principale degli asteroidi. Successive osservazioni eseguite in due osservatori nella repubblica ceca rivelarono un'immagine confusa più che una sorgente puntiforme. L'orbita calcolata da Brian G. Marsden e le osservazioni sulla luminosità disponibili in gennaio suggerirono che la cometa sarebbe cresciuta lentamente di luminosità sino alla magnitudine 13 o 14 dall'inizio di aprile raggiungendo infine, in giugno, la magnitudine 9. A partire dal 26 marzo però, Michael Mattiazzo di Wallaroo, Australia meridionale, notò che l'oggetto era molto più luminoso del previsto.

Dal primo di aprile alcuni osservatori riferirono che la cometa LINEAR aveva raggiunto la magnitudine 7½ e poi si era portata vicino alla magnitudine 8. La cometa rimane facilmente osservabile con piccoli telescopi mentre per gli osservatori dell'emisfero nord si abbassa velocemente sotto l'orizzonte sud-ovest con la fine del crepuscolo (tanto più a sud abitate, tanto più la vedrete alta sull'orizzonte). Se la cometa non deluderà, potrebbe raggiungere le visibilità ad occhio nudo intorno alla data del perielio previsto a fine maggio, inizio giugno. Cliccate qui per le previsioni sulla posizione e la luminosità della cometa per il resto di aprile.

— Roger W. Sinnott —

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Sabato 7 aprile

A sinistra: In ottobre, dopo un viaggio di 460 milioni di chilometri in direzione del pianeta rosso, la 2001 Mars Odyssey accenderà i razzi frenanti per 21 minuti ed entrerà in orbita. Cortesia NASA/JPL. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Inizia l'avventura della Mars Odyssey

La nuova sonda interplanetaria della NASA ha lasciato oggi Cape Canaveral, Florida, alle 11:02:22 ora locale. La sonda, del peso di 750 chilogrammi, è stata chiamata 2001 Mars Odyssey in onore di Arthur C. Clarke e Stanley Kubrick. E' l'ultima della vecchia serie Mars Surveyor (infatti, è una sonda sorella della dispersa Mars Climate Orbiter) e la prima del rinnovato programma della NASA per esplorazione di Marte. Dopo il lancio, avvenuto senza problemi a bordo del razzo Delta I, l'Odyssey è passata sulla costa est del Nord America ed è rimasta per breve tempo in un'orbita di parcheggio molto inclinata (52°) intorno alla Terra; un lancio particolare per una missione planetaria, prima di partire alla volta del pianeta rosso. L'Odyssey raggiungerà l'orbita del pianeta il 24 ottobre, allora gli ingegneri calibreranno con cura, calcolandola con il sistema metrico, l'accensione dei razzi frenanti. Nel gennaio successivo, dopo una serie di passaggi frenanti nell'atmosfera superiore del pianeta simili a quelli eseguiti dalla Mars Global Surveyor, la sonda si porterà in un'orbita polare a 400 km di altezza che percorrerà ogni due ore ed inizierà la missione di mappatura che durerà due anni.

Del costo di 300 milioni di dollari, ha un carico di tre strumenti progettati per "seguire l'acqua", nelle parole dell'Amministratore Associato della NASA Edward Weiler. La fotocamera per l'infrarosso (THEMIS) utilizza nove bande spettrali per individuare i minerali che formano le rocce ed altri prodotti come sali e carbonati. Un braccio lungo sei metri sorregge uno spettrometro a raggi gamma (GRS), anch'esso servirà per determinare la mineralogia del pianeta ed in particolar modo per cercare l'idrogeno che indicherebbe la presenza di acqua sulla superficie o in prossimità. Infine, un rivelatore di raggi cosmici (MARIE) determinerà i livelli di radiazione vicino al pianeta, un preludio necessario all'arrivo di futuri astronauti.

— Jonathan McDowell —

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Venerdi 6 aprile

A sinistra: Questa vecchia e debole nana bianca, denominata WD 0346, è diventata blu quando la sua temperatura è scesa sotto i 4.500° Kelvin. Cliccate sull'immagine per osservarne il moto proprio nell'arco di 43 anni. Cortesia Nigel C. Hambly (University of Edinburgh) e Simon T. Hodgkin (Cambridge University).

