Il Notiziario di
Sky & Telescope

Edizione italiana a cura di Mario Farina

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Venerdi 15 ottobre

A sinistra: L'immagine nell'ultravioletto del satellite di Giove Ganimede, rivela il bagliore dell'aurora vicino ai suoi poli. Si ringraziano Melissa McGrath ed altri. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Le aurore di Ganimede

In questa settimana 700 planetologi si sono dati appuntamento ad Abano Terme per presentare le ultime osservazioni effettuate con gli strumenti sia terrestri che nello spazio. J. Kelly Beatty di Sky & Telescope ha redatto dalla conferenza questo ed il reportage che segue.

I ricercatori sono venuti a conoscenza che il satellite gioviano Ganimede, come le altre lune più grandi del sistema solare, oltre ad avere una debole atmosfera ed un proprio campo magnetico ha un altra particolarità: il Telescopio Spaziale Hubble ha rilevato nell'ultravioletto delle deboli aurore sulle regioni polari nord e sud del satellite. Melissa McGrath (Space Telescope Science Institute) ha detto che queste si verificano a latitudini superiori a 40° quando gli elettroni della magnetosfera di Giove precipitano lungo le linee del campo magnetico che portano ai poli, pressapoco allo stesso modo in cui il fenomeno avviene sulla Terra. Qui spezzano le molecole di ossigeno della tenue atmosfera e, di conseguenza, gli atomi energizzati emettono fotoni di luce ultravioletta a 1304 e 1356 angstroms. Le emissioni aurorali di Ganimede erano state ipotizzate da tempo e le immagini realizzate con lo spettrografo di Hubble dalla McGrath, Paul D. Feldman (Johns Hopkins) ed altri non lasciano dubbi sulla loro esistenza.

Inoltre, Ganimede ha un secondo tipo di emissione nella luce visibile, luminosa al punto che, in un lontano futuro, potrebbe essere osservata da un ipotetico astronauta che si trovasse sulla sua superficie. Lo scorso agosto, quando il satellite si trovavfa nell'ombra di Giove, Michael E. Brown ed Antonin Bouchez (Caltech) hanno utilizzato il telescopio Keck I per registrare una luminescenza rossastra a 6300 angstroms, emessa dagli atomi di ossigeno. Quest'emissione è concentrata sull'equatore, una regione protetta dal bombardamento della magnetosfera di Giove grazie alla presenza del campo magnetico del satellite. La causa precisa di quest'emissione non è chiara ma Brown ritiene che Ganimede possa avere un toro di elettroni a bassa energia intrappolati simile a quelli delle fasce di Van Hallen terrestri.


Venerdi 15 ottobre

A sinistra: L'undici ottobre la sonda Galileo è passata a 600 km dalla superficie del satellite Io. Questa immagine è stata ripresa nel settembre 1997 da una distanza di 500.000 km. Si ringraziano NASA/JPL/Caltech. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

La Galileo sopravvive al flyby di Io

Venerdi mattina è arrivata la notizia che l'undici ottobre la sonda Galileo ha effettuato positivamente il flyby del satellite gioviano Io. Gli scienziati del progetto erano preoccupati dell'evento sia perché la Galileo un giorno prima del flyby si era posta "in sicurezza", sia perché le radiazioni dell'ambiente nella regione del satellite rischiavano di saturare i rilevatori con il rumore di fondo. Rosaly Lopes-Gautier (JPL) ha mostrato invece una mappa infrarossa del vulcano Loki, che sembra stesse eruttando lava alla temperatura di 900° Kelvin nel momento in cui transitava la sonda. Nelle prossime settimane, la navicella trasmetterà le immagini registrate e gli spettri di diversi vulcani ed altre particolarità della superficie. Il team scientifico spera di presentare i risultati del flyby in una conferenza stampa alla fine di novembre.


