La fotografia del profondo cielo sta conoscendo da alcuni anni una popolarità senza precedenti. I motivi di questo successo sono molteplici, ed hanno radici antropologiche, sociologiche e tecnologiche.
Tra le probabili cause di tipo sociologico citiamo l'affermarsi della cultura dell'immagine (una società consumistica come la nostra basa il suo funzionamento sulla creazione di bisogni artificiali. Il condizionamento avviene tramite la diffusione a mezzo TV, carta stampata, manifesti, di immagini accattivanti, colorate di oggetti del desiderio. In questo modo si è creata una specie cultura dell'immagine), ed il fascino che esercita sull'uomo l'immensità dello spazio profondo.
Le cause tecnologiche possono essere individuate nel costante affinamento della tecnologia dei telescopi per dilettanti e la crescita esponenziale della sensibilità e della capacità analitica delle pellicole fotografiche reperibili sul mercato. Non c'è dubbio che realizzare una bella foto astronomica di un oggetto del profondo cielo sia molto più facile al giorno d'oggi di quanto non fosse anche solo pochi anni fa, sempre che si utilizzino telescopi e pellicole di produzione recente. Nonostante queste facilitazioni, la fotografia del profondo cielo resta una attività difficile e impegnativa, anche sotto il profilo finanziario. Infatti la realizzazione di una bella foto del profondo cielo richiede la cura di un grande numero di dettagli operativi, che insieme concorrono per il successo o l'insuccesso della foto.
Le operazioni che devono essere eseguite con precisione per fare una buona foto del profondo cielo sono le seguenti:
Leggendo questa premessa un principiante potrebbe spaventarsi e rinunciare ancora prima di iniziare a cimentarsi in questa affascinante disciplina. Una volta appreso il metodo di lavoro, sarà invece facile eseguire in tempi ragionevoli le operazioni preliminari ed i primi risultati positivi saranno di incentivo per continuare.
Talvolta si usano sistemi per modificare la lunghezza focale del telescopio fotografico anche per la ripresa degli oggetti del profondo cielo. Parleremo più avanti dei moltiplicatori e riduttori di focale, che comunque non modificano la sostanza del raccordo fotografico. Un particolare tipo di raccordo, chiamato raccordo per guida fuori asse, consente anche di guidare utilizzando la stessa ottica usata per fotografare.
Quando si vuole fotografare un soggetto, è necessario conoscerne la natura, almeno da un punto di vista fotografico.
Per esempio, per fotografare una piccola nebulosa planetaria come la Esquimo (NGC 2392 in Gemini), che ha dimensioni angolari di 47 x 43", sarà opportuno non impiegare focali inferiori ai 4000 mm. Infatti, con questa focale si otterrebbe un'immagine di di solo 1 mm sulla pellicola. Già con queste dimensioni è necessario ingrandire parecchio la negativa in fase di stampa, perdendo dettagli e contrasto a causa della granulosità della pellicola.
Al contrario, per riprendere la galassia M31 in andromeda (dimensioni 2.7 gradi) sarà bene utilizzare focali non superiori ai 750-800 mm, altrimenti il soggetto non potrà essere inquadrato completamente nel fotogramma, perchè troppo grande.
La luminosità superficiale di questi oggetti è talmente vicina a quella del fondo-cielo che è necessario saturare la pellicola (si ottiene la saturazione della pellicola quando l'allungamento dell'esposizione non aumenta la visibilità dei dettagli ma solo la luminosità del fondo-cielo) per catturarne la luce.
Ricordiamo che la pellicola ha la capacità, al contrario dell'occhio umano, di accumulare la luce, aumentando il proprio annerimento all'aumentare del tempo di esposizione. Grazie a questa proprietà, la pellicola fotografica consente la ripresa di oggetti di debolissima luminosità.
La prima categoria comprende gli ammassi aperti e globulari e le galassie, mentre la seconda comprende le nebulose planetarie e ad emissione. Dal punto di vista fotografico, questa differenziazione è importante per la scelta delle pellicole e dei filtri più adatti ad ogni soggetto.
Gli oggetti a luce stellare sono prevalentemente oggetti "blu", mentre quelli a luce nebulare sono sostanzialmente "rossi". Le pellicole moderne reperibili in commercio sono tutte pancromatiche, cioè hanno un intervallo di sensibilità spettrale molto ampio. Vengono cioè impressionate sia dalla luce blu che da quella rossa, anche se in misura diversa. Occorrerà però valutare sperimentalmente la resa di ciascuna pellicola a seconda del tipo di soggetto.