Le nane bianche invisibili potrebbero nascondere la materia oscura

Un mistero cosmologico che dura da tempo è quello della "materia oscura" che pervade l'universo senza darci segni della sua esistenza con l'eccezione della sua gravità. La nostra stessa Via Lattea, come altre galassie, contiene un vasto ammontare di materia oscura nel suo alone esterno (la diffusa periferia di stelle vecchissime che si estende oltre il disco della spirale galattica). Due specie di materia invisibile sembrano dominare il nostro alone galattico. Circa 1/3 è formato probabilmente da materia "barionica", il brodo ordinario fatto di protoni, neutroni e d elettroni (forse gas idrogeno, stelle nane fredde o simili). Gli altri 2/3 da materia apparentemente "non barionica", composta da particelle elementari esotiche ancora da scoprire.

Ora gli astronomi americani ed inglesi dicono di aver portato alla luce almeno una parte, e forse tutta, la materia oscura barionica dell'alone. A pochi giorni dall'annuncio però, un altro team li sconfessa.

Ben R. Oppenheimer (University of California, Berkeley) e colleghi ipotizzano che stelle nane bianche molto vecchie e deboli formino almeno il 10 per cento, e forse il 100 per cento, della materia oscura barionica dell'alone. Queste stelle sono rimaste nascoste sino ad ora in parte perché deboli, in parte perché hanno un camuffamento inaspettato.

Gli astronomi pensavano che una nana bianca, raffreddandosi, diventasse rossa come qualsiasi altro oggetto incandescente: non è così. La densa atmosfera di una nana bianca, fortemente compressa dalla gravità e spessa solo 10 metri, diventa blu (a causa dell'assorbimento dell'idrogeno molecolare) quando si raffredda al di sotto dei 4.500° Kelvin circa. In altre parole, lavora come un filtro blu per la luce della stella, ingannando gli astronomi ed inducendoli a ritenere queste stelle più calde e giovani di quanto non siano in realtà.

Il gruppo di Oppenheimer ha controllato il 10 per cento del cielo alla ricerca di oggetti vicini ed estremamente deboli con alte velocità spaziali, supponendo che ciò ne indicasse l'appartenenza all'alone galattico trovando 38 nane bianche fredde che corrispondevano a questi criteri, quante bastavano per fare una stima del loro numero complessivo.

La quantità ben coincide con quella data dalla ricerca di microlenti gravitazionali che pure ha trovato oggetti massivi invisibili nell'alone (MACHOs). La maggior parte di queste hanno masse pari a circa la metà del Sole, la massa più comune per le nane bianche. I MACHOs, secondo la stima, fornirebbero tra l'otto ed il cinquanta per cento della massa dell'alone o il 25-100 per cento della materia oscura barionica dell'alone. Per Oppenheimer ed il suo team le loro nane bianche fredde "sono una spiegazione naturale ai risultati delle microlenti"

"Piano, piano!" dice Neill Reil (Space Telescope Science Institute) con due colleghi presentando un'interpretazione alternativa delle velocità delle nane fredde che le renderebbe membri ordinari dello "spesso disco" della Via Lattea e non dell'alone. "Secondo la nostra interpretazione", scrivono, "nessuna delle nane bianche ha bisogno di essere assegnata al pesante alone di materia oscura". Poiché il disco galattico è molto più piccolo dell'alone, le nane fredde che lo popolano non aggiungerebbero molto alla massa totale della galassia.

Il che lascerebbe ancora irrisolto il mistero della normale materia oscura barionica.

