Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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Martedi 9 febbraio

Immagini dall'HST

A sinistra: In questa immagine nel vicino infrarosso dell'Hubble Space Telescope possiamo vedere i bozzoli di polvere che avvolgono sei stelle neonate. Ciascun astro è circondato da un denso disco che un giorno potrebbe formare dei pianeti. Le nebulose ed i filamenti di polveri visibili hanno dimensioni che variano da 90 a 180 miliardi di chilometri, misure che superano di cinque volte e più le dimensioni attuali del nostro sistema solare. Si ringraziano Deborah Padgett, Wolfgang Brandner, Karl Stapelfeldt e la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Sono sistemi solari in fase di formazione?

L'argomento dell'odierna conferenza stampa tenutasi al quartier generale della NASA aveva per oggetto le immagini del Telescopio Spaziale Hubble di giovani stelle circondate da dischi opachi di gas e polveri: dischi dove potrebbero formarsi dei pianeti, sempre che già non lo abbiano fatto. Deborah Padgett, Karl Stapelfeldt (NASA/Jet Propulsion Laboratory) e colleghi hanno usato la Near-Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS) per riprendere nell'infrarosso queste stelle che hanno un'età massima di qualche milione di anni. Gli obiettivi di questa ripresa si trovano in un gassoso e polveroso complesso di stelle in formazione a 450 anni luce di distanza nella costellazione del Toro. Se le immagini presentate oggi differiscono l'una dall'altra nei dettagli, presentano tutte una polverosa "nebulosa a riflessione" segnata da una banda densa e scura. In ogni caso "Pensiamo che questa banda di polveri rappresenti un disco circumstellare" spiega la Padgett, "e riteniamo che li sarà dove si potranno formare dei pianeti". Effettuando la ripresa nella luce infrarossa, la NICMOS ha permesso ad Hubble di penetrare la regione opaca di stelle in formazione, apportando nuovi dati ad un precedente studio delle giovani stelle del Toro effettuato in precedenza dal Telescopio Spaziale alle lunghezze d'onda visibili (vedere il numero di novembre di Sky & Telescope, a pagina 22).

Glenn Schneider (Università dell'Arizona) ha quindi presentato le immagini del NICMOS di due stelle più vecchie, di circa 10 milioni di anni, ciascuna con un disco che sembra essere stato scolpito da pianeti completamente formati (quest'ultimi restano comunque inosservabili). Queste immagini sono state le prime ad essere state presentate al meeting di gennaio dell'American Astronomical Society. Secondo il nuovo direttore dello Space Telescope Science Institute, Steven Beckwith, "Adesso abbiamo un mosaico di immagini che ci mostrano quasi tutta l'intera sequenza evolutiva", una sequenza delineata per la prima volta da Emmanuel Kant nel XVIII secolo, che ha inizio con una nube di gas in rotazione e termina con dei pianeti in orbita intorno a stelle simili al Sole (leggete il nostro articolo "Forging the Planets" nel numero di gennaio 1999 di Sky & Telescope). "Con le tecnologie attuali è difficile scoprire pianeti che girano intorno ad altre stelle", prosegue Beckwith, "ma è davvero facile osservare questi dischi" e la loro abbondanza lascia pensare che "i sistemi planetari siano qualcosa di estremamente comune".


Lunedi 8 febbraio

Lancio della Stardust

A sinistra: Una macchina fotografica sul razzo Delta II mostra la fase del rilascio dei vettori di spinta prima della messa temporanea in orbita terrestre della sonda Stardust. Il 7 febbraio la Stardust inizierà il lungo viaggio verso la cometa Wild 2. Potete vedere l'intero video del lancio dal sito Web del Kennedy Space Center della NASA. Si ringrazia la NASA. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La Stardust in viaggio verso la cometa

Con un giorno di ritardo per via di un problema al radar, la sonda Stardust è stata lanciata domenica 7 febbraio alle 20:04 TU da Cape Canaveral, in Florida. La sonda raggiungerà la cometa Wild 2 nel 2004 e rileverà dati ed immagini oltre a raccogliere particelle di polvere dalla chioma. La navicella farà ritorno sulla Terra nel gennaio 2006 dove espellerà una capsula che verrà recuperata sulla superficie terrestre. Gli scienziati si aspettano di recuperare meno di 30 grammi di polvere cometaria. La Stardust sarà la prima sonda americana che visiterà una cometa.