Venerdi 15 ottobre

A sinistra: La regione circostante il cratere Aristarchus (in basso a sinistra) è stata posta sotto tiro dagli osservatori per rilevare fenomeni lunari transienti. Questa immagine in falsi colori è stata realizzata con riprese nel blu, rosso e vicino infrarosso della sonda Clementine e rappresenta le variazioni di luminosità alle varie lunghezze d'onda. L'immagine ripresa diverse settimane dopo rivela un apparente modificazione nel cratere a forma di testa di cobra dal lato destro del canale Valle di Schröter. Si ringrazia Paul Spudis. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Le prove dei fenomeni lunari transienti

Nel meeting è stata presentata anche la prima conferma sicura delle modificazioni spontanee delle caratteristiche lunari. Per decenni, gli astrofili avevano dichiarato di essere stati testimoni di dozzine di fenomeni lunari transienti (TLP) ma la maggior parte dei professionisti non era convinta perché erano sempre stati osservati solo visualmente. Adesso invece, un grruppo guidato da Bonnie Buratti (Jet Propulsion Laboratory) ha scoperto le immagini "prima" e "dopo" un TLP registrato il 23 aprile scorso, tra quelle inviate dalla sonda Clementine. L'area in questione, la "testa di cobra" all'inizio della Valle di Schröter vicino al cratere Aristarchus, è coperta da flussi vulcanici relativamente giovani e spesso è stata teatro di avvistamenti di TLP. Buratti ha dichiarato che due macchie brillanti lungo il crinale ovest della valle sono chiaramente più arrossati nelle immagini successive al 27 aprile, una chiara indicazione che un qualche tipo di cambiamento ha avuto luogo dopo la ripresa delle immagini "precedenti" riprese il 3 marzo.


Giovedi 14 ottobre

A sinistra: Il Lunar Prospector è stato deviato per colpire il fondo di un cratere senza nome (87.7° S, 42.1° E) il 31 luglio. L'obiettivo era quello di vaporizzare parte del ghiaccio d'acqua che si riteneva esistesse sul ondo perennemente in ombra (aree bianche); in grigio i fondali dei crateri non osservabili da Terra che quindi, si presume, sfuggano all'illuminazione solare. Si ringrazia Jean Luc Margot (Cornell University) per l'immagine radar. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Non ci sono tracce d'acqua sulla Luna

Gli astronomi hanno sperato che facendo cadere la sonda Lunar Prospector in prossimità del polo sud lunare avrebbero potuto acquisire la prova della presenza di ghiaccio sui fondali perennemente in ombra dei crateri. Sfortunatamente, questa prova non è stata ottenuta. Sebbene telescopi in tutto il mondo e nello spazio fossero stato rivolti al nostro satellite per osservarlo, nessun pennacchio di detriti ne vapore ne altro è stato avvistato al momento dell'impatto. La scarsità di risultati è stata descritta Mercoledi al meeting della Division for Planetary Sciences dell''American Astronomical Society a Padova. "Ci sono diverse spiegazioni possibili al perché non abbiamo rilevato nessuna traccia d'acqua" ha spiegato Ed Barker (McDonald Observatory), "e nessuna, al momento, può essere scartata". Si va dalla possibilità che la sonda abbia mancato l'obiettivo , e così i telescopi erano puntati nella direzione sbagliata, alla reale assenza di acqua sulla Luna. Per ulteriori informazioni, consultate il sito Lunar Prospector Impact Page.


Venerdi 8 ottobre

A sinistra: L'immagine X di Eta Carinae ripresa dal Chandra X-ray Observatory rivela la presenza di gusci di materia eiettati dalla massiccia stella. La struttura più esterna a forma di ferro di cavallo misura circa due anni luce. In questa immagine in falsi colori, a diverse tonalità corrispondono temperature differenti. Si ringraziano NASA/CXC/SAO. Cliccate sull'immagine per ingrandirla.

Il Chandra scruta Eta Carinae

Il Chandra X-ray Observatory non ha mancato di stupire ancora una volta gli astronomi, quando ha osservato in profondità un altro oggetto celeste familiare. Il 6 settembre il telescopio, del costo di 1,5 miliardi di dollari, è stato puntato su Eta Carinae, una stella assai studiata a causa della sua storia di variabile e perché per ricercatori ritengono si tratti di una stella supermassiva in procinto di trasformarsi in supernova (vedi il numero el gennaio 1998 di Sky & Telescope, a pagina 36 ed il resoconto dal meeting del giugno scorso dell'American Astronomical Society). La più dettagliata immagine X di Eta Carinae, ripresa dall'Advanced Charge-coupled Device Imaging Spectrometer (ACIS) del Chandra e resa nota ieri, rivela la presenza di una sorgente centrale incredibilmente calda (60 milioni di gradi Kelvin) circondata da una regione relativamente più fredda a da un'altra ancora più fredda (3 milioni di gradi K) a forma di ferro di cavallo. "Non è proprio quello che mi aspettavo" ha detto Fred Seward (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics); "Pensavo di vedere una forte sorgente puntiforme centrale circondata da una piccola nube di emissione. Invece, abbiamo osservato l'opposto: una luminosa nube di emissione diffusa ed una ridotta emissione di radiazioni dalla parte centrale". Il perché di un simile comportamento, al momento non è chiaro. Per ulteriori informazioni, leggete il comunicato stampa online.