— Alan MacRobert and Govert Schilling —

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Giovedi 5 aprile

A sinistra: Il lontano 2000 CR105 impiega circa 3.300 anni per effettuare un giro intorno al Sole. Adesso questo oggetto del diametro di 200 km si trova a 53 unità astronomiche (8 miliardi di km) dalla Terra, essendo passato al perielio nel 1965. In questo disegno di Roger W. Sinnott per Sky & Telescope, l'anello più interno segna l'orbita di Giove. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Ecco un oggetto che confonde gli scienziati

A Robert W. Millis (Lowell Observatory) 2000 CR105 all'inizio doveva sembrare solo un altro oggetto lontano tra le dozzine scoperti dal suo team per la ricerca di oggetti transnettuniani effettuata con i telescopi di 4 metri in Arizona e Cile. L'unicità di questo oggetto di 24° magnitudine però divenne presto evidente. Si muoveva così poco durante gli intervalli di due ore tra una ripresa e l'altra che doveva trovarsi almeno a circa 55 unità astronomiche dal Sole, ben oltre la maggior parte degli oggetti che popolano la Cintura di Kuiper.

Nei mesi che seguirono, un team internazionale guidato da Brett Gladman (Osservatorio di Nizza) seguì questo debole asteroide. Grazie al loro sforzo, è chiaro adesso che 2000 CR105 ha un'orbita eccentrica che si allunga fino a quasi 400 unità astronomiche, una distanza superiore a 10 volte quella che separa Plutone dalla nostra stella e maggiore a quella di qualsiasi altro oggetto della Cintura di Kuiper. Ancora più misterioso per gli esperti di dinamica è la distanza del perielio: 44,5 u.a. (6,7 miliardi di km) è una isura che va ben oltre l'influenza perturbatrice di Nettuno, la cui gravità ha spinto verso le regioni più esterne del sistema solare un infinito numero di oggetti. E come ci è arrivato 2000 CR105 così lontano?

In un articolo inviato alla rivista Icarus di cui qui trovate un riassunto, Gladman e sei colleghi offrono diverse possibili spiegazioni. Secondo il coautore Matthew Holman (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics), l'orbita di 2000 CR105 è dinamicamente caotica e potrebbe semplicemente essere la conseguenza di eoni di vagabondaggio. Questa risposta si basa però su un calcolo statistico a lungo termine quindi il team ha sondato anche altre possibilità. Forse la Cintura di Kuiper era formata da numerosi oggetti grandi come pianeti che hanno portato la devastazione nelle orbite prima di venire spazzati via loro stessi. O forse Nettuno stesso si era avventurato più lontano prima di finire nell'orbita attuale. Sebbene questa ipotesi sia molto speculativa, un perturbatore massiccio che si trovasse oltre il confine conosciuto della Cintura di Kuiper potrebbe ancora attendere di essere scoperto. Holman specifica che un oggetto delle dimensioni di Marte a 200 u.a. di distanza sarebbe facilmente sfuggito a qualsiasi rilevamento.

Risolvere il mistero richiederà tempo ma un'implicazione è chiara: oggetti come 2000 CR105 dovrebbero essere particolarmente rari quindi, se ne verranno trovati altri, la Cintura di Kuiper risulterebbe molto più massiva di quanto si pensi oggi.

— J. Kelly Beatty —

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Giovedi 5 aprile

A sinistra: La supernova di Tipo Ia denominata 1997ff (al centro) venne rilevata per la prima volta quando Ron Gilliland (Space Telescope Science Institute) e Mark Phillips (Carnegie Institution of Washington) ricontrollarono l'Hubble Deep Field settentrionale nel 1997. Con le immagini riprese un mese dopo da Roger Thompson (University of Arizona) si determinò la curva di luce dell'evento e quindi la distanza. Lontana 11 miliardi di anni luce, quasta esplosione stellare è la supernova più lontana mai scoperta.

Hubble scopre una supernova decisiva

Grazie all'ausilio dell'Hubble Space Telescope i ricercatori hanno potuto annunciare la scoperta della più lontana supernova di Tipo Ia. L'esplosione stellare ha un redshift di 1,7, il che significa che è avvenuta 11 miliardi di anni fa, quando l'universo era molto giovane. Per fare un paragone, il record precedente era di redshift 1,2 (un'età di 10 miliardi di anni). La scoperta, una combinazione degli sforzi dei tre team che effettuavano le ricerche nei dati di Hubble, hanno fornito la prova agli astronomi che l'universo sta accelerando.