Lunedi 8 febbraio

A sinistra: Gli scienziati sono riusciti a modellare la forma dell'asteroide 433 Eros partendo dalle immagini riprese dalla sonda Near Earth Asteroid Rendezvous (NEAR) il 23 dicembre 1998. Eros misura 33 per 13 per 13 chilometri). Si ringrazia il Johns Hopkins University's Applied Physics Laboratory. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Ecco Eros!

Oggi i ricercatori dell'Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University hanno annunciato le prime scoperte sull'asteroide 433 Eros seguite all'incontro ravvicinato del 23 dicembre con la sonda Near Earth Asteroid Rendezvous (NEAR). Per gli scienziati, l'asteroide è leggermente più piccolo del previsto, misurando 33 per 13 per 13 chilometri e compie una rotazione ogni 5 ore e 16 minuti. La sua densità è di circa 2,7 grammi per centimetro cubo, un valore prossimo a quello medio della crosta terrestre e dell'asteroide 243 Ida, ma doppio rispetto all'asteroide 253 Matilde (Ida è stata visitata dalla Galileo nel 1993; Matilde è stata studiata dalla NEAR nel 1997). La superficie di Eros è è cosparsa di crateri i più grandi dei quali misurano 8,5 e 6,5 km di diametro, ma non è martoriata quanto quella di Ida. Secondo il responsabile del team addetto alle riprese Joseph Veverka (Cornell University), questi risultati preliminari lascerebbero supporre che "Eros sia un corpo omogeneo anziché un insieme di materiali diversi, come sembra essere Matilde, potrebbe essere ciò che resta di un oggetto più grande che è stato spaccato da un impatto". Queste informazioni serviranno a definire ancora meglio i piani per il prossimo incontro con Eros, previsto per il mese di febbraio del 2000, quando la sonda studierà l'asteroide con maggior dettaglio.


Venerdi 5 febbraio

A sinistra: Il Mars Global Surveyor adesso orbita intorno a Marte ogni due ore a circa 380 km dalla superficie. In aprile inizierà a riprendere le immagini per tracciare la mappa completa del pianeta rosso. Si ringraziano NASA/JPL/Caltech. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il Mars Global Surveyor è pronto

La sonda Mars Global Surveyor (MGS) ha appena concluso la difficile e pericolosa "aerofrenata" che in diversi mesi gli ha permesso di raggiungere l'orbita finale intorno al pianeta rosso. Partita nel settembre 1997, sotto la guida dei controllori della NASA è stata fatta scendere lentamente con molti passaggi delicati attraverso l'atmosfera superiore del pianeta, per poterne abbassare l'orbita senza fare uso di propellente per frenare. Il 4 febbraio, un raggiante controllo di missione ha annunciato di aver completato il lavoro e di aver posizionato la sonda nella prevista orbita circolare poco sopra l'atmosfera del pianeta.

E' previsto che l'MGS inizi il 3 aprile un programma, della durata di due anni, che lo porterà ad effettuare la mappatura estremamente dettagliata della superficie completa di Marte. La sua fotocamera risolverà oggetti sul terreno di 1,5 metri di diametro. Lo strumento ha già effettuato numerose riprese panoramiche con una risoluzione molto prossima a quella definitiva. Le immagini possono essere viste nel sito Web dell'MGS.