Per quanto riguarda i filtri, gli unici utilizzati nella fotografia al profondo cielo sono quelli "nebulari", oltre a quelli rossi, come vedremo più avanti.
Il rapporto focale del telescopio, o luminosità fotografica, è il rapporto tra la lunghezza focale effettiva ed il diametro efficace dello strumento. Esso è espresso da un numero che è direttamente proporzionale al tempo di esposizione. Maggiore sarà il numero, più lunga sarà la posa necessaria ad impressionare la pellicola.
La relazione matematica che lega il r.f. con il tempo di esposizione è il seguente:
T.E.= r.f.6 2 x C
dove C è un fattore di correzione dovuto alla luminosità del fondo-cielo.
Risulta pertanto evidente che un incremento modesto del rapporto focale provoca un forte aumento del tempo di esposizione, a parità di pellicola impiegata. Se per esempio utilizzassimo un telescopio di luminosità f/5 con pellicola da 400 ISO esente dal difetto di reciprocità, e cielo normalmente limpido senza luna, il tempo di esposizione necessario sarebbe di 56 2=25 minuti. Nelle stesse condizioni, con un telescopio f/8 sarebbe necessaria una esposizione di 86 2=64 minuti e così via.
Alcuni telescopi nati f/10 od ancora meno luminosi, avrebbero bisogno di tempi di esposizione di oltre un'ora e mezza, che possono risultare troppo faticosi, ma per fortuna esistono i riduttori di focale e le pellicole super-rapide.
Colore o bianco e nero?
I maggiori progressi della tecnologia chimica fotografica si sono avuti soprattutto nel colore, a causa di evidenti esigenze di natura commerciale. Le moderne emulsioni a colori raggiungono sensibilità fino a pochi anni impensabili, come nel caso della Konica 3200 ISO. Nel caso del bianco e nero, la Kodak T-Max è invece in grado di giungere a 50.000 ISO.
Oltre a questo si è migliorata la risposta delle emulsioni ai vari colori dello spettro, ora più bilanciata, e soprattutto si sono ottenuti risultati spettacolari dal punto di vista della granulosità. Essendo la sensibilità dell'emulsione sensibile proporzionale alla superficie che i cristalli di sali d'argento rivolgono alla luce, in passato per aumentare la sensibilità si aumentavano le dimensioni dei cristalli, con lo sgradevole effetto collaterale di avere immagini sgranate, con forte perdita di nitidezza e di dettaglio.
Ora grazie alla nuova tecnologia che impiega o cristalli piatti T-Grain, oltre ad altri accorgimenti chimici, si ottengono alte sensibilità e grana molto fine. Tra i proseliti della fotografia al profondo cielo, troviamo due scuole distinte: quelli che prediligono il bianco e nero e quelli che non usano altro che il colore.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell'uno rispetto all'altro?
Oggigiorno l'unico trattamento di ipersensibilizzazione praticato (tra i molti esistenti) è quello della cottura della pellicola in forming gas, una miscela di gas idrogeno ed azoto (oppure solo idrogeno). Questo trattamento ha lo scopo di portare via l'acqua e l'ossigeno (che hanno effetti desensibilizzanti) dall'emulsione, oltre a velare leggermente la pellicola a causa dell'effetto riducente dell'idrogeno.
Tralasciando i dettagli chimici, la pellicola così trattata risulta da 2 a 50 volte più sensibile della pellicola normale, con evidenti vantaggi per gli usi astrofotografici. Inoltre viene ridotto il difetto di reciprocità (i materiali foto-sensibili perdono sensibilità all'aumentare del tempo di esposizione; può capitare che una 400 ISO, dopo pochi minuti abbia una sensibilità reale di poche decine di ISO).
E' possibile ipersensibilizzare tutti i tipi di pellicole, sia a colori che in bianco e nero. I migliori risultati si ottengono però con la mitica pellicola Kodak Technical Pan 2415, che raggiunge dopo il trattamento la sensibilità di 250.000 ISO, con difetto di reciprocità molto ridotto, conservando la granulosità di una pellicola per microfilm e le caratteristiche di pellicola super-pancromatica, molto sensibile cioè al rosso.
Essi riducono la focale anche della metà, aumentando la luminosità ed il campo inquadrato. In compenso quasi tutti i riduttori danneggiano un po' la qualità delle immagini, introducendo astigmatismo, aberrazione sferica e soprattutto vignettatura.