Confrontando le riprese dell'Hubble Deep Field e le osservazioni effettuate un mese più tardi, gli astronomi hanno ricostruito una curva di luce della SN 1997ff scoprendo che potrebbe trattarsi di un evento di Tipo Ia, ovvero è esplosa una nana bianca dopo che ha raccolto troppa materia da una stella compagna. I ricercatori hanno determinato la sua distanza senza considerarne il redshift perché le SN di Tipo Ia sono famose come "candele standard". "Indipendentemente da dove una nana esploda, lo fa sempre più o meno nello stesso modo, con lo stesso picco di luminosità. Quindi, osservando quando appare luminosa, dalla Terra, l'esplosione gli astronomi possono determinarne con precisione laa distanza. L'analogia classica è quella delle due lampadine della stessa potenza messe una fianco all'altra. Se ne allontaniamo una ad una distanza dieci volte superiore rispetto alla seconda, la sua luce si ridurrà di 1/100. Il cambiamento di luminosità ci indica quindi la distanza o, più chiaramente, le supernovae di Tipo Ia sono come lampadine della stessa potenza.

La comparazione delle distanza però può dire agli astronomi se l'evento si è verificato quando l'espansione dell'universo stava accelerando o rallentando. Sembra che la supernova 1997ff sia esplosa in una fase di rallentamento mentre tutte le altre di Tipo, più vicine e recenti, sono esplose in una fase di espansione in accelerazione. Sembra quindi che l'espansione dell'universo abbia rallentato e poi abbia nuovamente accelerato. Queste scoperte sgombrano il campo da altri scenari che non prevedono un'accelerazione cosmica dell'espansione.

Una possibile spiegazione di questa accelerazione (scoperta solo negli ultimi tre anni) è la favoleggiata "energia oscura". Sebbene gli astronomi siano lontani da comprendere questa misteriosa forza repulsiva, la SN 1997ff ci indica che nel denso universo primordiale non era sufficientemente forte da superare la decelerazione dovuta alla gravità. Una volta che le galassie si allontanarono sufficientemente, la spinta gravitazionale non contrastò più la forza oscura e l'espansione dell'universo iniziò ad accelerare. Secondo Adam G. Riess (STScI) il cambiamento avvenne tra 4 ed 8 miliardi di anni fa. "Il trucco era quello di trovare almeno una supernova di quel periodo".

Come fa notare Michael S. Turner (University of Chicago), "Siamo al primissimo stadio della comprensione di come l'universo stia accelerando".

— David Tytell —

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Mercoledi 4 aprile

A sinistra: Le orbite di diversi pianeti extrasolari scoperti hanno orbite comparabili, per dimensioni, a quelle dei pianeti interni del sistema solare. Tre sono parzialmente visibili in questa miniatura, cliccate sull'immagine per ingrandirla e vedere cinque orbite. Cortesia Geneva Extrasolar Planet Search team.

Una serie di nuovi pianeti extrasolari

Gli astronomi di una generazione addietro sognavano di scoprire i pianeti intorno ad altre stelle, ora ne vengono scoperti più o meno a dozzine. Oggi il Geneva Extrasolar Planet Search Team, guidato da Michel Mayor, ha annunciato il rilevamento di altri 11 mondi in orbita intorno ad altri soli. Si tratta di oggetti con masse che vanno da qualcosa di simile a Giove a colossi grandi 10 volte tanto. In totale, gli astronomi hanno identificato quasi 70 oggetti intorno ad altre stelle con una massa sufficientemente piccola da poter essere considerati di natura planetaria, la scoperta di metà dei quali è accreditata al team di Mayor.

Al di là dei numeri, le recenti scoperte hanno evidenziato come i sistemi planetari varino in forma e dimensioni. Per esempio era già noto che intorno ad HD 82943, una stella simile al Sole di magnitudine 6,5 nella costellazione dell'Idra, orbitasse un pianeta ogni 445 giorni ma Mayor e collegi hanno scoperto adesso un secondo oggetto con un periodo di rivoluzione lungo la metà.. Ciò farebbe supporre che i due pianeti siano legati da un'orbita in risonanza, similmente al caso della debole nana rossa Gleise 876. Le scoperte appena annunciate da Mayor comprendono anche un sistema di due pianeti intorno alla stella di 4° magnitudine HD 74156, con un corpo simile a Giove relativamente vicino ed uno più massivo molto più lontano; un pianeta con un'orbita estremamente eccentrica (0,927) che varia tra 5 e 127 milioni di chilometri da HD 80606 ogni 112 giorni ed un pianeta gigante intorno ad HD 28185 con un'orbita quasi circolare con un raggio simile a quella terrestre, un ondo che potrebbe essere, teoricamente, abitabile.