Venerdi 5 febbraio

La Galileo sorvola Callisto

A sinistra: Osservazioni nell'infrarosso della sonda Galileo hanno permeso di scoprire che la superficie di Callisto è coperta da biossido di carbonio e che questa luna potrebbe avere una sottilissima atmosfera. Si ringraziano NASA/JPL/Caltech. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La tenue atmosfera di Callisto

I dati provenienti dalla sonda Galileo hanno rivelato che Callisto, la seconda luna di Giove per dimensioni, possiede una tenue atmosfera di biossido di carbonio. La scoperta di Robert W. Carlson (Jet Propulsion Laboratory) compare nel numero odierno della rivista Science. Adesso sappiamo che tutti i quattro satelliti maggiori di Giove hanno un'atmosfera: Europa e Ganimede hanno un sottile inviluppo di ossigeno mentre Io è circondato da biossido di zolfo. Carlson ha scoperto l'atmosfera di Callisto esaminando i dati del Near-Infrared Mapping Spectrometer (NIMS) della Galileo, rilevati nel settembre 1997. C'erano state delle avvisaglie sulla presenza del biossido di carbonio sulla superficie di questa luna e questo nuovo risultato ne è la conferma. Carlson fa notare che le molecole possono andare perdute molto facilmente, ionizzate dalla radiazione ultravioletta del Sole e trasportate dal campo magnetico di Giove. Quindi, ci deve essere una sorta di rimpiazzo. Dalle immagini sembrerebbe che ci siano aree dove il gas è fuorieuscito dalle fratture della superficie.


Giovedi 4 febbraio

A sinistra: Le regioni scure in questa immagine del Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) indicano dove i campi magnetici sulla superficie solare sono "aperti" e producono vento solare. Il primo piano dell'ingrandimento di uno di questi "buchi coronali" rivela una trama a nido d'ape che delinea i forti campi magnetici. Il colore blu indica i gas che si muovono verso l'esterno, il rosso quelli verso l'interno. Si ringraziano ESA/NASA e SOHO/EIT Consortium. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

L'origine del vento solare

Giorni dopo che il Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) ha ripreso l'osservazione del Sole, gli astronomi hanno annunciato che le informazioni raccolte dalla sonda hanno portato alla spiegazione di dove abbia origine il vento solare ad alta velocità. Don Hassler (Southwest Research Institute) e colleghi, come spiegano nel numero del 5 febbraio di Science, hanno visto che le osservazioni nell'ultravioletto eseguite dal 1996 mostrano che la superficie solare, nelle regioni note come buchi coronali, presenta delle trame a nido d'ape che segnano i confini delle celle convettive sotto la superficie. "Se pensassimo a queste celle come a delle pietre che segnano il sentiero di un giardino" spiega Helen Mason (University of Cambridge), "il vento solare uscirebbe allo stesso modo in cui l'erba si fa strada lungo i bordi delle pietre, concentrandosi negli angoli dove queste si incontrano", il gas caldo è accellerato dal campo magnetico di questi bordi a più di 1,8 milioni di chilometri l'ora. Ora che gli astronomi sanno dove ha origine il vento solare, possono concentrarsi sulla comprensione dei processi che accellerano il gas.


Mercoledi 3 febbraio

A sinistra: Ecco prima immagine del Sole ottenuta dal Solar and Heliospheric Observatory da quando lavora con il nuovo software di controllo che non tiene conto dei giroscopi guasti. La ripresa è stata effettuata il 2 febbraio alle 21:19 Tempo Universale con l'Extreme Ultraviolet Imaging Telescope (EIT) alla lunghezza d'onda del ferro ionizzato (195 angstroms). Si ringrazia il consorzio SOHO/EIT. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il SOHO salvato ancora una volta dal baratro

Il Solar and Heliospheric Observatory (SOHO) è tornato all'opera dopo essere stato per una seconda volta sull'orlo del baratro a causa di un guasto. Il 21 dicembre, si era guastto il giroscopio che ne controlla l'assetto, costringendo il satellite a puntare il Sole utilizzando i razzi di manovra. Questo sistema però stava utilizzando troppa idrazina, il prezioso carburante, rischiando di mettere in pericolo la vita operativa del satellite. Gli ingegneri dell'Agenzia Spaziale Europa e della Matra Marconi Space hanno sviluppato un programma per il controllo della sonda che bypassava i giroscopi. Così, dal 2 febbraio il SOHO è ritornato a monitorare regolarmente il Sole. E' la prima volta che un satellite fornito di giroscopi continua ad operare senza.


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