Venerdi 8 ottobre

A sinistra: La Galileo transiterà Lunedi vicino ad Io. Sarà la prima opportunità per la sonda di effettuare delle riprese ravvicinate della misteriosa luna sin da quando ha iniziato ad orbitare intorno a Giove. Queste due immagini del vulcano Pillan Patera vennero riprese nel 1997 a cinque mesi l'una dall'altra dalla distanza rispettivamente di 563.000 (a sinistra) e 505.600 chilometri. Si ringraziano JPL/NASA/Caltech.

La Galileo vicino ad Io

La sonda Galileo effettuerà l'undici ottobre un passaggio ravvicinato del satellite vulcanico Io. I planetologi sperano stavolta di rifarsi del mancato appuntamento del momento in cui la sonda arrivò nella regione di Giove. In origine, infatti, la Galileo avrebbe dovuto effettuare delle riprese e rilevare altri dati da 1.000 km di distanza poco prima di entrare nell'orbita di Giove, nel dicembre 1995. Questi piani però dovettero essere annullati per assicurare che la sonda operasse in maniera adeguata alla ricezione dei dati della sonda atmosferica durante la discesa di quest'ultima nell'atmosfera di Giove. La Galileo transiterà a 612 km dalla superficie di Io alla velocità di 8,1 km al secondo alle 04:33 Tempo Universale (06:33 ora italiana). I piani della missione avevano evitato Io, sino a questo momento, perché volare vicino a Giove costringe la sonda ad attraversare l'intenso campo magnetico del pianeta anche se, nelle orbite compiute nei quattro anni passati, i sistemi della Galileo sono stati comunque gradualmente usurati dalle radiazioni. Se supererà questo incontro, il 22 novembre avrà un'altra opportunità per effettuare un flyby di Io.


Venerdi 8 ottobre

A sinistra: Questa bella immagine della nebulosa planetaria NGC 2346 nell'Unicorno è tra le ultime immagini rilasciate dall'Hubble Heritage Project. Si ringraziano l'Hubble Heritage Project e la NASA.

Anniversario dell'Hubble Heritage

Questa settimana l'Hubble Heritage Project ha celebrato il suo primo anniversario pubblicando quattro immagini di oggetti celesti che documentano diversi stadi dell'evoluzione stellare. Il quartetto comprende la Nebulosa Variabile di Hubble (NGC 2261), l'Herbig-Haro 32 e le nebulose planetarie NGC 2346 (nell'immagine) ed NGC 2440. Leggete il comunicato stampa online per ulteriori dettagli.


Mercoledi 3 ottobre

A sinistra: L'immagine della scoperta di un satellite (indicato dalla freccia) a 0,7 secondi d'arco dall'asteroide 45 Eugenia avvenuta il primo novembre 1998 utilizzando il telescopio franco-canadese-hawaiano di 3,6 m. Quella visibile è un'immagine composita composta da 16 riprese di 15 secondi. Eugenia stesso è sovraesposto. Si ringrazia William J. Merline.

Il satellite di Eugenia

Sono stati resi noti i dettagli sulla scoperta del satellite orbitante intorno all'asteroide 45 Eugenia, annunciata per la prima volta in Marzo (sulla Circolare IAU 7129). Nel numero odierno di Nature, William J. Merline (Southwest Research Institute) e colleghi spiegano come hanno scoperto la luna utilizzando il sistema di ttiche adattive del telescopio franco-canadese-hawaiano. Il satellite, denominato S/1998 (45) 1, misura circa 13 chilometri di diametro ed orbita intorno ad Eugenia in 4,7 giorni alla distanza di 1.190 km. Eugenia stesso misura 215 km di diametro. Considerati questi valori, gli astronomi hanno determinato che l'asteroide ha una densità di 1,2 grammi per centimetro cubo, il che farebbe supporre che possa avere una struttura simile a quella di un ammasso di detriti o avere un interno formato prevalentemente da acqua ghiacciata.


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