La vignettatura è una perdita di luminosità dal centro ai bordi dell'immagine, molto forte nei riduttori di vecchia progettazione. Alcuni produttori hanno corretto questo difetto in alcuni (costosi) nuovi modelli di riduttore di focale.
Con un riduttore che porta la focale da 2000 mm a 1260 mm, la luminosità sale da f/10 a f/6.3 ed il tempo di posa di riferimento scende del 60%.
Ricordiamo che la riduzione della focale diminuisce la necessità di una guida accurata, facilita la messa a fuoco e migliora la visibilità degli oggetti nei mirini delle fotocamere, ma diminuisce anche la magnitudine limite raggiungibile dal sis tema ottico. L'uso di aggiuntivi ottici che aumentano la focale - i duplicatori o triplicatori di focale, è consigliabile solo nel caso che si desideri fotografare oggetti di piccolissima estensione angolare (come molte nebulose planetarie, galassie, ammassi globulari distanti).
L'uso di focali troppo corte darebbe luogo ad immagini troppo piccole per essere utilizzate. I duplicatori di focale vengono prodotti da tutte le case produttrici di fotocamere e obiettivi, e sono reperibili facilmente in ogni negozio di articoli fotografici a prezzi anche contenuti. Lo scotto da pagare nell'utilizzo di questi aggiuntivi ottici è la necessità di raddoppiare i tempi di posa, guidare con il doppio degli ingrandimenti e con il doppio della precisione.
Con le potenzialità delle moderne pellicole è difficile riuscire a sfruttare a fondo un buon telescopio da 10 cm di apertura e 100 cm di focale, in grado di offrire immagini fotografiche del profondo cielo difficilmente distinguibili, sempre che si operi con la necessaria precisione e con le giuste tecniche, da quelle prodotte con un telescopio 2 volte più aperto.
E' invece chiaro che, a parità di focale, una maggiore apertura consentirà di sfruttare la maggiore luminosità per ridurre i tempi di esposizione, con chiaro vantaggio per il fotografo.
La macchina fotografica viene montata a cavallo del telescopio principale, utilizzando i propri obiettivi per fotografare il cielo ed il telescopio come supporto motorizzato e come telescopio di guida. L'unico dettaglio da curare in questo tipo di fotografia è il corretto bilanciamento dell'insieme. Infatti la fotocamera montata a cavallo del tubo sbilancia parecchio il telescopio e può portare a grossi problemi di vibrazioni al minimo alito di vento.
E' possibile utilizzare tutti gli obiettivi del proprio "parco": dal fish-eye al super-tele da 500mm, passando per tutte le focali intermedie.
I vantaggi principali di questo tipo di fotografia sono:
La tecnica di ripresa è semplicissima. Montato e messo in stazione equatoriale il telescopio, si monta la macchina fotografica con l'obiettivo prescelto utilizzando un apposito supporto parallelo (piggyback), disponibile come accessorio presso molti produttori di telescopi e spesso fornito a corredo con lo strumento.
Effettuato un accurato bilanciamento dell'insieme, si monta lo scatto flessibile, si imposta il tempo di esposizione B e si apre il diaframma dell'obiettivo al valore massimo consentito. Si punta la zona interessata con il telescopio, si monta sullo stesso un oculare con reticolo e, prescelta una stella di guida, si inizia l'esposizione facendo scattare l'otturatore della fotocamera.
In questo genere di fotografia l'accuratezza della guida ha un'importanza meno determinante a causa delle corte lunghezze focali in gioco. Considerando infatti che il tipico oculare con reticolo illuminato ha una focale di circa 12mm, l'ingrandimento di guida è sempre medio-alto anche impiegando telescopi di focale relativamente corta e tale da consentire ampi margini di oscillazione del moto orario senza che questi siano visibili nella foto.
I soggetti adatti a questo tipo di fotografia al profondo cielo sono quelli di grande estensione e vanno dall'intera volta celeste (obiettivi fish-eye) ad ampie zone della Via Lattea (super-grandangolari e grandangolari), dalle costellazioni (obiettivi normali e piccoli tele) alle nebulose e galassie più estese (tele medi e lunghi).
La qualità delle immagini che è possibile ottenere dipende più dalla scelta delle pellicole e delle focali in relazione ai vari soggetti che dalla precisione della guida. BOX: filtri per foto profondo cielo
Trasposizione WWW a cura di Stefano Iacus (mc7414@mclink.it)