La maggior parte di queste scoperte sono state effettuate con l'ausilio di uno spettrometro d'avanguardia posto sul modesto telescopio Leonard Euler di 1,2 metri all'osservatorio La Silla in Cile.Per ulteriori dettagli consultate il comunicato stampa dell'European Southern Observatory.

— J. Kelly Beatty —

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Martedi 3 aprile

A sinistra: A sinistra: una salva di fuochi d'artificio rivolta verso la Terra. Il 28 marzo, quando il tedesco Eckhard Slawik riprese questa immagine con un rifrattore apocromatico di 15 cm e filtro solare Baader AstroSolar, il gigantesco gruppo di macchie solari era vicino al meridiano centrale del Sole. Cliccate sull'immagine per ingrandirla. A destra: la grande aurora del 30 marzo ripresa da una via appropriata del North Carolina (Via Aurora!). Fotografia con obiettivo fish-eye di Johnny Horne. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Un colossale gruppo di macchie solari

Tutto è iniziato la settimana scorsa con un non raro gruppo di macchie solari visibili ad occchio nudo. Nei giorni seguenti la Regione Attiva 9393 si ingrandì sino a diventare la più grande osservata sulla superficie solare negli ultimi dieci anni. Ed è stato incredibile non solo per gli osservatori solari di giorno ma, indirettamente, per milioni di persone che la notte hanno osservato le aurore che si sono formate, forse le migliori dell'attuale ciclo solare.

Il gruppo di macchie è un enorme ed intricato disturbo magnetico cresciuto al punto da misurare 22 volte il diametro terrestre. E' esploso con potenti brillamenti ed eiezioni di massa coronali quando i suoi aggrovigliati campi magnetici si sono interconnessi e cortocircuitati. I brillamenti hanno irradiato i satelliti e l'atmosfera terrestre superiore di raggi X e protoni ad alta velocità e le eiezioni di massa coronali hanno scosso la magnetosfera terrestre con massiccie raffiche di vento solare ionizzato. Una tempesta geomagnetica durata più di 24 ore, il 30-31 marzo ha prodotto una vasta aurora rosso sangue che ha raggiunto la California meridionale, il Texas e le Caroline (mentre buona parte del resto del paese era coperto dalle nubi!). Nell'emisfero meridionale le aurore corrispondendi hanno deliziato gli appassionati di Nuova Zelanda e dintorni.

Oggi (Martedi) il gruppo di macchie si sta riducendo e spostando verso il limbo solare. Altri forti brillamenti si sono verificati nel fine settimana e Lunedi è stato registrato il più vasto degli ultimi 12 anni, classificato prima come evento di classe X-17, in seguito di classe X-20. Un brillamento più forte persino di quello del 1989 che causò un guasto alla rete elettrica canadese. Fortunatamente, il gruppo di macchie si trovava abbastanza defilato e quindi tutte le possibili eiezioni di massa coronale risultanti hanno mancato la Terra.

L'altra notte (nel Nord America) la sorpresa è arrivata da un'altra parte: un forte brillamento eruttato da una nuova regione attiva di macchie che ha appena iniziato a ruotare verso il centro del disco proveniente dal limbo sud-est. "Mentre la Regione 9393 nei prossimi giorni si porterà oltre il limbo occidentale del Sole", scrive Cary Oler in un avviso di Sky & Telescope, "ci appare un'altra complessa regione attiva che potrebbe portare il fenomeno dei brillamenti a livelli ancora più elevati.".

E la stessa Regione 9393 potrebe ricomparire. Se resiste per altri 3/4 della rotazione solare, intorno al 23 aprile sarà rivolta nuovamente verso la Terra.

— Alan M. MacRobert —

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