[Nebulosa planetaria di Messier] Nebulose planetarie

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Nell'icona è visibile la Nebulosa Elica NGC 7293, la nebulosa planetaria più vicina.


Quando una stella come il nostro Sole avanza nell'età, dopo aver bruciato nel nucleo l'idrogeno in elio per lungo tempo durante la fase della sequenza principale ed in seguito (nel successivo stadio di gigante rossa) l'elio in carbonio ed ossigeno, le reazioni nucleari nel nucleo terminano e la fusione dell'elio continua negli strati esterni al nucleo stesso. Questo processo porta all'espansione della stella e provoca una pulsazione degli strati esterni come nelle variabili a lungo periodo tipo Mira, che la rendono estremamente instabile e causano la perdita di parte della massa nel forte vento stellare. L'instabilità termina con l'espulsione di una parte significativa della massa dell'astro per mezzo di un guscio in espansione. Della stella rimane il nucleo, una piccola stella estremamente calda che emette radiazioni altamente energetiche.

Il guscio di gas in espansione brilla per l'eccitazione provocata dalla radiazione ad alta energia emessa dalla stella centrale, la materia del guscio viene quindi accellerata ulteriormente cosicché, nel tempo, l'espansione aumenta di velocità. Il guscio di gas risplende divenendo così visibile come una nebulosa planetaria. Nelle lunghe esposizioni, la materia emessa nella fase di variabile tipo Mira, può essere rilevata come un esteso alone che circonda molte nebulose planetarie.

La prima nebulosa planetaria ad essere scoperta fu la M27 Nebulosa Manubrio, che Charles Messier scoprì il 12 luglio 1764. La somiglianza visiva con un pianeta fu data per la prima volta da Darquier, lo scopritore di M57. Il nome "Nebulosa Planetaria" fu probabilmente ideato da William Herschel nella sua classificazione dielle nebulose nel 1784 o nel 1785, che le trovò somiglianti al nuovo pianeta Urano, da lui appena scoperto. Il 13 novembre 1790, Herschel trovò la nebulosa planetaria NGC 1514 (la sua H IV.69) che ha una stella centrale estremamente luminosa, il che lo convinse che le nebulose planetarie sono materiali nebulosi (gas o polveri) associati ad una stella centrale e non ammassi non risolti come si pensava in precedenza.

La radiazione emessa dalle nebulose planetarie è rilevante per via del loro spettro particolare, come fu scoperto per NGC 6543 (nota anche come Nebulosa Occhio di Gatto, non inclusa nel catalogo di Messier) da William Huggins, astrofilo inglese e pioniere della spettroscopia astronomica e pubblicato nel Nineteenth Century Review del giugno 1897 (secondo Hynes):

Come per le nebulose gassose ad emissione, lo spettro delle planetarie è formato di linee in emissione ma il 90-95% della luce visibile viene emessa in una linea sola! Questa `Linea nebulare principale' si trova a 500,7 nm (5.007 Angstrom), nella parte verde dello spettro. Questo è il motivo per cui la loro luminosità differisce sensibilmente se rdeterminata con metodi differenti: questi oggetti spesso sono molto più luminosi visualmente (oltre 2 magnitudini, un fattore superiore a 6) che fotograficamente perché la linea a 5.007 Angstrom è prossima alla regione di massima sensibilità dell'occhio umano. Inoltre, le pellicole spesso sono meno sensibili alla parte verde dello spettro è difficile quindi ottenere delle immagini a "colori reali" delle nebulose planetarie. Ai tempi della scoperta, la linea a 5.007 Angstrom non poté essere attribuita a nessun elemento conosciuto, Higgins ipotizzò che doveva essere emessa da una sostanza allora ignota che venne chiamata "nebulium". Solo 60 anni più tardi fu identificato lo spettro del "nebulium" (dall'astrofisico americano I.S. Bowen) e si scoprì che era prodotto dalle linee proibite del "normale" ossigeno ionizzato due volte, "[O III]" (con le parentesi quadre).

Oltre alle linee del "nebulium" [O III], negli spettri delle nebulose planetarie sono presenti, con minore intensità, altre linee di emissione. Tra queste molte linee proibite dell'ossigeno ionizzato, del neon, dell'azoto ed altri elementi abbondanti, così come linee permesse dell'idrogeno e dell'elio e linee fluorescenti dell'O III nel caso di forti emissioni di He II. Alla base di tutte queste linee, si rileva la presenza molto debole di un continuum, dovuto all'interazione tra elettroni e ioni.

Tra 10-13 miliardi di anni, il nostro Sole raggiungerà probabilmente questo stadio dell'evoluzione, attualmente ha un'età di 4,7 miliardi di anni, abbiamo un pò di tempo quindi prima che ciò accada.

Paragonata ai tempi del'evoluzione stellare, la durata della nebulosa planetaria ha breve vita, essendo visibile per qualche migliaio o decina di migliaia di anni, prima di scomparire con la dissoluzione della materia nello spazio cosmico circostante, andando ad arricchire la materia interstellare con carbonio, ossigeno ed altri elementi. Il nucleo centrale si raffredda diventando una nana bianca. Questo è il motivo per cui nonostante ci siano moltissime stelle come il Sole tra le centinaia di miliardi della nostra galassia Via Lattea che si trovano in questa fase (specialmente negli ammassi globulari), ci sono solo circa 10.000 nebulose planetarie (di cui solo 1.500 possono essere ancora rivelate, le altre sono nascoste dalla polvere interstellare); di 150 ammassi globulari, ciascuno dei quali conta diverse centinaia di migliaia di stelle, solo in 4 sono state scoperte: in M15 (che potrebbe contenerne fino a due secondo Peterson (nel 1976), ma la seconda da allora non è ancora stata confermata), in M22, si troverebbe a 3 minuti d'arco dall'ammasso globulare NGC 6401 (vedi Peterson, 1977), ed infine quella scoperta recentemente in NGC 6441 (Jacoby e Fullerton 1997; vedi anche la George Jacoby Planetary Nebula gallery).

Considerato che la fase di nebulosa planetaria sopraggiunge nella parte avanzata della vita di una stella, generalmente sono assenti dagli ammassi aperti, poiché questi sciami stellari tendono a dissolversi in tempi molto più brevi di quelli necessari affinché una stella riesca ad evolversi in questo tipo di oggetto: solo pochi ammassi vivono oltre un miliardo di anni e le planetarie si verificano per stelle con meno di 3 masse solari (quelle più massive esplodono come supernove). Queste stelle di piccola massa passano ben oltre un miliardo di anni nella sequenza principale intanto che si alimentano dell'idrogeno di cui sono composte. Queste argomentazioni sono in ogni caso confutabili poiché un certo numero di stelle nane bianche sono state scoperte in ammassi giovani, come M45, Le Pleiadi: questi astri devono aver iniziato la loro esistenza con molta massa evolvendo rapidamente ma devono aver in seguito perso una porzione significativa della massa, probabilmente sotto forma di forti venti stellari e devono essersi evolute nella fase di nebulose planetarie.

Sembra sia così perché, a causa della brevità di questa fase, è stata scoperta solo una planetaria NGC2818, in un ammasso aperto abbastanza vecchio NGC 2818A. Nel caso più noto della nebulosa planetaria NGC 2438, che si trova nella stessa direzione di M46, sembra si tratti di un allineamento casuale.

Il processo di raffreddamento di una nana bianca si protrae sino a che, dopo diversi miliardi di anni, tutta l'energia termica è stata irradiata e la stella enta nella sua stabile "fase terminale" di "nana nera". L'universo al momento è probabilmente ancora troppo giovane accicché siffatti oggetti abbiano avuto il tempo di formarsi.

Le nebulose planetarie sono spesso catalogate in base al loro aspetto, secondo lo schema di Vorontsov-Velyaminov:

1 Immagine stellare
2 Disco debole (a, più luminoso verso il centro; b, luminosità uniforme; c, tracce di una struttura ad anello)
3 Disco irregolare (a, distribuzione della luminosità molto irregolare; b, tracce della struttura anulare)
4 Struttura anulare
5 Forma irregolare, simile ad una nebulosa diffusa
6 Forma anomala
Strutture più complesse sono caratterizzate dalla combinazione degli aspetti sopra elencati come "4+2" (anello e disco) o "4+4" (due anelli).
Nebulose planetarie di Messier: M27, M57, M76, M97.
Altre spettacolari raccolte di immagini di nebulose planetarie, comprese molte non incluse nel catalogo di Messier le trovi qui: (se conosci altri siti interessanti, fammelo sapere)
Nebulose Diffuse

Resti di supernova

Nebulose Oscure


Hartmut Frommert (spider@seds.org)
Edizione italiana a cura di Mario Farina (Mario.F@mclink.it)

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